Africa, Europa, Immigrazione, Politica

Kagame: “La crisi migratoria è una creazione dell’Europa”.

Dal quotidiano ruandese The New Times riportiamo la traduzione di un’intervista al presidente Paul Kagame, che affronta temi cruciali per l’Africa visti da un’ottica – per una volta – non europeocentrica. Non sorprende che sottolinei il ruolo dell’Europa nell’attirare gli immigrati clandestini, lo scarso effetto dei miliardi di fondi affluiti in Africa (di cui molti avevano “un biglietto di ritorno”), l’atteggiamento ipocrita e presuntuoso tenuto da un’Europa peraltro in crisi. 

Il presidente Paul Kagame afferma che l’Europa ha investito miliardi in modo sbagliato e ha invitato i migranti. Considera il modello europeo di democrazia inefficiente e le élite africane problematiche.

In un’intervista esclusiva con il quotidiano austriaco Die Presse, il presidente Kagame, che si trovava nel paese europeo per il vertice di alto livello Europa-Africa che si è tenuto nella capitale Vienna, parla a lungo dei legami africani ed europei, del commercio, dell’impegno della Cina in Africa e degli aiuti.

Di seguito è riportata la versione tradotta dell’articolo originariamente pubblicato in tedesco.

Perché l’Europa ha riscoperto il suo interesse per l’Africa? A causa della crisi migratoria?

L’Europa ha trascurato l’Africa. L’Africa avrebbe dovuto essere un partner da scegliere anche solo i base alla nostra storia comune. Ma gli europei hanno semplicemente avuto un atteggiamento sbagliato. Sono stati presuntuosi.

L’Europa ha creduto di rappresentare tutto ciò che il mondo ha da offrire; che tutti gli altri potessero solo imparare dall’Europa e chiedere aiuto. Questo è il modo in cui gli europei hanno gestito l’Africa per secoli.

E questo sta cambiando ora?

Sta iniziando a cambiare. A causa di alcuni fatti.

Quali fatti?

L’Europa ha capito che le cose non sono così rosee nel suo stesso continente. La migrazione è solo una parte del problema, solo una parte di ciò per cui i cittadini europei sono scontenti. Basta guardare a tutte le proteste e al cambiamento del panorama politico. La rabbia è diretta contro gli errori commessi dalla leadership politica.

La popolazione africana raddoppierà entro il 2050. Solo per questa ragione, molte persone potrebbero prendere il cammino dell’Europa nei prossimi anni.

Non è solo una questione di dimensioni della popolazione. Quello che conta è il contesto in cui cresce la popolazione. La Cina ha 1,3 miliardi di abitanti. Tuttavia, non si sono viste legioni di cinesi migrare illegalmente in altri paesi.

Anche se la popolazione dell’Africa non crescesse, in molti posti la povertà sarebbe ancora così grande che le persone cercherebbero alternative. L’Europa ha investito miliardi su miliardi di dollari in Africa. Qualcosa deve essere andato storto.

Che cosa è andato storto?

In parte, è che questi miliardi avevano un biglietto di ritorno. Sono fluiti in Africa e poi tornati di nuovo in Europa. Questo denaro non ha lasciato nulla sul terreno in Africa.

Alcuni di questi soldi potrebbero essere scomparsi nelle tasche dei leader africani.

Supponiamo per un momento che sia così. L’Europa sarebbe davvero così pazza da riempire di denaro le tasche di ladri? Potrebbe anche esserci un’altra ragione per cui il denaro non ha prodotto risultati: perché è stato investito nel posto sbagliato.

Quindi dove dovrebbero andare i fondi per lo sviluppo?

Nell’industria, nelle infrastrutture e nelle istituzioni educative per la gioventù africana, il cui numero sta crescendo rapidamente. Questo è l’unico modo per avere un dividendo demografico.

La Cina sta investendo molto nelle infrastrutture. Le aziende cinesi stanno costruendo strade in Ruanda. I cinesi lavorano in modo più intelligente degli europei?

La Cina è attiva in Ruanda, ma non in modo inappropriato. Le nuove strade in Ruanda sono in gran parte costruite con denaro europeo. A volte ci sono subappaltatori cinesi.

Ritiene che l’impegno della Cina in Africa sia una buona cosa?

È buono, ma può ancora essere migliorato. Gli africani devono soprattutto lavorare su se stessi. In Ruanda, conosciamo la nostra capacità e quali proposte cinesi dobbiamo accettare, in modo da non sovraccaricarci di debiti. Ma ci sono anche paesi che non hanno fatto buoni accordi e ora si stanno strangolando.

Questi paesi sono incappati nella trappola del debito.

Non tutti, ma può succedere. Dipende da noi africani. Perché non sappiamo come negoziare con la Cina? Certamente i cinesi non sono qui solo come filantropi per aiutarci.

Quindi lei vede anche un problema relativo alle élite in Africa.

Decisamente. L’Africa è rimasta un continente da cui le persone semplicemente si servono.

