Conflitti d'interesse, Politica

Brencich e Ferrazza lasciano commissione. E il Mit accusa Ferrazza: “Poteva far chiudere il traffico”

Antonio Brencich ha rassegnato oggi ufficialmente le sue dimissioni da componente della commissione ispettiva del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Mit)sul crollo del ponte Morandi di Genova, da cui è stato anche revocato l’incarico all’architetto Roberto Ferrazza per motivi di opportunità. Lo ha reso noto una nota del Mit. Della commissione ispettiva del Mit entrerà invece a far parte Alfredo Principio Mortellaro, dirigente del Consiglio superiore dei lavori pubblici, Mortellaro – spiega la nota – rappresenta una figura professionale di altissimo livello e con una esperienza trentennale alle spalle. Peraltro, nell’ambito dei molteplici compiti istituzionali, ha anche lavorato al collaudo di opere come il Terzo Valico. Il Ministero, si legge nella nota, ringrazia Brencich “per il lavoro fin qui svolto e per il gesto che mostra grande professionalità e sensibilità istituzionale”.

Le accuse del Ministero a Ferrazza.

Il tecnico rimosso assieme a Brencich dalla commissione ispettiva. Prosegue l’inchiesta: nei prossimi giorni i primi indagati e nel registro potrebbero finire una ventina di persone.

Il ponte era malato. Tutto. Non solo la parte est. Anche le condizioni del moncone ovest “sono gravi, se non gravissime”. A dirlo non sono documenti degli anni scorsi, ma i periti incaricati dai pm che nelle ultime ore hanno effettuato un sopralluogo. Lo snodo è centrale e a farlo emergere è lo stesso procuratore di Genova, Francesco Cozzi, che nel frattempo non ha ancora autorizzato il dissequestro di quel che resta del viadotto. “Andrà accertato – ha detto – se ci siano state sottovalutazioni”. Anche perché quello stato di deterioramento “è precedente al crollo del viadotto” del 14 agosto. L’inchiesta vedrà nei prossimi giorni i primi indagati e nel registro potrebbero finire una ventina di persone. Ma per ora “non c’è nessuna lista di nomi”, ha ribadito Cozzi, che insieme all’aggiunto Paolo D’Ovidio coordina l’inchiesta sul crollo affidata ai pm Walter Cotugno e Massimo Terrile.

Il fascicolo resta quindi a carico di ignoti per i reati di attentato colposo alla sicurezza dei trasporti, omicidio colposo plurimo e disastro colposo. Procede a ritmo serrato l’acquisizione di atti. La Guardia di finanza è tornata per il secondo giorno consecutivo negli uffici di Società Autostrade a Genova, Firenze e Roma, dove ha sequestrato molto materiale. Tra questo, tutta la corrispondenza tra Autostrade e Ministero delle Infrastrutture relativa al ponte Morandi e la copia dei dati contenuti nelle sim di 15 cellulari di dirigenti, tra cui ci sarebbero anche i vertici della società, il presidente Fabio Cerchiai, l’ad Giovanni Castellucci e il direttore del tronco di Genova Stefano Marigliani: l’attenzione è puntata soprattutto sulle mail. Ci sono poi i pc ed è in atto la copia del server di posta elettronica, operazione che richiede almeno tre, quattro giorni di lavoro. Alcuni manager della società sarebbero anche stati sentiti come persone informate dei fatti. Se necessario, non è escluso che la Finanza possa andare anche negli uffici centrali e periferici del Ministero delle infrastrutture.

