Banche, Politica

Carige, Giorgetti: “Nazionalizzazione è possibilità concreta”

Di Maio: “Unica strada, il popolo sovrano si riappropria delle banche. Chiederemo elenco dei debitori”. Modiano frena: “Ricapitalizzazione non è sul tavolo, ma solo ipotesi residuale”

La nazionalizzazione di Carige è una possibilità concreta. Lo ha detto il sottosegretario alla presidenza Giancarlo Giorgettirispondendo a una domanda sul possibile ingresso nel capitale dell’istituto ligure da parte dello Stato. “Sì”, ha replicato a chi domandava se fosse concreta la posisbilità che l’istituto venga nazionalizzato in seguito alla ricapitalizzazione precauzionale prevista dal decreto appena varato. “La nazionalizzazione è un’eventualità prevista dal decreto se non si verificano alcune condizioni, quindi se nessun privato ci mette i soldi arriverà la nazionalizzazione”, ha aggiunto Giorgetti in un secondo momento. “L’obiettivo è salvarla sotto lo Stato. Se ci saranno utili ci guadagnerà lo Stato”. ha rimarcato invece Matteo Salvini.

Messaggio analogo dal vice presidente del consiglio Luigi Di Maio: “Quel che posso dire – ha spiegato all’Adnkronos – è che crediamo nella nazionalizzazione, l’unico intervento che si può fare, l’unica strada percorribile per il M5S. Il popolo sovrano si riappropria delle banche: questo è il primo caso in Europa in cui ci riprendiamo” un istituto di credito “per dare prestiti alle imprese e mutui più agevolati alle famiglie”. “Nelle prossime ore – ha aggiunto successivamente –  scriveremo al commissario straordinario di banca carige per chiedere gli elenchi dei debitori, li pubblicheremo e vogliamo vedere se ci sono legami particolari degli amministratori delegati di questi anni, chiederemo di promuovere un’azione di responsabilità contro chi ha fatto il buco di bilancio” DI Maio ha spiegato che “saranno puniti i banchieri, vedremo chi c’è lì dentro che ha avuto favori, gliela faremo pagare”.

Fonte: repubblica.it

Banche, Governo, Politica

Carige, Paragone (M5s): “Governo vuole fare come Renzi o come gilet gialli? Non finisca come i casi precedenti”

“Questo caso di Carige non può finire come tutti i casi trattati dai governi precedenti, con una soluzione abbastanza simile. È mai possibile che nessuno nel governo del cambiamento stia chiedendo a Bankitalia di rendere conto delle sue responsabilità? Vogliamo farla questa benedetta commissione d’inchiesta (sulle banche, ndr)? Sarà realmente operativa? Sono incazzato, sono un gilet giallo, non volevamo esserlo?”: Così il senatore M5s Gianluigi Paragone in un video su Fb. “E per evitare che il mio governo faccia un autogol facciamo i gilet gialli. Dobbiamo dimostrare di essere forti, il governo del cambiamento, vicini alla gente – dice -. Abbiamo deciso che il 560 non si tocca, l’articolo (del codice di procedura civile, ndr) scritto da Renzi e dalla Boschi sotto dettatura delle banche, non può essere smantellato? Allora facciamo delle case popolari, qualcosa che consenta agli sfrattati, alla gente a cui viene tolta la casa pignorata dalle banche, di avere un riparo immediatamente. Diamo ai piccoli imprenditori delle risposte. Io voglio essere questa cosa qua”.

Fonte: ilfattoquotidiano.it (qui) e facebook

Banche, Politica

Carige, il governo vara il decreto: “Le norme approvate sono in favore di risparmiatori e correntisti”. Ma quando la separazione bancaria?

Il decreto Tutela risparmio prevede la possibilità per Carige “di accedere a forme di sostegno pubblico della liquidità” e “viene prevista la possibilità di accedere – attraverso una richiesta specifica – a una ricapitalizzazione pubblica a scopo precauzionale”. Conte e Di Maio: “Le norme approvate sono in favore di risparmiatori e correntisti”. Forza Italia: “In linea con governi precedenti”.

