Rumors su una possibile candidatura del commissario agli Affari Economici con un movimento Lib-dem, vicino anche a Renzi.

“Non risponderò a nulla su questo argomento”. Forse per la prima volta in questi mesi di trattative con l’Italia, Pierre Moscovici si sottrae alle domande dei giornalisti. Il quesito riguarda il suo paese, la Francia, messa a ferro e fuoco dai ‘gilet gialli’ al punto da spingere Emmanuel Macron ad annunciare misure che potrebbero portare il deficit francese al 3,5 per cento del pil, dunque ben oltre il tetto del 3 per cento previsto dalle regole europee. E’ un quadro che potrà spingere la Commissione a fare sconti anche all’Italia? Moscovici, qui a Strasburgo per la riunione con i colleghi commissari come avviene ad ogni plenaria dell’Europarlamento nella cittadina francese, non risponde. In questa storia, che alla vigilia di un altro incontro tra Giuseppe Conte e Jean Claude Juncker domani a Bruxelles si sta assestando sulla linea ‘due pesi e due misure’ tra Parigi e Roma, ci sono fattori oggettivi, ma anche molto politici.

L’Ue non può sanzionare Macron, già messo alle strette dalle proteste. Il presidente francese è ancora la promessa dell’establishment europeo, visto che Angela Merkel è ormai alla fine del suo ciclo politico. Un establishment determinato invece a punire il governo populista dell’Italia, a torto o a ragione, comunque a prescindere. Basti questo per spiegare i guanti di velluto con cui l’Europa sta affrontando la crisi di Macron, compreso anche il fatto che nessuno tra i leader europei si è azzardato a contestargli nulla, nemmeno il comportamento della polizia con gli studenti, inginocchiati con le mani sulla testa: la foto ha menato scandalo sul web, non nei palazzi europei. Ma c’è dell’altro.

Ci sono proprio i destini politici dei personaggi in campo. Si prenda Moscovici, che l’anno scorso salutò la vittoria di Macron alle presidenziali francesi come “una buona notizia per la Francia e per l’Europa”. Non fu l’unico, la sfidante al ballottaggio era Marine Le Pen, tutti i leader moderati dell’Ue tirarono un respiro di sollievo. Ma, venendo al presente, Moscovici già aveva difficoltà a sostenere la linea del rigore con Roma, alla luce del suo passato da ministro dell’Economia francese alfiere della flessibilità. Adesso c’è anche il fatto che, pur da socialista, il commissario agli Affari Economici si è molto avvicinato a Macron, lui che ha lasciato il Partito socialista francese per fondare ‘En marche’.

Nei palazzi dell’Ue gira addirittura voce che Moscovici possa candidarsi con il movimento di Macron alle prossime europee: con ‘En marche’ o comunque nell’alveo di un movimento ‘libdem’ che poi all’Europarlamento fonderebbe un nuovo gruppo insieme ad altre formazioni simili in Europa, gli spagnoli di Ciudadanos o anche la nuova creatura politica che potrebbe lanciare in Italia Matteo Renzi.

E’ naturale che tutto questo annulli ogni ipotesi europea di sanzionare Macron per le maggiori spese in deficit, proprio ora che la Francia era uscita dalla procedura europea per deficit eccessivo dopo 9 anni di sanzioni. Non può farlo Moscovici e non ama parlarne. Non può farlo Juncker, del quale ancora si ricorda una frase celebre di qualche tempo fa. “La Francia è la Francia”, disse il presidente della Commissione ad un incontro con i sindaci francesi. E ‘la Francia è la Francia’ sembra essere il motto che ancora oggi guida la Commissione Europea.

Del resto, sottolineano dalla Commissione qui a Strasburgo, “bisogna tenere a mente che nel caso dell’Italia abbiamo un documento programmatico di bilancio”, bocciato dall’Ue e ripresentato da Roma senza cambiamenti di rilievo. “Mentre in quello della Francia abbiamo un discorso”, quello pronunciato ieri sera da Macron. “E che cosa possiamo fare davanti ad un discorso?”.

Con questa spiegazione quindi la Commissione punta ad andare avanti con la procedura di infrazione contro l’Italia per deficit eccessivo legato al debito, a meno che domani Conte non si presenti all’incontro con Juncker con una nuova proposta di bilancio rispettosa dei vincoli europei, con un deficit magari sotto il 2 per cento in modo da non aumentare né quello strutturale, né il debito italiano, che staziona al 131 per cento del pil.

Allo stesso tempo, la Commissione si prepara quanto meno a concedere tempo alla Francia. “C’è una procedura ben stabilita per valutare le politiche bilancio degli stati membri, la nostra posizione sulla Francia è nota e il parere sul progetto di bilancio della Francia è stato pubblicato poco tempo fa. L’impatto verrà valutato in primavera, quando pubblicheremo le nostre previsioni economiche”, dice il portavoce della Commissione Ue, Margaritis Schinas.

Nel volgere di poche ore, qui tra Strasburgo e Bruxelles, sembrano sfumare le speranze italiane di ottenere concessioni per effetto della protesta francese. I ‘gilet gialli’ non stanno modificando il braccio di ferro tra Roma e Bruxelles a favore della prima. E non sembra si apra uno spazio per quell’asse tra “Roma e Berlino” auspicato ieri da Matteo Salvini.

Certo, ci sono anche dei fattori oggettivi. Cioè il fatto che il debito francese è al 97 per cento del pil, dunque inferiore a quello italiano. E che lo spread della Francia, pur avendo guadagnato quasi 6 punti percentuali a un mese dall’inizio delle proteste di piazza, resta sulla soglia accettabile del 47,5 per cento, ben al di sotto di quello italiano oggi a 288 punti percentuali.

Ma, se non altro, il caos scoppiato in Francia mette a nudo anche le convenienze politiche delle elite europee: unite nel punire il primo governo populista tra i paesi fondatori dell’Ue, unite anche nel ‘graziare’ uno dei loro, Macron.

Fonte: huffingtonpost.it (qui)

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