Dopo la replica stizzita di Matteo Salvini, dopo l’intervento critico di Paolo Savona, arrivano la bacchettata di Giancarlo Giorgetti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, e l’affondo di Alberto Bagnai, presidente della commissione Finanze del Senato, leghista e capofila degli euroscettici nella maggioranza. Destinatario: Mario Draghi. Se c’era ancora qualche dubbio sul fatto che il dogma dell’intoccabilità del governatore della Bce fosse ormai superato nell’Italia gialloverde, è stato presto dissipato.

Se Paolo Savona, pur considerando Draghi “un valente presidente”, contesta i suoi poteri al punto di dire che è stato “abile a superare i vincoli della sua azione”, Alberto Bagnai definisce “incresciose le esternazioni” del presidente della Bce di due giorni fa a Francoforte. “Finora l’Italia ha fatto danni con le parole, aspettiamo i fatti” aveva affermato Draghi, deludendo poi quanti – soprattutto tra i leghisti – chiedono un ombrello della Bce sul rifinanziamento del debito italiano dopo la fine del QE.

Parole che secondo Giancarlo Giorgetti si potevano evitare. “Le dichiarazioni sono dichiarazioni, i fatti sono fatti. Io lavoro e ragiono sempre su fatti e non su dichiarazioni. Ma mi rendo conto che sui mercati finanziari, particolarmente quelli che vivono di speculazioni, vivono, lavorano e speculano sulle dichiarazioni” afferma il sottosegretario Giancarlo Giorgetti. “Quindi – aggiunge – se ne devono fare meno possibile, magari meditate, ma giudicateci dai fatti, non da quello che si legge”.

Per il sottosegretario, in merito alle parole di Draghi e Moscovici sull’Italia, “ciascuno fa il proprio mestiere, nel senso che loro dicono le cose che pensano in difesa delle loro istituzioni, noi che siamo il Governo italiano diciamo le cose che pensiamo in difesa del popolo italiano. Cerchiamo di tradurre in modo responsabile – ha precisato Giorgetti – quelle che sono le volontà degli elettori che ci hanno votato poco tempo fa e che pare, dicono i sondaggi per quello che valgono, continuano a darci fiducia”.

Secondo Bagnai, invece, sono “particolarmente incresciose le esternazioni della Banca centrale europea, perché chi si occupa di mercati finanziari dovrebbe essere più riservato e, soprattutto, dovrebbe evitare di dare l’impressione (lo dico non nel nostro interesse di leghisti, ma nel suo) che siano le banche a dare la fiducia ai governi” ha detto Alberto Bagnai a Fiuggi, a margine dellla festa dell’Udc. “I cittadini di questo atteggiamento non ne possono più ed è anche per questo che ci hanno votato. Quindi, al dottor Draghi direi quasi grazie, se non avessi rispetto per le istituzioni”.

Le esternazioni del Presidente della Banca centrale europea sono insolite visto che l’obiettivo è un attacco diretto verso un Governo di uno Stato-membro dell’Unione europea e soprattutto dell’Unione monetaria. Da non trascurare che l’establishment europeo in crisi, composto dal sistema finanziario speculativo, dal Fondo Monetario internazionale, dalla Commissione europea e dalla stessa BCE, trova nell’appuntamento delle prossime elezioni europee l’opportunità di una possibile svolta per le istituzioni europee soprattutto se le forze populiste saranno tali da non consentire all’uscente maggioranza popolare e socialista di determinare in autonomia il rinnovo delle istituzioni europee, dalla BCE (che coinvolge soprattutto i capi di stato e di governo), alla Commissione europea (che non può prescindere dall’assenso del nuovo parlamento europeo) producendo di fatto una crisi di sistema tutta interna al funzionamento già complesso e farraginoso dell’architettura tecnocratica europea.

Le dichiarazioni a gamba tesa di Draghi, non solo mettono in evidenza l’insofferenza delle istituzioni europee per il Governo populista italiano, ma anche i primi passi di chi potrebbe scendere terreno politico per continuare a recitare il mantra neoliberista in una versione macroniana aggiornata e utile a mettere le basi, anche in Italia, dell’alternativa al blocco populista identificabile con l’attuale governo Conte sostenuto da Lega e M5S. Una risorsa quella di Draghi che l’establishment potrebbe spendere per riorganizzare l’intero campo popolare e socialista, che vede esauriti leader e temi, ma che dopo l’esito delle elezioni europee potrebbe non essere più competitivo nel contesto politico di molti Stati-membri. In attesa di questo sparti acque elettorale, che si annuncia di cambiamento dello scenario sia europeo, che quello dei singoli Stati-membri, ed in assenza di efficaci risposte politiche alle posizioni populiste, i mercati, e il dominio della speculazione, non staranno alla finestra. Cercheranno di condizionare con la forza i governi “ribelli” fino al momento della verità. La partita è appena iniziata…

Fonte: huffingtonpost.it (qui)

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