L’ennesimo provvedimento successivo, una pezza dovuta per tutelare famiglie e imprese, risparmiatori e correntisti, che in caso di risoluzione dell’istituto bancario genovese si vedrebbero aggrediti i propri fondi, sopra la soglia dei 100.000 euro. Ancora una volta è necessario sollecitare anche in Italia il ritorno della separazione bancaria. Obbligare le banche a svolgere le funzioni commerciali, ovvero quelle tradizionali quali la raccolta degli impeghi e l’erogazione dei finanziamenti a famiglie e imprese, rispetto alle funzioni speculative tipiche delle banche d’affari. Tale distinzione consentirebbe di garantire la tutela del solo risparmio depositato presso le banche commerciali. In tal caso il risparmio versato nelle banche speculative, proprio per l’alto rischio degli investimenti, non sarebbe tutelato. Oggi le banche che si trovano in difficoltà sono prevalentemente colpite da crediti non esigibili di grandi dimensioni erogati a clienti legati alla governance degli istituti o grandi imprese, concessi travalicando le maglie ristrette che invece vengono applicate alla famiglie o alle piccole e medie imprese. Oppure da operazioni speculative non andate a buon fine che hanno incrementato il depauperamenteo del capitale finchè gli azionisti di controllo, non essendo più in grado di immettere nuova liquidità, optano per lasciare che l’istituto di credito venga commissariato e si avvii la procedura di amministrazione straordinaria prima e di risoluzione nei casi più gravi. Il tutto con notevole dispendio di risorse pubbliche. Nel caso della Banca Carige non si stente parlare di indagini. La magistratura non sempre ancora intervenuta. Attendiamo di sapere chi ha ucciso l’ennesima banca.

Il governo si muove per risolvere la questione di Banca Carige. E con un decreto approvato durante un Consiglio dei ministriconvocato appositamente e durato appena dieci minuti, l’esecutivo Conte ha stabilito di fornire una garanzia stataleper i bond emessi dall’istituto bancario, commissariato dalla Banca centrale europea dopo il mancato aumento di capitale da parte dell’azionista di maggioranza lo scorso 22 dicembre. Il decreto Tutela risparmio prevede la possibilità per Carige “di accedere a forme di sostegno pubblico della liquidità che consistono nella concessione da parte del ministero dell’Economia e delle Finanze della garanzia dello Stato su passività di nuova emissione ovvero su finanziamenti erogati discrezionalmente dalla Banca d’Italia“. Le misure, comunica Palazzo Chigi, sono state prese “in stretto raccordo con le Istituzioni Comunitarie” e “tali garanzie saranno concesse nel pieno rispetto della normativa in materia di aiuti di Stato“.

Non solo, perché il decreto prevede anche la possibilità di un vero e proprio intervento pubblico. In considerazione degli esiti del recente esercizio di stress cui la banca è stata sottoposta, spiega ancora Palazzo Chigi, “viene prevista la possibilità per Carige di accedere – attraverso una richiesta specifica – a una ricapitalizzazione pubblica a scopo precauzionale, volta a preservare il rispetto di tutti gli indici di patrimonializzazioneanche in scenari ipotetici di particolare severità e altamente improbabili (cosiddetti scenari avversi dello stress test)”. Un’ipotesi ritenuta “residuale” da fonti finanziarie, ma comunque ‘predisposta’ dall’esecutivo. E che porta Forza Italia a parlare di un provvedimento “del tutto simile a quelli dei governi precedenti“.

“Ci riserviamo di esaminare e valutare compiutamente il decreto legge assunto, come sempre senza alcuna interlocuzione con il Parlamento, dal Consiglio dei ministri per il sostanziale salvataggio di Carige”, spiega la capogruppo al Senato di Fi, Anna Maria Bernini. “Notiamo, non senza sorpresa, che il cosiddetto governo del Cambiamento a trazione grillina, che finora ha rappresentato le banche alla stregua di autentici nemici del popolo – attacca Forza Italia – assume provvedimenti in loro favore del tutto simili a quelli dei governi precedenti. È sempre più latitante quel cambiamento su cui il M5s ha chiesto ed ottenuto consensi: l’ennesimo specchietto per le allodole di un governo che continua a tradire se stesso e i suoi elettori”.