“Procediamo con altre acquisizioni”, ha dichiarato Cozzi, sottolineando che tra le carte prelevate ad Autostrade “alcune sono molto rilevanti”. E ora andranno messe in relazione anche con i rilievi sul troncone ovest del ponte: queste verifiche sono state fatte nelle ultime ore dai periti dei pm. Quelle sul moncone est, invece – da cui è emerso che il pilone 10, rimasto in piedi, ha un grado di deterioramento superiore a quello del pilone crollato – sono desunte dalle verifiche svolte da Autostrade per l’Italia e allegate al progetto esecutivo di consolidamento del ponte nell’ottobre 2017. Il procuratore ha anche specificato che, per il momento, “non c’è stata nessuna richiesta di incidente probatorio”. Una volta formalizzate le iscrizioni nel registro degli indagati, una richiesta al gip da parte dei pm per ottenere quella che in sostanza è un’anticipazione del contraddittorio tra le parti per cristallizzare le prove, è nelle cose. Per ora i periti della procura stanno andando avanti con la raccolta di reperti. “Se ponte Morandi dovrà essere abbattuto – ha detto il procuratore – chiederemo, attraverso i nostri consulenti, che venga fatto con modalità tali da salvaguardare materiale utile sul piano investigativo”. Ed è chiaro che tra l’ipotesi di utilizzo di cariche esplosive e quella di uno smontaggio, la procura preferirebbe la seconda. Ad Autostrade è stato dato tempo fino a venerdì prossimo per presentare un piano. Nel frattempo il procuratore ha fatto sapere di non aver dato, per ora, l’ok al dissequestro dei due monconi del viadotto.

Si risolve intanto con l’uscita di scena dei due interessati la polemica sulla presenza nella commissione ispettiva del ministero di Roberto Ferrazza e Antonio Brencich. In serata il ministero ha annunciato che il professor Brencich ha presentato le dimissioni e che il ministro Danilo Toninelli ha dato mandato per la revoca dall’incarico di presidente della commissione per l’architetto Ferrazza “secondo ragioni di opportunità in relazione a tutte le istituzioni coinvolte in questa vicenda”. Ferrazza che, secondo fonti del Mit “poteva far chiudere il traffico ” sul ponte Morandi in quanto provveditore ai lavori pubblici. Della commissione entrerà a far parte Alfredo Principio Mortellaro, dirigente del Consiglio superiore dei lavori pubblici.

Fonte: agi.it (qui) e HuffingtonPost.it (qui)

Leggi anche: Il Mit: “Valutiamo sostituzione del presidente della Commissione ispettiva”. Il Ministro intervenga e imponga un ricambio più consistente (qui)

Conflitti d'interesse, Inchieste, Politica, Privatizzazioni

Ma “Segreto di Stato” può voler dire “Tangenti”? (Domanda alla Procura)

Poiché i Benetton non  forniscono  allo Stato missili, armamenti avanzati, radar   –  perché le concessioni autostradali sono state coperte dal segreto di Stato? E’ una domanda  che vorrei porre, da povero cittadino, a giudici, procuratori: quale altro motivo riescono a immaginare  per questo segreto – di Stato! – se non occulti scambi e benefici tra i politici che hanno concesso, e quelli che godono della concessione di un monopolio lucrosissimo?  Domando sinceramente: perché  io non riesco a immaginare altro.  Magari i giudici e procuratori, invece sì. Hanno un motivo per trovare questo segreto normalissimo.  E per questo non si sono mossi  nonostante anche l’Authority dei Trasporti abbia più volte   sottolineato la necessità di rendere  pubblici tali contratti, che riguardano un servizio pubblico e il pubblico potere. E benché in qualunque altro paese il ministero dei trasporti rendano consultabili i contratti e gli atti che disciplinano il rapporto tra lo Stato e i gestori delle reti autostradali, come – del resto  -di ogni servizio pubblico dato  in  concessione.

Si possono ipotizzare  tangenti? Pagamenti sottobanco in qualunque forma  al partito di governo concessionario? Lo si domanda ingenuamente, visti gli enormi profitti che la società in oggetto  ricava dalla gestione del monopolio:  quasi il 26  per cento sul fatturato l’utile netto, pari a 1,042 miliardi .  E un margine operativo lordo che fa dire al giornalista economico Fabio Dragoni  la seqguente battutaccia:  “Un EBITDA di quasi il 68% sul fatturato come quello di #Autostrade credo possa essere superato soltanto dal traffico di stupefacenti”.  E perché Mario Giordano li chiama “Avvoltoi”?
Ogni anno gli italiani hanno pagato pedaggi per quasi 6 miliardi di euro, il triplo di quello che pagano con il canone Rai. Di questi soldi, solo una minima parte va allo Stato: 842 milioni.