Quale paese è servito da modello di sviluppo per lei? Singapore?

Abbiamo imparato alcune cose da Singapore. Collaboriamo ancora con Singapore oggi. Ma non abbiamo cercato di copiare nessun altro paese.

Quali sono i fattori chiave per lo sviluppo?

La prima cosa e la più importante è investire nella propria gente, nella salute e nell’educazione. In secondo luogo, devi investire denaro in infrastrutture e, in terzo luogo, in tecnologia.

Stiamo cercando di creare sistemi di valore che ci consentano di essere più efficienti: turismo, informatica, energia. Ma soprattutto vogliamo fornire una migliore educazione ai nostri cittadini per favorire l’innovazione e l’imprenditorialità.

Ha una visione su dove dovrebbe essere il suo paese tra 20 anni?

Abbiamo iniziato nel 2000 con un piano per il 2020. Ora abbiamo elaborato un nuovo piano dal 2020 al 2050, diviso in due fasi di 15 anni. La nostra visione è quella di costruire un paese stabile, sicuro, prospero e sostenibile, in cui i nostri cittadini possano vivere una vita buona in un ambiente incontaminato.

Lei è stato generale, ministro della Difesa e dal 2000 presidente…

Mi manca la mia vita come comandante militare e ministro della Difesa. (Ride). La preferivo alle sciocchezze che spesso devo affrontare.

L’ex presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, la ha fortemente criticata nel 2015 per aver cambiato la costituzione per rimanere in carica più a lungo. Si considera indispensabile per il benessere del suo paese?

Una cosa dovrebbe essere buona o cattiva solo perché Obama la vede in quel modo? In Germania, Angela Merkel ha corso per quattro elezioni. Nessuno si è inquietato. Non ho proposto io di cambiare la costituzione. Non sono stato coinvolto nella decisione, ma l’ho accettata. I ruandesi apprezzano il lavoro che ho svolto.

Chiaramente rimprovera all’Occidente di imporre i suoi standard democratici agli altri.

L’ipocrisia degli europei è sorprendente. Predicano ciò che non praticano loro stessi. Perché c’è questo fallimento in Europa? A causa della democrazia? Se democrazia significa fallimento, allora la democrazia europea non è qualcosa che dovrei praticare.

Come valuta la gestione europea della crisi dei rifugiati del 2015 ?

L’Europa ha un problema di migrazione perché non è riuscita ad affrontare il problema in anticipo. Invece di aiutare l’Africa, ha ulteriormente impoverito il continente. Non mi fraintenda: non sto dando all’Europa tutta la colpa del problema della migrazione.

È un problema condiviso. Gli africani devono chiedersi perché c’è questo caos con la gente che continua a fuggire dalle proprie terre. Di questo non può essere ritenuta responsabile l’Europa.

Ma gli europei vogliono modellare gli altri a loro immagine. Lamentano costantemente che l’Africa è piena di dittatori. Che è un modo per dire: “Noi sì che siamo liberi, l’Europa è il paradiso, vieni!”. Così l’Europa ha invitato gli africani. Fino ad oggi.

Alcuni leader dell’opposizione sono stati recentemente rilasciati dal carcere in Ruanda. Espandere lo spazio democratico è una parte della sua strategia di sviluppo?

Non sono sicuro che le persone abbiano la stessa cosa in mente quando parlano di democrazia. E cosa intende per “leader dell’opposizione”? Uno di loro ha infranto ogni tipo di regola quando si è proposta come candidata alla presidenza.

Questa storia è stata poi presentata come se volessi impedirle di partecipare alle elezioni. Questa donna avrebbe avuto zero possibilità di vincere anche alle elezioni come sindaco.

Se lei è così popolare, la repressione non dovrebbe essere necessaria.

Che cos’è la democrazia? Permettere ai malfattori di ottenere il sopravvento? L’altra donna che è stata rilasciata era stata condannata per avere collaborato con gli autori di genocidio. In altri paesi sarebbe stata giustiziata.

Allora, perché è stata rilasciata?

Abbiamo concesso la clemenza a molti. La nostra stessa gente ci richiama all’ordine, quando vedono assassini per le strade. Non ci fa piacere farlo, ma vogliamo avere un futuro comune nel nostro paese.

Quanto è fragile l’equilibrio in Ruanda? Solo 24 anni fa furono massacrate 800.000 persone.

Stiamo cercando di guarire la società. Molti parenti delle vittime lo trovano difficile da capire. Parliamo con loro. La politica non è un gioco. Riguarda la vita delle persone.

Die Presse

Christian Ultsch, 24 dicembre 2018

Cristiani, Diritti umani, Immigrazione

L’Europa non accoglie i cristiani perseguitati in Siria

Una guerra, quella in Siria, che inizia ad occupare più i libri di storia che le pagine dell’attualità. Oramai i dubbi principali riguardano per la verità lo status delle regioni in mano alle forze filo curde dell’Sdf e la provincia di Idlib. Ma il conflitto sembra perdere intensità sotto il profilo militare, anche se le sue conseguenze in Siria ed in medio oriente sono destinate a produrre importanti effetti ancora per anni. Tra tutte, emerge la situazione dei cristiani: essi nel paese sono sempre di meno e, soprattutto, sempre più vulnerabili.