Per il premier Giuseppe Conte, il governo grazie all’approvato del decreto “interviene a offrire le più ampie garanzie di tutela dei diritti e degli interessi dei risparmiatori della banca Carige, in modo da consentire all’amministrazione straordinaria di recente insediata di perseguire in piena sicurezza il processo di consolidamento patrimoniale e di rilancio delle attività dell’impresa bancaria”. Mentre il vicepremier pentastellato, Luigi Di Maio, parla di una norma che “tutela i risparmi dei cittadini che hanno scelto la banca Carige”. “Le banche italiane – aggiunge – pagano il prezzo di un sistema di vigilanza della Bce che va dotato di strumenti rafforzati di controllo e di intervento. Saremo sempre dalla parte dei risparmiatori e dei correntisti, sempre”.

In mattinata i commissari nominati dalla Bce per gestire la banca genovese avevano incontrato il ministro dell’Economia, Giovanni Tria. Sul tavolo c’è la gestione di una grossa fetta di crediti deteriorati (attualmente ammontano a 2,8 miliardi di euro) grazie a un intervento di Sga, la partecipata del Tesoro già intervenuta come ‘bad bank’ del Banco di Napoli. Il commissario Raffaele Lener, in un’intervista ad Affari e Finanzadi lunedì mattina, aveva spiegato che l’opzione è ritenuta valida da Tria e Matteo Salvini mentre troverebbe l’opposizione di Luigi Di Maio. Si tratterebbe, secondo Lener, di una “soluzione non onerosa e vantaggiosa per tutti“. A dicembre, Carige non aveva effettuato l’aumento di capitale da 400 milioni di euro e il salvataggio è stato effettuato con un prestito del fondo interbancario.

Il decreto Carige approvato dal Consiglio dei ministri, si legge ancora nel comunicato diffuso dopo l’approvazione, è “in linea di continuità con il provvedimento di amministrazione straordinaria recentemente adottato dalla Bce” e mira a consentire ai commissari “iniziative utili per preservare la stabilità e la coerenza del governo della società, completare il rafforzamento patrimoniale già avviato con l’intervento del Fondo Interbancario dei Depositi, proseguire nella riduzione dei crediti deteriorati e perseguire un’operazione di aggregazione che consenta il rilancio della banca, a beneficio della clientela”.

Fonte: ilfattoquotidiano.it (qui)

Banche, Europa, Europa vs Stati, Politica

Banca Carige. Commissariata. Dallo Stato? No, dalla Banca centrale europea. Se lo Stato è subalterno alla BCE, siamo una colonia.

Si scrive commissariamento, ma si legge esproprio.

La Banca Centrale Europea ha deciso il commissariamento di Banca Carige, disponendone l’amministrazione straordinaria. La decisione segue le dimissioni“irrevocabili e incondizionate” di cinque consiglieri di amministrazione della banca genovese, che hanno fatto decadere l’intero cda.

La Banca centrale europea impone un commissario e l’amministrazione straordinaria, previa dimissione “irrevocabili e incondizionate” di consiglieri cinque di amministrazione della banca genovese che ha portato alla decadenza dell’intero CDA. In questi casi l’assemblea dei soci avrebbero dovuto nominare un nuovo consiglio di amministrazione. Invece, la BCE con la mossa del commissariamento a tempo (tre mesi, prorogabili), di fatto procede con un esproprio, e con la nomina dei commissari (di cui uno l’uscente Presidente del Consiglio di Amministrazione decaduto), inibisce ai soci, grandi e piccoli, in qualità di proprietari della banca di esprimere legittimamente secondo le regole del codice civile, un nuovo Consiglio di amministrazione legittimo. Di fatto anche i soci sono commissariati in quanto non hanno più iniziativa, nel senso che possono approvare o respingere gli ordini del giorno inseriti all’attenzione dell’Assemblea dei soci dei commissari, ma non ne possono modificare i contenuti. Una sorta di prendere o lasciare. Le condizioni per imporre linee strategiche di sviluppo, ma soprattutto di fusione o di cessione delle attività ad altri istituti di credito alle condizioni decise e contrattate dai commissari della BCE.

