In Veneto è la ‘Ndrangheta la mafia più pericolosa.

Secondo l’ultima relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia, presentata il 5 febbraio 2018 – con riferimento a indagini e raccolta dati del periodo gennaio-giugno 2017 – è la mafia calabrese quella più attiva a Nord-est, ma allo stesso tempo non si sottovalutano le presenze di altre mafie e organizzazioni criminali straniere. E dalle investigazioni emerge un quadro criminale composito, in cui comunque c’è spazio di manovra per tutti.

Le cosche della ‘Ndrangheta “appaiono sempre più interconnesse con altre aree del territorio nazionale, specie del centro nord. Tali condizioni hanno stimolato l’evoluzione strutturale, strategica e culturale dell’organizzazione, che ha affinato l’interazione tra la vocazione “militare” e quella affaristica”.

E proprio riguardo ai segnali di radicamento della mafia calabrese, la DIA evidenzia che, mentre in Lombardia, in Liguria e in Piemonte diverse azioni investigative hanno svelato l’esatta riproduzione della strutture criminali calabresi, “altrettanto significative le presenze segnalate in Veneto, in Emilia Romagna, in Toscana, nel Lazio, in Abruzzo, in Molise e in Basilicata. Si percepiscono, inoltre, tentativi di inserimento nel tessuto economico del Friuli Venezia Giulia”.

La DIA, quindi, usa il termine “presenza”, certificando quello che è ormai un dato di fatto, nonostante più di qualcuno a Nord-est continui a negare l’esistenza delle mafie.

Un presenza comunque ancora non radicata – nel senso che manca una verità processuale che accerti l’esistenza di una locale in Veneto – ma accertata per via di quei di soggetti collegati alle cosche catanzaresi e reggine, riconducibili ad aggregati criminali di Delianuova, Filadelfia, Africo Nuovo e Cutro. In quest’ultimo caso sono stati segnalati soggetti referenti della ‘ndrina Grande Aracri, attivi innanzitutto nel riciclaggio e nel reimpiego di capitali.

Significativa, in proposito, l’operazione Breakfast, conclusa nel mese di aprile dalla DIA reggina e dalla Guardia di Finanza, tra le province di Reggio Calabria, Catanzaro e Vicenza, con l’esecuzione di 4 misure cautelari. L’attività ha consentito, tra l’altro, il sequestro di oltre 250 mila euro nei confronti di una società di Vicenza operante nell’attività antincendio mediante l’impiego di elicotteri”.

Inoltre l’operazione “Valpolicella” (febbraio 2017) ha confermato le infiltrazioni nel tessuto economico della regione. Nel corso dell’attività investigativa tesa a verificare eventuali infiltrazioni mafiose di origine calabrese tra le province di Vicenza e Verona, segnatamente in Valpolicella, sono stati individuati 36 soggetti, di cui tre arrestati, indagati per reati di associazione di stampo mafioso, estorsione, rapina, usura e frode fiscale.

Successivamente, nel corso delle indagini preliminari la contestazione del reato di associazione di stampo mafioso è venuta meno, ma sei indagati (Salvatore Cappa, detto Turuzzo, Francesco Frontera, detto Provolone, ambedue condannati in appello nell’ambito dell’operazione Aemilia, Aleksandra Dobricanovic, Francesco Grisi detto Giovanni, 49 anni, il fratello Roberto Giovanni e Carlo Scarriglia) saranno processati ad aprile per fatti avvenuti tra San Bonifacio e dintorni tra il 2006 e il 2015, con l’aggravante di aver favorito la ‘Ndrangheta.

L’indagine ha riguardato alcune imprese edili del veronese che operavano un vasto giro di false fatturazioni, anche nella prospettiva di recuperare indebitamente l’iva. Le stesse aziende venivano sottoposte a forzosi passaggi di proprietà, “svuotate” del patrimonio residuo e quindi definitivamente chiuse”.

Inoltre si segnalano gli interessi della ‘ndrina Arena di Isola Capo Rizzuto, emersi nel corso dell’operazione Jonny. “L’indagine, del mese di maggio, ha mostrato ramificazioni della cosca nel nord Italia, ed in particolare in Veneto, sia attraverso alcuni soggetti contigui residenti nel territorio sia investendo nel gioco d’azzardo on-line, mediante una società di scommesse con punti gioco a Crotone, Prato, Bologna, Milano e a Verona”.

Nella stessa indagine sono stati svelati anchegli interessi della citata cosca Arena, nonché delle ‘ndrine di Borgia (CZ) e Vallefiorita (CZ), nella conduzione delle strutture d’accoglienza per migranti e dei servizi connessi, finanziati con fondi pubblici (circa 100 milioni di euro nel periodo 2007 – 2015) e nella gestione delle scommesse on line”.