 

Non so se abbia ragione, non me ne intendo.  Ma c’è un altro articolo su Scenari economici, di cui lascio la lettura agli esperti, che fa il confronto fra Autostrade Spa e  ANAS e conclude: “A fronte di un maggior incasso per pedaggi Autostrade per l’Italia ha ridotto l’investimento in superficie di asfalto nuova fra il 2016 ed il 2017, calo che diventa del 36% se confrontato con il 2000. Se prendete delle buche sapete con chi arrabbiarvi. (…)

“Anche raddoppiando le spese ANAS per km di strada avremmo comunque una gestione molto meno costosa del sistema autostradale. (….)   Praticamente una gestione pubblica costerebbe la metà rispetto alla gestione del monopolista concessionario, anche ipotizzando un raddoppio dei costi pubblici a km“.

https://scenarieconomici.it/quanto-super-guadagna-autostrade-per-litalia-rispetto-alla-gestione-anas-leggete-e-divertitevi/

Insomma i Benetton hanno  aumentato i profitti e diminuito gli investimenti.  La società  ha diminuito gli investimenti del -26% dal 2016 al 2017.

Domando: c’è qualche motivo per cui a dei privati vengano fatto   incamerare profitti di un miliardo l’anno  nel quadro di una concessione le cui condizioni sono segrete? Ad una società che manco paga le tasse in Italia, avendo la sede in Lussemburgo?   Questa domanda ha qualche relazione col fatto che il  ministro delle infrastrutture del governo PD, Graziano Delrio, ha prolungato la lucrosissima concessione ai Benetton e a Gavio (altro gestore) fino al 2030, poco prima di scadere?

http://www.affaritaliani.it/economia/autostrade-delrio-fa-il-regalo-a-gavio-512552.html

 

 

 

 

 

Magari  c’è un do-ut-des.  Magari un segretario di partito privatizza, e emerge subito come velista da regata, proprietario di yacht. O un altro riesce a comprarsi una villa staccando assegni da 400 mila euro com niente fosse. Non lo sto affermando,  lo  domando: c’è un do ut des?

Per esempio: Enrico Letta, che da presidente del Consiglio era il  l’assegnatore della concessione di Atlantia, appena decade dalla carica, viene fatto  consigliere d’amministrazione  della società spagnola Abertis:   che è controllata da Atlantia: Niente di male, valorosi procuratori. Ma si può vedere qui un do-ut-des?

Non so, domando. AI procuratori non interessa “aprire in fascicolo”? Come i 400 che hanno aperto contro Berlusconi?   Tanto zelanti nel “dare la caccia ai 46 milioni della Lega”, non possono dar un’occhiata ai profitti immensi dei Benetton   che il  partito di potere  ha regalato loro?

L’elenco è incompleto.

Sicuramente lo Stato –  ipotizzate voi magistrati –  avrà dato la concessione segreta ai Benetton per la loro professionalità specializzata nel settore. Anche se c’è d chiedere dove mai abbiano acquisito questa   professionalità, nel loro precedente mestiere di stracciaroli inventori di un metodo di colorazione di magliette.

Acquistate senza metterci un soldo

Capitalisti senza capitali. E monopolisti senza rischio d’impresa.

Forse, direte voi, il fattore decisivo  che ha guidato  D’Alema  nel ’99 a concedere a loro quel lucroso monopolio, era la loro immensa disponibilità di capitali: ce ne vogliono, per rilevare  i 3 mila chilometri di Autostrade.  Avranno pagato sull’unghia, come si dice, migliaia di miliardi di lire. Dei loro. Grandi capitalisti come sono.

Ma  ecco che un trader, Giovanni Zibordi, nega. “Va ricordato che i Benetton si comprarono Autostrade senza in pratica spendere soldi loro, perchè la comprarono  attraverso una società ad hoc che si caricò di debiti per pagare l’acquisto e poi la fusero con Autostrade, trasferendo così il debito su Autostrade stesse…”.