La Bce ha quindi disposto l’amministrazione straordinaria della banca. Innocenzi, Modiano e Raffaele Lener sono stati nominati commissari straordinari dell’istituto e “adotteranno tutte le decisioni necessarie per la gestione operativa della banca”, riferendone periodicamente alla vigilanza, si spiega da Carige. La Bce ha inoltre nominato un comitato di sorveglianza composto da tre membri: Gian Luca Brancadoro, Andrea Guaccero e Alessandro Zanotti. La decisione di porre la banca in amministrazione straordinaria “darà maggiore stabilità e coerenza al governo della società che, quindi, sarà ancora più efficace nel servire, grazie ai propri dipendenti, i depositanti, i clienti ed il territorio”, si sottolinea ancora.

Perchè il commissariamento? Per motivi di controllo e vigilanza dicono. Infatti la BCE si è mossa con in poteri attribuiti dai trattati europei che gli attribuiscono i compiti di vigilanza. Ma un commissario nominato dal controllore a svolgere di fatto l’attività di governo della Banca, chi lo controlla? Voi direste, lo Stato italiano. Invece no. E’ ancora la BCE che in questo caso si trova ad assumere poteri di vigilanza e di governo dell’istituto bancario. Un classico caso da: controllore e controllato nella stessa istituzione. Risultato: la BCE può fare quello che vuole. Ma cosa farà? Semplice quello che è abituata a fare: trovare l’istitututo bancario che “acquisterà” al banca genovese.

Per Modiano il commissariamento “semplificherà e rafforzerà la governance di Carige e di conseguenza l’esecuzione della strategia in un quadro di sana e prudente gestione”. Innocenzi, infine, sottolinea che “i vantaggi in termini di stabilità della banca si tradurranno in benefici per i clienti, i dipendenti e il territorio”.

L’obiettivo? Con la scusa di raggiungere “stabilità” e “benefici per i clienti, i dipendenti e il territorio”, ma non per i soci azionisti, l’operazione in realtà aiuterà a stabilizzare un’altra banca ben più consistente e con evidenti problemi di stabilità. Quale? Chiedetelo a Draghi. Ma è chiaro che sarà l’istituto di credito che “acquisirà” la Banca Carige.

Anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte sta seguendo personalmente, con il ministro dell’Economia Giovanni Tria, le vicende riguardanti la governance della banca. Come si legge in una nota di Palazzo Chigi, questa vigile attenzione del governo, ai suoi massimi livelli, è il segno tangibile e la migliore garanzia per proseguire e completare il consolidamento patrimoniale e il rafforzamento imprenditoriale di un’azienda bancaria valutata, dal medesimo governo, quale essenziale strumento per realizzare il rilancio dell’intero sistema economico-sociale ligure.

E qui arriva la chicca. Il Governo del cambiamento subisce l’operazione e non si oppone. Il primo commissariamento di una banca italiana finalizzata ad espropriarne gli asset per consentirne l’acquisizione da parte di un’altra banca. Il tutto attraverso un piano già definito a Francoforte. Il Parlamento italiano per approvare una legge di bilancio deve prima acquisire il parere vincolante della Commissione europea, e per evitare azioni ritorsive come la famigerata procedura di infrazione e sanzione connessa. Mentre la BCE può procedere al commissariamento di un istituto di credito italiano, senza una deliberazione del Consiglio dei Ministri, in totale scavalgo delle leggi italiane, sulla base di una legislazione sovraordinata, dove nemmeno eventuali ricorsi sono di competenza del sistema giudiziario italiano. Se questa non è dittatura, è sicuramente l’atto plastico della subalternità dello Stato italiano e della sua Costituzione alla Banca centrale europea che dipende da se stessa e non risponde a nessuno. Certamente non risponde al popolo italiano. Oggi, forse, capiamo meglio che in realtà il nostro Paese è una colonia.