E sempre in riferimento al gioco d’azzardo la DIA ricorda l’operazione Black Monkey, coordinata dalla DDA di Bologna, che aveva disarticolato l’organizzazione criminale riconducibile ad un esponente di spicco della ndrina Mazzaferro, “il quale, emigrato nel 2002 con la famiglia da Marina di Gioiosa Jonica (RC) a Conselice (RA), aveva creato un vero e proprio impero del gioco d’azzardo digitale tra l’Emilia Romagna, il Veneto, la Campania, la Puglia, la Calabria, l’Inghilterra e la Romania”.

Ma la ‘Ndrangheta non abbandona certo il remunerativo traffico di stupefacenti. Nel febbraio 2017 l’importante operazione Stammer ha portato al fermo di 74 soggetti tra Calabria, Sicilia, Campania, Lazio, Emilia Romagna, Veneto, Lombardia e Toscana. “L’attività investigativa aveva evidenziato l’esistenza di diversi gruppi criminali, attivi nel traffico internazionale di sostanze stupefacenti provenienti dall’America latina, riconducibili, in prevalenza, alle ‘ndrine dei Fiarè di San Gregorio d’Ippona (VV), a quella dei Pititto-Prostamo-Iannello di Mileto (VV) ed alla più potente cosca Mancuso di Limbadi (VV)”.

Altre mafie in Veneto. “Gli esiti di varie attività di polizia giudiziaria concluse nel recente passato, segnalano, nel Veneto, presenze di soggetti legati a Cosa Nostra, i quali tenderebbero a radicarsi, senza tuttavia replicare le strutture tipiche della Regione di provenienza. Tali soggetti sono risultati attivi nel riciclaggio e nel reinvestimento di capitali illeciti, anche attraverso l’acquisizione di attività commerciali ed imprenditoriali”.

Per quanto riguarda la Camorra, viene evidenziato lo spessore criminale del clan Mallardo, che può contare “su fedeli affiliati e su introiti illeciti provenienti da diversificate attività, anche economiche, molte delle quali gestite in altre regioni della penisola (Veneto, Emilia Romagna, Abruzzo, Lazio e Puglia)”. In generale la DIA sottolinea come “la migrazione di imprenditori mafiosi in altre aree del Paese,[…] potrebbe generare un’ulteriore contaminazione dell’economia sana. Non è, poi, affatto infrequente che siano gli stessi imprenditori a cercare accordi con i clan, per aumentare il loro volume di affari”.

Organizzazioni criminali straniere in Veneto. Per quanto riguarda la mafia cinese: “Le numerose attività investigative che hanno, nel tempo, riguardato la criminalità cinese danno atto di una tendenza di tale fenomeno verso modelli delinquenziali gerarchicamente strutturati, con caratteristiche di mafiosità. Un assetto verticistico caratterizzato, all’interno, da una fitta rete di rapporti, ramificati sul territorio e capaci di condizionare le dinamiche, lecite e illecite, proprie della comunità. Si tratta di relazioni basate essenzialmente sul legame familiare.[…]

È sulla solidità di questa complessa struttura organizzativa che si regge il vasto paniere degli investimenti illeciti che fanno capo alla criminalità cinese. Tra questi rilevano, in primo luogo, il contrabbando e l’importazione, lo stoccaggio e la distribuzione di prodotti contraffatti, fatti arrivare dalla Cina attraverso i porti e gli aeroporti. Tali canali vengono utilizzati anche per il traffico illecito di rifiuti”.

In nota si legge: “Il 26 aprile 2017, i Carabinieri Forestali hanno denunciato 98 persone e 61 società con sede a Prato, Montemurlo, in Veneto e in Campania, per associazione per delinquere di tipo transnazionale dedita alla commissione di più delitti e, tra essi, il traffico illecito di ingenti quantitativi di rifiuti plastici. Nello specifico, gli indagati smaltivano illecitamente materie plastiche, che da Prato inviavano ad Hong Kong. L’attività investigativa ha evidenziato oltre all’interesse delle triadi cinesi, anche quello dei clan camorristici degli Ascione e dei Casalesi”.

Sempre in Veneto sono attivi gruppi criminali nigeriani: “I gruppi criminali nigeriani e del centro Africa continuano a distinguersi per le modalità particolarmente aggressive con le quali realizzano i traffici di stupefacenti e la tratta degli esseri umani, finalizzata alla prostituzione.[…] In Italia opera il sodalizio nigeriano denominato Black Axe, una consorteria a struttura mafiosa ben radicata anche in altri contesti, il cui vincolo associativo viene, tra l’altro, esaltato da una forte componente mistico-religiosa. […] Il gruppo criminale in parola si sarebbe insediato principalmente a Torino, Novara, Alessandria, Verona, Bologna, Roma, Napoli e Palermo. […] Emblematica dell’azione di contrasto al fenomeno è risultata l’operazione Broken Chains, conclusa nel mese di gennaio dalla Polizia di Stato con l’arresto di 6 nigeriani, facenti parte di un’organizzazione con sede operativa a Padova, ma attiva anche in Sicilia, che gestiva una tratta di connazionali, comprese minorenni da avviare alla prostituzione”.

Per ulteriori approfondimenti: Relazione 1 semestre 2017 – DIA.

Da Cosavostra.it Articolo di F. Trotta (qui)

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