“I cristiani adesso sono solo il 2%” 

Nei giorni scorsi a lanciare l’allarme è il cardinale Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria: “Prima del conflitto, i cristiani in Siria costituiscono il 10% della popolazione e vivono in maniera piuttosto integrata”. Adesso, secondo il rappresentante del Vaticano a Damasco, il numero dei cristiani in Siria rappresenta soltanto il 2% della popolazione. Si rischia, di fatto, la fine della comunità cristiana in uno dei paesi dove i non musulmani hanno potuto vivere in condizioni adeguate ed anzi dove la stessa comunità è tra le principali artefici della nascita del moderno Stato siriano. Il problema non riguarda soltanto le zone occupate dall’Isis dal 2014 al 2017. Lì il califfato pone in essere in quegli anni una feroce persecuzione contro i cristiani, molti dei quali vengono uccisi oppure costretti a rifugiarsi in altre zone della Siria. Ma anche in quelle parti del paese dove l’Isis non mette piede, la situazione non va meglio.

Questo perchè inizia ad esserci una certa diffidenza ed una non indifferente paura nel rimanere in Siria. Aleppo, Homs e Damasco per anni rimangono sotto la concreta minaccia jihadista e con diversi quartieri occupati da miliziani islamisti. In quelle condizioni vivere normalmente per i cristiani è certamente impossibile. Da qui la fuga verso l’estero, Libano su tutti. Ma proprio in relazione al massiccio esodo dei cristiani verso altri paesi, emergono altri dati importanti: l’Europa sembra non volerli accogliere.

L’emblema del caso inglese

Trovare rifugio nel vecchio continente per un cristiano perseguitato in Siria o nel resto del medio oriente, durante gli anni più bui della presenza del califfato sembra impossibile. Il caso diventa politico in Gran Bretagna, dove alcuni dati dimostrano come, quasi paradossalmente, il numero dei cristiani ospitati è esiguo rispetto alla complessità del problema. Ad esempio, nel 2017 il governo di Londra accoglie le domande di asilo da parte di 4.850 siriani. Di questi, solo 11 sono cristiani. La Gran Bretagna è lo stesso paese, per rimanere in tema, che decide di non accogliere Asia Bibi, ossia la donna pachistana accusata di blasfemia e minacciata di morte anche dopo la sua liberazione. Lei adesso dovrebbe andare in Canada, il foreign office di Londra dichiara pericoloso per le proprie sedi diplomatiche e per la sicurezza accogliere la ragazza cristiana. Questo la dice lunga sul clima che si respira sotto questo fronte in Gran Bretagna: per un cristiano, chiedere asilo è più difficile. A Londra come, del resto, anche in altri paesi del vecchio continente.

Quello britannico è un caso emblematico in quanto, proprio pochi giorni fa, il ministro degli esteri Jeremy Hunt lancia una sorta di mea culpa: “Tra tutte le persone perseguitate per la loro fede nel mondo – dichiara il titolare della diplomazia del Regno Unito – l’80% sono cristiani. Il nostro retaggio coloniale ed i nostri sensi di colpa relativi al periodo coloniale hanno impedito al paese di fare abbastanza per proteggere i cristiani”. Un’ammissione ed un passo indietro che confermano politicamente la portata dei numeri sulla Siria sopra elencati. Hunt a dicembre ha già dato incarico al vescovo Philip Mounstephen di guidare una commissione incaricata di fare luce sui casi di persecuzione religiosa nel mondo e, in particolare, sulla situazione dei cristiani.

Per quanto riguarda la Siria, la speranza è che con un conflitto meno intenso e con le principali città tornate sotto il controllo del governo, adesso i tanti cristiani fuggiti possano tornare. Ma è chiaro che l’ammissione di Londra sulla tutela dei cristiani deve suonare, oggi più che mai, come un campanello d’allarme sulla paradossale discriminazione dei cristiani che chiedono rifugio nel vecchio continente.

Fonte: occhidellaguerra.it (qui) Articolo di M. Indelicato dell’8 febbraio 2019.