Un suggerimento. Non sarebbe il caso di approvare, finalmente, la legge per la separazione bancaria? Netta distinzione tra le banche d’affari e quelle commerciali? In questo caso i manager milionari delle banche non gestiranno i risparmi di famiglie e imprese per la roulette della speculazione, ma li utilizzeranno per sostenere gli investimenti delle famiglie e del sistema produttivo. Per saperne di più: qui.

Fonte: adnkronos.com

 

Banche, Politica, Separazione Bancaria

Movisol, Glass-Steagall. “Dieci anni dopo Lehman, la separazione bancaria è più urgente che mai”.

Dopo lo scoppio della crisi finanziaria, i mercati finanziari sono stati in grado di ricattare le nazioni e costringere i governi a salvare le megabanche con l’argomentazione che, se fossero fallite, la gente comune avrebbe perso i propri risparmi. Tuttavia, la separazione tra le banche commerciali (di deposito) e quelle d’affari (speculative) avrebbe impedito e potrebbe impedire ancor oggi che una crisi finanziaria si trasformi in uno tsunami per l’economia reale, le imprese e le famiglie.

Lyndon LaRouche e MoviSol sollecitano tale riforma, il cui modello storico è la legge Glass-Steagall del 1933 negli Stati Uniti, sin dallo scoppio della crisi nel 2008. In occasione del decennale del fallimento della Lehman Brothers si sono levate molte voci a favore della stessa. Ecco le più significative e recenti in Europa:

In un’intervista pubblicata il 15 settembre su Euronews, il rinomato economista Giulio Sapelli (foto) ha ammonito che “La morale che si deve trarre oggi è che l’autoregolazione e la buona governance che comincia nell’impresa piuttosto che nello Stato è la regola per evitare le crisi, unitamente alla divisione tra banche d’investimento e banche d’affari, con la fine delle banche universali. Punto”.

Il fenomeno dei cosiddetti subprime “non è mai finito”, ha asserito; “oggi abbiamo diversi trilioni di derivati, il cosiddetto valore di capitalizzazione è di decine di volte superiore al valore del PIL mondiale. E quindi non è mai finita la collateralizzazione, quello che Sir Mervyn King, nel suo meraviglioso libro ‘The end of alchemy’, ex governatore della Banca d’Inghilterra e mio amico e collega a Oxford tanti anni orsono, ha definito appunto questa straordinaria invenzione alchemica per cui le banche – non le banche centrali, ma qualsiasi banca o operatore finanziario – batte moneta. Dove la moneta cos’è?”

“È l’over the counter, è il derivato, è lo strumento di distruzione di massa che consente di iscrivere il debito non più al passivo ma all’attivo perché io vendo il debito attraverso la collateralizzazione e la leva finanziaria”.

“Quindi è molto peggio oggi di quando è fallita la Lehman Brothers. Anche perché non credo che un intervento massiccio delle banche centrali possa evitare, così come allora, perché dovette intervenire lo Stato. E mi pare che tutti gli Stati sono in enorme debolezza, soprattutto lo Stato americano, così diviso”. Perciò, “L’unica via è l’accordo di eliminare le banche universali ed eliminare i derivati. Ma questa mi pare una scelta politica che nessuno… o meglio: tutti i partiti politici, in un modo o in un altro, sono influenzati dal soft power – o dallo sharp power – delle grandi banche d’affari”.

