E alla fine la montagna partorì un topolino. Anzi un trollino, e neanche russo, ma banalmente italiano. Sono le magie dell’informazione “politicamente corretta”.

Un’informazione pronta a bollare come “fake news” tutto quello che non corrisponde alla verità ufficiale, ma implacabile nel sostenerla grazie alle “bufale” propinate all’opinione pubblica dai grandi media. Il caso dei presunti “troll” russi impegnati a far guerra al Quirinale è il più paradossale degli inganni alla buona fede e all’intelligenza dei lettori. Tutto inizia il 2 agosto con un articolo del Corriere della Sera basato su informazioni pubblicate da “Fivethirtyeight”, il sito statunitense di Nate Silver, uno statistico famoso per aver trasferito alla politica i metodi utilizzati per prevedere le prestazioni dei giocatori americani di baseball.

Grazie a quel sistema Silver e il suo sito azzeccano i risultati di 49 stati su 50 nelle presidenziali americane del 2008. E ripetono il successo nel 2012 imbroccando i risultati di tutti i 50 stati. Non va altrettanto bene nel 2016 quando il sito attribuisce a Hillary Clinton il 71% di possibilità di vittoria contro l’appena 29% concesso a Donald Trump. Sconfessato clamorosamente Nate Silver è ancora alla ricerca di un motivo capace di giustificare la clamorosa “defaillance”. Ed è anche un incallito sostenitore delle bontà del “Russiagate” nonostante 15 mesi di indagini non abbiano ancora portato ad uno straccio di prova.

© AP PHOTO/ MATT ROURKE

Troll russi, il grande problema dell’Italia…

Ma al Corriere del 2 agosto le rivelazioni di “Fivethirtyeight” bastano per sostenere che “nell’oltre milioni d’interventi su twitter da parte di profili fortemente sospettati da Mueller di appartenere a operatori russi”….. “una parte del materiale è in italiano”. Peccato però che i tweet “sospetti” citati dal sito americano e ripresi dal Corriere risalgano al 2016 o al 2017. Quindi non hanno nulla a che fare con gli attacchi scattati nella notte tra il 25 e il 26 maggio quando centinaia di account lanciano l’hashtag #MattarellaDimettiti per contestare il “no” della Presidenza alla Repubblica alla nomina di Paolo Savona al ministero dell’economia.

Come se non bastasse lo stesso articolo del Corriere ricorda che i tweet in italiano “non sono contenuti originali direttamente immessi nel dibattito politico nel nostro paese”, ma “rilanciano una serie di “retweet” di altri profili noti per essere al centro della conversazione”. Insomma le cosiddette prove di un coinvolgimento russo negli attacchi a Mattarella risalgono ad almeno un anno prima e non sono neanche “tweet” originali, generati da account russi, ma semplici riprese di tweet che già circolavano in Italia.

Ma il Corriere non si ferma. Nonostante l’evidente inconsistenza delle prove il 3 agosto lancia in prima pagina un articolo intitolato “Le manovre dei russi sul web e l’attacco coordinato a Mattarella”.

A dar retta all’articolo almeno una ventina di dei profili twitter appartenenti “a italiani del tutto ignari” sarebbero stati usati “una o più volte dalla misteriosa “Internet Research Agency” (Ira) di San Pietroburgo per far filtrare nel nostro Paese la propria propaganda a favore dei partiti populisti, dei sovranisti e degli anti europei”. Appena otto righe dopo aver inserito quell’affermazione, non comprovata da alcuna fonte, l’autore del pezzo si accorge di star giocando con il fuoco e tira il freno a mano. “E’ impossibile sapere — avverte — se i troll russi, nascosti nella loro “fabbrica dei falsi” a San Pietroburgo abbiano avuto un ruolo anche nell’alimentare l’ultima campagna contro il Capo di Stato: i dati per potersi pronunciare su questo aspetto non sono di dominio pubblico”.

Il Corriere ammette, insomma, di non aver alcuna prove o fonte e di star pubblicando aria fritta. Aria rimestata e ingigantita fino a creare l’enorme bolla mediatica ripresa da legioni di giornalisti pronti a ricopiare le presunte “notizie” del più importante quotidiano nazionale. Per rimettere le cose a posto devono intervenire i servizi segreti italiani. Domenica 5 agosto, alla vigilia di un’audizione al Copasir (Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica) di Alessandro Pansa, direttore del Dis (Dipartimento delle informazioni per la sicurezza) chiamato a riferire sulla vicenda, l’intelligence “regala” alla giornalista del Corriere Fiorenza Sarzanini un dettagliato dossier. Un dossier che suona come una radicale smentita di quanto pubblicato in precedenza dallo stesso quotidiano. “Evidenziando — scrive la giornalista sul Corriere — come quel bombardamento di tweet non abbia nulla a che fare con il Russiagate, cioè con i troll di Mosca che sarebbero stati utilizzati per influenzare la campagna negli Stati Uniti che ha portato all’elezione di Donald Trump. Del resto la prima traccia utile trovata dagli specialisti avvalora la possibilità che a generare l’operazione sia stato un account creato sullo “snodo dati” di Milano”. Il resto dei profili — dietro i quali, secondo gli investigatori, ci sarebbe un’unica mano — sarebbe invece stato registrato, direttamente o di rimbalzo, attraverso strumenti di anonimizzazione come Tor, attraverso server esteri situati in Estonia o Israele.

Insomma i presunti troll russi manco esistono. I tweet “incriminati” sono nati a Milano e dintorni utilizzando sistemi come Tor alla portata di chiunque. E il Corriere ha preso una bufala grande come una casa. Così grande da costringerlo a far pubblica ammenda pubblicando, su gentile richiesta dei servizi segreti, la smentita a quanto scritto, senza alcuna prova, nei giorni precedenti.

Fonte: “Troll russi. L’intelligence italiana interviene e smentisce le accuse dei media” su sputniknews.com (qui)

Un pensiero su ““Troll” russi. L’intelligence italiana interviene e smentisce le accuse dei media

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