Dal sito libreidee.org (qui) – I dati sulla produzione industriale che vengono man mano proposti sono sempre più inquietanti e lasciano intravvedere una situazione tutt’altro che positiva. L’area euro segna un -3,3% di produzione industriale, con un picco di -5,1% della Germania. E l’Italia, una volta tanto, fa un po’ meglio della media Ue, con 2,6% in meno. Si prevede un secondo trimestre 2018 con valori negativi per il Pil tedesco. Un disastro che non potrà non avere ripercussioni sull’andamento economico. In realtà tutto questo non è dovuto, per lo meno non ancora, ad una crisi finanziaria: mentre nel 2007-08 la crisi dei mutui subprime Usa portò a una crisi dell’economia reale per l’enorme distruzione di ricchezza finanziaria collegata, in questo caso la causa delle crisi economica sarà la volontà europea di crearla. Anche se l’innesco è stato un calo nei volumi del commercio internazionale, la risposta europea, che ripercorre quella post-crisi del debito interno ex 2011, non fa che accentuare, in modo pro-ciclico, questa variazione.

Dopo la crisi del 2009 l’Europa, terrorizzata dal proprio debito, ha perso il percorso della crescita strutturale in modo permanente. Stretta dalle paure del proprio debito, terrorizzata, guidata da una classe di economisti che, mi dispiace dirlo, inaltri momenti non avrebbero guidato neanche gli assessorati al bilancio di una grossa città italiana, l’Europa, ma soprattutto l’Eurozona, hanno abbandonato un percorso di crescita rischiando di intraprendere un cammino di involuzione e di riduzione della possibilità di crescita economica. La concentrazione unica su obiettivi di deficit invece che di crescita sta portando a un decadimento permanente e strutturale, non recuperabile nel medio periodo, della struttura economico-industriale dell’Euroarea, realizzando al contrario le fauste previsioni fatte dai firmatari del patto di Maastricht.

L’Eurozona si sta sempre di più rivelando come un’area di depressione economica e di conflitto sociale, non di crescita, giungendo al limite della repressione politica come in Francia. Siamo ancora in tempo per tornare indietro? No, senza una profonda revisione ideologica dei fondamenti europei; un cammino veramente difficile, perchè dovrebbe condurre al superamento di pregiudizi intellettuali (e, francamente, razziali) profondamente radicati. Significherebbe, in un certo senso, superare se stessa: e questa è la vera sfida del futuro. Per ora, purtroppo, governano sempre gli assessori provinciali…

Fonte: Guido da Landriano, “La recessione è una decisione politica di Bruxelles e Francoforte”, da “Scenari Economici” del 15 gennaio 2019.

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