Guenter Grzega, ex presidente della Sparda Bank, una cassa di risparmio di Monaco, ha identificato nella “deregulation” delle banche la causa della crisi finanziaria e ha proposto la separazione bancaria “per evitare una ripetizione della crisi”. Le sue dichiarazioni sono state raccolte dal sito austriaco kontrast.at. Lo stesso tema è stato affrontato da Finanzmarktwelt, il cui autore Claudio Kummerfeld ha proposto una separazione bancaria sul modello della Glass-Steagall. Parlando del pericolo di crisi sistemica rappresentato dalla situazione di Deutsche Bank, egli ha fatto notare che, in un regime di separazione, la banca d’affari potrebbe essere scorporata in una sussidiaria a Londra e subire perdite senza conseguenze per “i depositi in una banca principale separata e residente in Germania”. Ciò lascerebbe la Germania senza un global player nella sfera bancaria, ma metterebbe il sistema al sicuro dal prossimo choc finanziario. Coloro che credono di non poter vivere senza banche d’affari, potrebbero servirsi della banca londinese.

Fonte: movisol.org (qui).

Banche, Montichiari

Il governo Conte metterà mano a popolari e Bcc. Stoppare la riforma. Per salvare le banche del territorio.

La riforma delle Banche di credito cooperativo voluta dal Governo Renzi-Gentiloni su indicazione dell’Unione europea e della Banca Centrale Europea. Il punto di vista di Valerio Malvezzi.

Proprio questa riforma funzionale alle grandi corporation bancarie è oggetto di tutela del Governo Conte che su impulso della Lega ha l’obiettivo di riportare le Banche di credito cooperativo alla funzione mutualistica e cooperativa al servizio dei territori. Anche la Banca di Credito Cooperativo di Montichiari, la BCC del Garda, rischia di essere fagocitata dai grandi istituti.

Il premier ha confermato anche l’intenzione di procedere con la separazione tra banche di investimento e di credito al pubblico. Nelle scorse settimane, la Lega ha presentato due mozioni in Camera e Senato per impegnare il governo a rinviare, senza limiti temporali, il termine per la costituzione della capogruppo dei futuri poli di credito cooperativo.

Il governo Conte rivedrà la disciplina su banche popolari e credito cooperativo. La volontà di intervenire sul settore è stata annunciata dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, nella replica ai deputati nel corso del dibattito alla Camera sulla fiducia da accordare al suo esecutivo. Il premier ha aggiunto quindi un nuovo tassello a uno dei punti programmatici del contratto di governo tra Lega e Movimento Cinque Stelle ossia la separazione tra banche d’investimento e gli istituti di credito al pubblico, per quanto riguarda sia l’ambito di attività sia i livelli di sorveglianza.

In particolare il presidente del Consiglio ha fatto riferimento alle banche con un forte radicamento territoriale, che finanziano piccole e medie imprese locali. Agganciandosi a questo passaggio Conte ha quindi parlato della volontà di rivedere i recenti interventi in materia bancaria. Va ricordato che nelle scorse settimane, la Lega ha presentato due mozioni in Camera e Senato per impegnare il governo a rinviare, senza dare limiti temporali, il termine per la costituzione della capogruppo dei futuri poli di credito cooperativo.

In una nota congiunta, i presidenti di Federcasse (l’Associazione Nazionale delle BCC e Casse Rurali) Augusto dell’Erba e della Confederazione delle Cooperative Italiane Maurizio Gardini, in merito alle dichiarazioni di Conte relative all’ipotesi di revisione dei provvedimenti normativi riguardanti il Credito Cooperativo italiano, fanno sapere di essere disponibili, «come nelle precedenti stagioni di riforma», a dare «in caso di iniziative legislative, il nostro apporto costruttivo alla migliore definizione possibile di eventuali nuovi assetti normativi. La categoria è oggi impegnata a costruire Gruppi Bancari Cooperativi solidi ed efficienti, come previsto dalla normativa in vigore. L’obiettivo del Credito Cooperativo è comunque quello di accrescere la capacità di servizio di ciascuna BCC all’economia reale ed allo sviluppo responsabile delle comunità locali, salvaguardando e valorizzando la finalità mutualistica»