Immigrazione, Politica, Sinistra

La tesi di sinistra contro i confini aperti – II Parte ⎮ vocidallestero.it

Il grande business e le lobby del libero mercato, per promuovere aggressivamente i propri interessi, hanno creato un culto fanatico a difesa delle tesi open border – un prodotto fatto proprio da una classe urbana creativa, tecnologica, dei media e della conoscenza, che fa i propri interessi oggettivi di classe per mantenere a buon mercato i propri effimeri stili di vita e salvaguardare le proprie carriere. La sinistra liberale ha rivenduto il prodotto aggiungendovi il ricatto morale e la pubblica vergogna nei confronti dei popoli, accusati di atti inumani verso i migranti. Eppure, una vera sinistra dovrebbe tornare a guardare alle proprie tradizioni e cercar di migliorare le prospettive dei poveri del mondo. La migrazione di massa in sé non ci riuscirà: crea impoverimento per i lavoratori nei paesi ricchi e una fuga di cervelli in quelli poveri. L’unica vera soluzione è correggere gli squilibri dell’economia globale e ristrutturare radicalmente un sistema progettato per aiutare i ricchi a scapito dei poveri, riprendendo il controllo degli stati, delle politiche commerciali e del sistema finanziario globale. 

La prima parte (qui).

INTERESSI SOCIETARI E RICATTO MORALE

Le frontiere aperte non hanno un mandato pubblico, ma le politiche dell’immigrazione che pongono l’onere della loro applicazione sui datori di lavoro anziché sui migranti suscitano un sostegno travolgente. Secondo un sondaggio del Washington Post e di ABC News, il supporto all’utilizzo obbligatorio del sistema federale di verifica dell’occupazione (E-Verify), che impedirebbe ai datori di lavoro di sfruttare il lavoro illegale, è quasi all’80%, più del doppio del sostegno alla costruzione del muro lungo il confine messicano [11]. Allora perché le campagne presidenziali ruotano attorno alla costruzione di un lungo muro di confine? Perché gli attuali dibattiti sull’immigrazione ruotano intorno alle controverse tattiche dell’ICE per colpire i migranti, soprattutto quando il metodo più umano e popolare, imporre ai datori di lavoro l’onere di assumere in primo luogo forza lavoro legale, è anche il più efficace? [12]. La risposta, in breve, è che le lobby delle imprese hanno bloccato e sabotato i tentativi come E-Verify per decenni, mentre la sinistra dei confini aperti ha abbandonato qualsiasi seria discussione su questi temi.

Recentemente, la Western Growers Association e la California Farm Bureau Federation [associazioni di categoria degli agricoltori, in California e negli Stati Uniti sud-occidentali, ndr], tra gli altri, hanno bloccato una legge che avrebbe reso obbligatorio l‘E-Verify, nonostante diverse concessioni a favore delle aziende [13]. I democratici sono stati totalmente assenti da questo dibattito. Di conseguenza, i lavoratori delle economie devastate dall’agricoltura statunitense continueranno a essere invitati nel paese con la promessa di lavorare, per essere sfruttati come lavoratori a basso costo e illegali. Mancando di pieni diritti legali, sarà impossibile sindacalizzare questi non-cittadini, che saranno tenuti nella costante paura di essere arrestati e criminalizzati.

Non esiste una crisi migratoria” è diventato uno slogan comune adesso tra i sostenitori delle frontiere aperte – e tra molti commentatori tradizionali. Ma che piaccia o no, livelli così alti di migrazione di massa da essere radicalmente rivoluzionari sono impopolari in ogni parte della società e in tutto il mondo. E le persone tra le quali sono impopolari, i cittadini, hanno il diritto di voto. Quindi la migrazione produce sempre più una crisi fondamentale della democrazia. Qualsiasi partito politico che intenda governare dovrà accettare la volontà del popolo, o dovrà reprimere il dissenso per imporre l’agenda dei confini aperti. Molti nella sinistra libertaria sono tra i sostenitori più aggressivi di quest’ultima soluzione. E per cosa? Per fornire una copertura morale allo sfruttamento? Per garantire che i partiti di sinistra, che potrebbero effettivamente affrontare uno qualsiasi di questi temi più approfonditamente a un livello internazionale, rimangano senza potere?

Chi vuole diffondere l’immigrazione ha due armi chiave. Una è il grande business e gli interessi finanziari che lavorano tutti dalla loro parte, ma un’arma ugualmente potente – impugnata con più esperienza dai sostenitori dell’immigrazione a sinistra – è il ricatto morale e la vergogna pubblica. Le persone hanno ragione nel vedere come moralmente sbagliati i maltrattamenti ai migranti. Molte persone sono preoccupate per la crescita del razzismo e dell’indifferenza verso le minoranze, che spesso accompagna il sentimento anti-immigrazione. Ma la posizione dei confini aperti non è all’altezza del loro personale codice morale.

Ci sono molti vantaggi e svantaggi economici in alti livelli di immigrazione, ma è più probabile che abbiano un impatto negativo sui lavoratori indigeni poco qualificati e a basso salario, mentre se ne avvantaggiano i lavoratori nativi più ricchi e il settore delle imprese. Come ha sostenuto George J. Borjas, funziona come una sorta di redistribuzione della ricchezza verso l’alto [14]. Uno studio del 2017 dell’Accademia Nazionale delle Scienze intitolato “Le conseguenze economiche e fiscali dell’immigrazione” ha rilevato che le attuali politiche sull’immigrazione hanno provocato effetti negativi in misura sproporzionata sui poveri e le minoranze americane, una scoperta che non sarebbe stata una sorpresa per personaggi come Marcus Garvey o Frederick Douglass. Senza dubbio anche loro, in base agli attuali standard, dovrebbero essere considerati “anti-immigrati”  per il fatto di aver richiamato l’attenzione sulle conseguenze.

