Gli Stati Uniti fanno politiche fiscali espansive (più deficit) con la disoccupazione già al 4%. La Cina, di fronte al rallentamento del PIL, ha annunciato un ulteriore taglio delle tasse la scorsa notte pari all’1 per cento del PIL (ah, appena dopo l’annuncio del governo cinese la borsa ha registrato un +4%).
Il Giappone se ne frega di avere limiti al disavanzo o al debito pubblico. Tant’è che il suo debito è sopra il 230% del PIL. Poi c’è l’Europa, che preferisce auto-distruggersi e mettere alla gogna un paese che dopo 20 anni di avanzi primari chiede di fare un disavanzo maggiore per lo 0.8% del PIL (dall’1,6 al 2,4%) di fronte a un rallentamento dell’economia, rimanendo peraltro sotto il 3%. E gli altri paesi appoggiano questa linea folle invece di seguire. Se posso dare un consiglio a Conte, Salvini e Di Maio, suggerirei di chiedere più deficit per tutti i paesi euro. Un punto percentuale per tutti.
Fonte: Post di Davide Della Bona Facebook
DISCLAIMER: Non sto sottostimando, sminuendo o ignorando i problemi che derivano dall’avere uno spread e rendimenti sui titoli di stato più elevati dentro il sistema monetario chiamato Euro area. Dove, ricordo: 1) La BCE non garantisce in maniera esplicita il debito pubblico degli Stati aderenti. 2) Un downgrade deciso da agenzie di rating private dei titoli di stato di un paese aderente implica un haircut maggiore applicato ai suddetti titoli nelle operazioni di rifinanziamento della BCE. 3) La garanzia eventuale da parte della BCE è condizionale al rispetto delle regole del Patto di Stabilità, che prescrivono il raggiungimento di un saldo strutturale in pareggio (saldo strutturale = saldo nominale corretto per la componente ciclica, che a sua volta è determinata dall’output gap calcolato dalla Commissione europea secondo un modello basato su tutta una serie di assunti teorici dove si va a stimare il Pil potenziale dei vari paesi aderenti – vedi qui: http://ec.europa.eu/…/publications/e…/2010/pdf/ecp420_en.pdf. A titolo informativo aggiungo che ogni banca d’investimento e ogni istituzione economica che produce una stima del Pil potenziale fornisce un dato diverso l’uno dall’altro, che può variare anche anche di vari punti percentuali di Pil; quindi nel caso dell’Italia anche di 20/30 miliardi di deficit nominale in più consentito oppure no, stando sempre alle regole del Patto di Stabilità. Fra le predette istituzioni e banche d’investimento, la stima della Commissione risulta essere in genere quella meno favorevole a consentire un deficit nominale più ampio)