Fonte: milanofinanza.it (qui), byoblu.com (qui)

Banche, Economia, Politica

Deutsche Bank, Bnp, Crédit Agricole e non solo. Tutte le banche a maggior impatto sistemico. Report Cer

Le banche a maggior impatto sistemico sono Deutsche Bank e Bnp Paribas. Seguono Barclays, Crédit Agricole e Société Generale. E’ quanto emerge dalla conclusioni del rapporto Cer-Banche che sarà presentato il 21 settembre al Grand Hotel Parco dei Principi a Roma, ore 18

Pubblichiamo un brevissimo estratto delle conclusioni del rapport Cer-Banche che sarà presentato il 21 settembre al Grand Hotel Parco dei Principi a Roma, ore 18. Quelli presentati nel Rapporto sono alcuni dei risultati di una ricerca più complessiva che il Cer sta effettuando per conto del parlamentare europeo Marco Zanni (Lega, gruppo Efn).

In questo paragrafo è presentata una valutazione dei riflessi delle scelte dei manager bancari europei sul rischio sistemico. A tal fine il database di Mediobanca è stato integrato con le informazioni fornite dal New York University Stern Volatility Lab.

Nello specifico è stato considerato l’SRISK, ovvero indicatore esprime la quantità di rischio sistemico che grava su ogni società quotata. Per ogni banca è stato quindi calcolato la quota percentuale di SRISK rispetto al totale del campione.

Dai dati del NYU Stern Volatility Lab emerge come le banche a maggior impatto sistemico, nel 2016, sono Deutsche Bank e Bnp Paribas, con una quota del rischio sistemico che supera in entrambi i casi l’11% (grafico 75). Seguono Barclays, Crédit Agricole e Société Generale.

Unicredit e Intesa SanPaolo hanno un’incidenza sul totale delle banche di maggiore dimensione del 5,7% e del 2,8% rispettivamente. Nel complesso il rischio sistemico delle banche europee attribuibile alle banche francesi è pari al 32%, 26% per le inglesi, 14% le tedesche, 8% le italiane e le spagnole, 7% le svizzere.

La stessa quota percentuale sul totale del campione è stata calcolata per le attività più rischiose che contraddistinguono il modello di business basato sul credito e sulla finanza, ovvero NPL, da un lato, e strumenti L2 e L3, dall’altro.

Mettendo a relazione queste informazioni con quelle relative al rischio sistemico, per il periodo 2014-2016, si hanno delle importanti indicazioni (grafico 76).

La relazione tra la quota degli strumenti L2 e L3 e quella del rischio sistemico è strettamente positiva, il che conferma che l’impatto di un eventuale dissesto di un istituto, causato da problematiche provenienti dagli eccessivi rischi finanziari assunti, può impattare gravemente sull’intero mercato mettendone a rischio la stabilità.

Dall’altro lato, la relazione tra la quota degli NPL e quella del rischio sistemico è leggermente negativa, ad evidenziare che il rischio di credito non ha impatti di rilievo sulla stabilità finanziaria globale.

La sottovalutazione del rischio di mercato potrebbe avere effetti rilevanti sul sistema finanziario. Non risulta infatti esservi una relazione tra la quota di SRISK e il CET 1 ratio, segno che il maggior rischio sistemico non spinge i manager bancari a detenere più capitale ai fini del rispetto dei requisiti di Basilea (grafico 77).

Il fatto che il rischio sistemico non sia adeguatamente computato tra i rischi gestiti dalle banche europee si osserva guardando alla relazione con il rapporto tra CET 1 e totale attivo (una misura impropria di leverage ratio). In questo caso la relazione è addirittura negativa: chi ha più rischio sistemico detiene una minore proporzione di capitale di buona qualità rispetto al totale attivo.

Ciò implica che nel caso in cui i mercati finanziari subiscano un forte rallentamento le banche più esposte con gli strumenti L2 e L3 esaurirebbero rapidamente la loro dotazione di capitale.

Fonte: startmag.it (qui) Articolo di F. Soto.