In un discorso pubblico sull’immigrazione, Hillary Clinton ha dichiarato: “Credo che quando avremo milioni di immigrati laboriosi che contribuiscono alla nostra economia, sarebbe controproducente e disumano cercare di cacciarli” [15]. In un discorso privato, tenuto per i banchieri latino-americani, è andata oltre: “Il mio sogno è un mercato comune emisferico, con scambi aperti e confini aperti, ad un certo punto nel futuro, con un’energia che sia il più sostenibile e verde possibile” [16] (anche se in seguito dichiarò che intendeva che i confini fossero aperti solo per l’energia). Queste affermazioni, naturalmente, hanno fatto impazzire la destra anti-immigrazione e pro-Trump. Forse più rivelatrice, tuttavia, è la convergenza tra la sinistra dei confini aperti e la “rispettabile” destra pro-business, che è stata incarnata nelle dichiarazioni della Clinton. In un recente articolo di National Review in risposta al “nazionalismo” di Trump, Jay Cost ha scritto: “Per dirla senza mezzi termini, non dobbiamo piacerci l’un l’altro, purché continuiamo a fare soldi l’uno con l’altro. Questo è ciò che ci manterrà uniti“. In questo mostruoso sub-thatcherismo, i Buckleyiti [i conservatori americani – da William Buckley, intellettuale e scrittore americano, ritenuto uno dei padri della Nuova Destra, ndt] parlano esattamente come i “cosmopoliti” liberali – ma senza il fascino o l’estro dell’autoinganno morale.

Come figlia di migranti, e avendo trascorso la maggior parte della mia vita in un paese con livelli di emigrazione persistentemente elevati – l’Irlanda – ho sempre considerato la questione della migrazione in modo diverso rispetto ai miei benintenzionati amici di sinistra nelle grandi economie che dominano il mondo. Quando l’austerità e la disoccupazione hanno colpito l’Irlanda, dopo che miliardi di denaro pubblico sono stati utilizzati per salvare il settore finanziario nel 2008, ho visto il mio intero gruppo di amici andarsene e non tornare mai più. Questo non è solo un problema tecnico. Tocca il cuore e l’anima di una nazione, come una guerra. Significa la costante emorragia di giovani generazioni idealistiche ed energiche, che normalmente ringiovaniscono e ri-prefigurano una società. In Irlanda, come in ogni paese ad alta emigrazione, ci sono sempre state campagne e movimenti anti-emigrazione, guidati dalla sinistra, che chiedevano la piena occupazione in tempi di recessione. Ma raramente sono abbastanza forti da resistere alle forze del mercato globale. Nel frattempo, le élite al potere durante un periodo di rabbia popolare, colpevoli e nervose, sono fin troppo felici di vedere una generazione potenzialmente radicale disperdersi in tutto il mondo.

Sono sempre stupito dall’arroganza e dalla strana mentalità imperiale dei progressisti britannici e americani pro-open border che credono di compiere un atto di carità illuminata quando “accolgono” i dottori di ricerca provenienti dall’Europa orientale o dal Centro America, portandoli a giro e servendo loro cibo. Nelle nazioni più ricche, la difesa delle frontiere aperte sembra funzionare come un culto fanatico tra veri credenti – un prodotto del grande business e delle lobby del libero mercato fatto proprio da un gruppo più ampio della classe urbana creativa, tecnologica, dei media e della conoscenza, che sta facendo i propri interessi oggettivi di classe per mantenere a buon mercato i propri effimeri stili di vita e intatte le proprie carriere, ripetendo a pappagallo l’ideologia istituzionale delle proprie aziende. La verità è che la migrazione di massa è una tragedia, e la classe medio-alta che ci moralizza sopra è una farsa. Forse gli ultra-ricchi possono permettersi di vivere in un mondo senza confini di cui sono aggressivi sostenitori, ma la maggior parte della gente ha bisogno – e vuole –  un’organizzazione politica coerente e sovrana per difendere i propri diritti di cittadini.