Certo, questo   si chiama Leveraged buy-out, va di moda,è perfettamente legale – anche se non capisco perché,  visto che consente ad un capitalista senza capitali propri di  comprare grandissime imprese, pagandole con il saccheggio delle imprese   acquisite. Non dovrebbe essere legale soprattutto quando si tratta di imprese di Stato e monopoli naturali: perché allora saremmo capaci tutti di concorrere facendo altrettanto. L’Italia è piena  di capitalisti senza capitale, che in collusione col governo “comprano” in questo modo  grossissimi tesori: fece lo stesso Colaninno, che comprò Telecom  senza  soldi suoi, pagandola poi con gli utili di Telecom. Siccome a fare il capitalista così  saremmo buoni anche noi ingenui, almeno vorremmo che una tale concessione fosse messa  all’asta, libera e aperta.  E ciò, senza voler girare il coltello nella piaga, facendo notare come in questo modo, i capitalisti non fanno avanzare il  sistema industriale italiano, ma lo depauperano e depredano, facendogli perdere valore.  Ciò vale tanto più per i Benetton, che i profitti miliardari lucrati in Italia, li hanno spesi per  comprare autostrade in Cile, terreni in Argentina  e altrove?

Prima, quando le Autostrade erano IRI,  reinvestivano i profitti in manutenzione, ampliamenti della rete  e  ammodernamenti:  come dovrebbe essere moralmente richiesto quando si gestisce un monopolio di interesse pubblico. O addirittura, ridurre i prezzi del servizio,perché a questo serve il monopolio pubblico: adempiere all’obbligo  istituzionale,  per lo Stato,  di fornire il servizio  alla intera comunità nazionale alle medesime condizioni”.

Lo Stato ha fatto privatizzazioni in perdita!?

Invece D’Alema, Prodi, Amato, quelli delle privatizzazioni, hanno mancato a questo  dovere,   vendendo a privati il cui scopo non è mai stato migliorare il servizio, ma ricavarne più profitti – appunto riducendo i “costi” di manutenzione, anzitutto.

Ma  fecero le privatizzazioni, si diceva, perche lo Stato così incamerava denaro, col quale doveva ridurre il debito pubblico.

Ora, signor procuratore, ecco qui un titolo di Repubblica – un giornale “amico” –  del 2017:

“la corsa alla privatizzazioni è costata allo stato 40 miliardi”.

Ho pensato a un errore di stampa: in realtà,  si voleva scrivere che “la corsa alle privatizzazioni ha reso allo Stato 40 miliardi”; non che è “costata” 40 miliardi.

Invece è   andata proprio così, e il testo lo dice: “Se il Tesoro avesse tenuto in portafoglio tutte le principali aziende  che ha collocato a Piazza Affari”  dice – “oggi  si troverebbe in tasca 40 miliardi  in più”.  Sono una bella  cifra  40 miliardi, procuratore: nelle casse dello Stato, quel che manca da anni e che è necessario  – secondo  Savona e Bagnai – per lanciare un grande piano lavori sulle infrastrutture e  il riequipaggiamento del territorio, abbandonati dal PD ai rentiers privati : in cambio di che cosa? E’ una domanda. Il Segreto di Stato impedisce che si sappia la risposta?

Capisco il procuratore Cozzi: “Non è stata una fatalità, è stato un errore  umano”.   Errore umano, è un tocodelicato. Magari   farebbe nascere la sensazione  di voler gettare tutto sulle spalle dell’ingeger Morando  che sbagliò,  e chiuderla  lì  col  morto.  Ma  certo non sarà così. Lo si deve capire, il valoroso procuratore: gli si leggeva in faccia la preoccupazione.  Una seccatura che  sottrae risorse alla “caccia ai milioni della Lega”.  Una grossa gatta da pelare. Con nomi di intoccabili da toccare,  per cui ci vorrebbe un Di Pietro bis capace di sbatterli in galera per farli confessare. Qualcosa nella sua faccia ci dice che il procuratore Cozzi non sarà quel Di Pietro che apre la Mani Pulite del PD .  Ma potremmo sbagliare: in fondo è  quella di Genova è la procura che dà  la caccia dovunque nel mondo ai 46 milioni della Lega. E’ anche quella che ci dirà la verità sul perché la Procura di Siena ha archiviato come suicidio  questo:

Siamo tranquilli. Le nostre domande avranno risposte.

Da maurizioblondet.it (qui)