DIFENDERE GLI IMMIGRATI, OPPORSI ALLO SFRUTTAMENTO SISTEMATICO

Se le frontiere aperte sono “una proposta dei fratelli Koch”, a cosa somiglierebbe una autentica posizione di sinistra sull’immigrazione? In questo caso, invece di canalizzare Milton Friedman, la sinistra dovrebbe orientarsi sulla base delle sue antiche tradizioni. I progressisti dovrebbero concentrarsi sull’affrontare lo sfruttamento sistemico alla radice della migrazione di massa piuttosto che ritirarsi verso un moralismo superficiale che legittima queste forze di sfruttamento. Ciò non significa che la sinistra debba ignorare le ingiustizie nei confronti degli immigrati. Dovrebbe difendere vigorosamente i migranti dai trattamenti inumani. Allo stesso tempo, qualsiasi sinistra sincera deve prendere una linea dura contro gli attori societari, finanziari e di altro tipo che creano le circostanze disperate alla base della migrazione di massa (che, a sua volta, produce la reazione populista contro di essa). Solo una forte sinistra nazionale nei paesi piccoli e in via di sviluppo – agendo di concerto con una sinistra impegnata a porre fine alla finanziarizzazione e allo sfruttamento del lavoro globale nelle grandi economie – potrebbe avere qualche speranza di affrontare questi problemi.

Per cominciare, la sinistra deve smettere di citare la propaganda più recente del Cato Institute e ignorare gli effetti dell’immigrazione sul lavoro nazionale, in particolare sui lavoratori poveri che rischiano di soffrire in modo sproporzionato a causa dell’ampliamento dell’offerta di lavoro. Le politiche dell’immigrazione dovrebbero essere progettate per garantire che il potere contrattuale dei lavoratori non sia messo significativamente a repentaglio. Ciò è particolarmente vero in periodi di stagnazione salariale, sindacati deboli ed enorme disuguaglianza.

Per quanto riguarda l’immigrazione clandestina, la sinistra dovrebbe sostenere gli sforzi per rendere obbligatorio l’E-Verify e spingere per sanzioni severe ai datori di lavoro che non lo rispettano. I datori di lavoro, non gli immigrati, dovrebbero essere al centro delle attività di controllo. Questi datori di lavoro approfittano di immigrati privi dell’ordinaria protezione legale al fine di perpetuare una corsa al ribasso dei salari, evitando allo stesso tempo di pagare i contributi ed erogare altri benefici. Tali incentivi devono essere eliminati se tutti i lavoratori devono essere trattati in modo equo.

Trump si è lamentato in modo alquanto ignobile delle persone provenienti dai “cesso di paesi” del terzo mondo e ha portato i norvegesi come esempio di immigrati ideali. Ma i norvegesi venivano in America in gran numero una volta, quando erano poveri e disperati. Ora che hanno una democrazia sociale prospera e relativamente egualitaria, costruita sulla proprietà pubblica delle risorse naturali, non vogliono più venire [17]. In definitiva, la motivazione all’immigrazione di massa persisterà fino a quando i problemi strutturali che ne sono alla base rimarranno.

Ridurre le tensioni causate dalle migrazioni di massa richiede quindi di migliorare le prospettive dei poveri del mondo. La migrazione di massa in sé non ci riuscirà: crea una corsa verso il basso per i lavoratori nei paesi ricchi e una fuga di capacità e competenze in quelli poveri. L’unica vera soluzione è correggere gli squilibri nell’economia globale e ristrutturare radicalmente un sistema di globalizzazione progettato per aiutare i ricchi a scapito dei poveri. Ciò comporta, per cominciare, cambiamenti strutturali delle politiche commerciali che impediscono il necessario sviluppo, guidato dallo stato, nelle economie emergenti. Si devono contrastare anche gli accordi commerciali anti-lavoro come il Nafta. È ugualmente necessario affrontare un sistema finanziario che incanala il capitale dai paesi in via di sviluppo nelle bolle patrimoniali nei paesi ricchi, che aumentano le diseguaglianze. Infine, sebbene le sconsiderate politiche estere dell’amministrazione di George W. Bush siano state screditate, sembra continuare a vivere la tentazione di impegnarsi in crociate militari. Ci si dovrebbe opporre. Le invasioni straniere guidate dagli Stati Uniti hanno ucciso milioni di persone in Medio Oriente, creato milioni di rifugiati e migranti e devastato infrastrutture basilari.

Oggi,  mentre assistiamo all’ascesa di vari movimenti identitari in tutto il mondo, dovrebbe risuonare l’argomentazione di Marx secondo cui la classe lavoratrice inglese dovrebbe vedere la nazione irlandese come un potenziale complemento alla sua lotta, piuttosto che come una minaccia alla sua identità. La confortante illusione che gli immigranti vengano qui perché amano l’America è incredibilmente naif – naif quanto sostenere che gli immigrati irlandesi del XIX secolo descritti da Marx amassero l’Inghilterra. La maggior parte dei migranti emigra per necessità economiche e la stragrande maggioranza preferirebbe avere migliori opportunità a casa propria, con la propria famiglia e coi propri amici. Ma tali opportunità sono impossibili all’interno dell’attuale forma di globalizzazione.

Proprio come nella situazione descritta da Marx dell’Inghilterra dei suoi tempi, politici come Trump galvanizzano la propria base suscitando sentimenti anti-immigrazione, ma raramente, se non mai, affrontano lo sfruttamento strutturale – sia in patria che all’estero – e cioè la causa che sta alla radice della migrazione di massa. Spesso, aggravano questi problemi, ampliando il potere dei datori di lavoro e del capitale contro il lavoro, mentre indirizzano la rabbia dei loro sostenitori – spesso le vittime di questi poteri – contro altre vittime, gli immigrati. Ma nonostante tutte le spacconate anti-immigrazione di Trump, la sua amministrazione non ha fatto praticamente nulla per espandere l’implementazione di E-Verify, preferendo invece vantarsi di un muro di confine che non sembra materializzarsi mai [18]. Mentre le famiglie vengono separate al confine, l’amministrazione chiude un occhio sui datori di lavoro che usano gli immigrati come pedine in un gioco di arbitraggio del lavoro.

D’altra parte, i fautori della sinistra dei confini aperti potrebbero cercare di convincersi che stanno adottando una posizione radicale. Ma in pratica stanno solo sostituendo la ricerca dell’eguaglianza economica con la politica del grande business, mascherata da virtuoso identitarismo. L’America, che è ancora uno dei paesi più ricchi del mondo, dovrebbe essere in grado non solo di giungere alla piena occupazione, ma a un salario dignitoso per tutti, compresi quei lavori che i sostenitori delle frontiere aperte dichiarano che “gli americani non vogliono fare”. Dovrebbero essere condannati i datori di lavoro che sfruttano illegalmente i migranti per il lavoro a basso costo – con grande rischio per i migranti stessi – non i migranti che stanno semplicemente facendo ciò che le persone hanno sempre fatto quando affrontano le avversità economiche. Fornendo una involontaria copertura agli interessi della élite al potere, la sinistra rischia una significativa crisi esistenziale, poiché le persone comuni si orientano sempre di più verso i partiti di estrema destra. In questo momento di crisi, la posta in gioco è troppo alta per continuare a sbagliare.

Fonte: vocidallestero.it (qui) Articolo di Angela Nagel

 

NOTE
[11] “Immigration, DACA, Congress, and Compromise,” Washington Post, Oct. 20, 2017.
[12] Pia M. Orrenius and Madeline Zavodny, “Do State Work Eligibility Verification Laws Reduce Unauthorized Immigration?,” IZA Journal of Migration 5, no. 5 (December 2016).
[13] Dan Wheat, “Ag Groups Split over Latest House Labor Bill,” Capital Press, July 17, 2018.
[14] George Borjas, “Yes, Immigration Hurts American Workers,” Politico, September/October 2016.
[15] Borjas.
[16] Chris Matthews, “What’s Important about the Clinton Campaign’s Leaked Emails on Free Trade,” Fortune, Oct. 11, 2016.
[17] Krishnadev Calamur, “Why Norwegians Aren’t Moving to the U.S.,” Atlantic, Jan. 12, 2018.
[18] Tracy Jan, “Trump Isn’t Pushing Hard for This One Popular Way to Curb Illegal Immigration,” Washington Post, May 22, 2018.
Globalizzazione, Immigrazione, Politica, Sinistra

La sinistra è sempre stata contro le immigrazioni di massa. Poi si è venduta al neoliberismo… ⎮ vocidallestero.it

Com’è stato possibile che in questi ultimi anni la sinistra sia diventata propugnatrice delle tesi open border, nate all’interno dei circoli anarco-capitalisti e da sempre sostenute dai think tank della destra economica radicale? Come può non rendersi conto che la libertà di migrare, lungi dall’essere un diritto inviolabile dell’uomo, non è altro che una delle quattro libertà fondamentali di circolazione alla base della dottrina economica neoclassica – nello specifico quella della forza lavoro – e che come tale viene fortemente sostenuta proprio dal grande business? Questo lungo articolo tratto da American Affairs, che presentiamo in due puntate, cerca di spiegare i sommovimenti storici e culturali – che gettano come sempre le radici nella svolta reazionaria neoliberale degli anni ’80, innescata dalle politiche di Reagan e della Tatcher – che hanno prodotto questa mutazione antropologica della sinistra, passata dalle tradizionali posizione anti-immigrazioniste legate al movimento operaio e sindacale all’accettazione dogmaticamente moralistica dei confini aperti.

Prima del “Costruite il muro!”, c’era il “Butti giù questo muro!”. Nel suo famoso discorso del 1987, Ronald Regan chiese che la “cicatrice” del Muro di Berlino fosse cancellata e ribadì che l’oltraggiosa restrizione alla circolazione che esso rappresentava equivaleva niente di meno che a una “questione di libertà per tutto il genere umano”. Continuò dicendo che quelli che “rifiutavano di unirsi alla comunità della libertà” sarebbero “stati superati” come risultato dell’irresistibile forza del mercato globale. E così fu. Per celebrare, Leonard Bernstein ha diretto una rappresentazione dell’”Inno alla gioia” e Roger Waters si è esibito in “The Wall”. Le barriere alla mobilità del lavoro e dei capitali crollarono in tutto il mondo; fu dichiarata la fine della storia; e seguirono decenni di globalizzazione dominata dagli Stati Uniti.

Nei suoi 29 anni di esistenza, circa 140 persone sono morte cercando di superare il Muro di Berlino. Nel mondo promesso della libertà e della prosperità economiche globali, sono morte 412 persone soltanto l’anno scorso nel tentativo di attraversare il confine tra Messico e Stati Uniti, e più di tremila sono morte l’anno prima nel Mediterraneo. Delle canzoni pop e dei film di Hollywood sulla libertà non c’è traccia. Cosa è andato storto?

Naturalmente, il progetto reaganiano non si concluse col crollo dell’Unione Sovietica. Reagan – e i suoi successori di entrambi i partiti – ha usato la stessa retorica trionfalistica per vendere lo svuotamento dei sindacati, la liberalizzazione delle banche, l’espansione delle esternalizzazioni, e la globalizzazione dei mercati lontano dal peso morto degli interessi economici nazionali.

Per questo progetto è stato centrale l’attacco neoliberale alle barriere nazionali alla circolazione della forza lavoro e dei capitali. In casa, Reagan sovrintese a una delle più significative riforme a favore dell’immigrazione nella storia americana, il “Reagan Amnesty” del 1986, che ampliò il mercato del lavoro permettendo a milioni di migranti illegali di ottenere uno status legale.

Inizialmente, i movimenti popolari che lottavano contro differenti elementi di questa visione post-Guerra Fredda insorsero da sinistra, nella forma di movimenti anti-globalizzazione e successivamente di Occupy Wall Street. Ma, mancando del potere negoziale per sfidare il capitale internazionale, questi movimenti di protesta non si risolsero in nulla. Il sistema economico globalizzato e finanziarizzato ha tenuto nonostante tutte le devastazioni che ha provocato, anche durante la crisi finanziaria del 2008.

Oggi, il movimento anti-globalizzazione di gran lunga più visibile ha preso la forma di una forte reazione contro i migranti, guidata da Donald Trump e altri “populisti”. La sinistra, nel frattempo, non sembra avere altre opzioni che ritrarsi inorridita dal “Muslim ban” di Trump e dalle nuove storie sull’ICE che bracca le famiglie di migranti; può soltanto reagire contro qualsiasi cosa Trump stia facendo. Se Trump è a favore dei controlli sull’immigrazione, la sinistra chiederà l’opposto. E così oggi i discorsi sui “confini aperti” sono entrati nel dibattito liberale mainstream, quando una volta erano confinati ai think tank radicali del libero mercato e ai circoli anarco-libertari.

Anche se nessun importante partito politico di sinistra sta offrendo proposte concrete per una società realmente senza confini, accogliendo gli argomenti morali della sinistra open-border e gli argomenti economici dei think tank del libero mercato, la sinistra si è messa all’angolo. Se “nessun essere umano è illegale!”, come affermano i canti di protesta, la sinistra sta implicitamente accettando la tesi morale a favore di nessuna frontiera o sovranità nazionale. Ma quali implicazioni avrà l’immigrazione illimitata su progetti come la sanità e l’educazione pubbliche universali, o la garanzia dei lavori federali? E come potranno i progressisti spiegare questi obiettivi in modo convincente all’opinione pubblica?

Durante la campagna delle primarie democratiche del 2016, quando il redattore di Vox Ezra Klein suggerì le politiche open border a Bernie Sanders, il senatore com’è noto dimostrò la sua età rispondendo: “Confini aperti? No. Quella è una proposta dei fratelli Koch” [1]. Questo per un attimo portò confusione nella narrazione ufficiale, e Sanders fu velocemente accusato di “parlare come Donald Trump”. Sotto le differenze generazionali rivelate da questo scambio, in ogni caso, c’è un tema più grande. La distruzione e l’abbandono delle politiche del lavoro implicano che, al momento, i temi dell’immigrazione possano essere messi in scena soltanto all’interno della cornice di una cultura di guerra, combattuta interamente sul terreno morale. Nelle intense emozioni del dibattito pubblico americano sulla migrazione, prevale una semplice dicotomia morale e politica. È “di destra” essere “contro l’immigrazione” e “di sinistra” essere “a favore dell’immigrazione”. Ma l’economia della migrazione racconta una storia diversa.

GLI UTILI IDIOTI

La trasformazione della posizione open border in una posizione di “sinistra” è un fenomeno del tutto nuovo ed è in contrasto con la storia della sinistra organizzata in diversi modi fondamentali. I confini aperti sono da lungo tempo un grido di battaglia per la destra degli affari e del libero mercato. Attingendo da economisti neoclassici, questi gruppi hanno sostenuto la liberalizzazione della migrazione sulla base della razionalità del mercato e della libertà economica. Si oppongono ai limiti alla migrazione per le stesse ragioni per cui si oppongono alle restrizioni sui movimenti di capitali. Il Cato Institute, finanziato dai Koch, che promuove anche l’abolizione delle restrizioni legali sul lavoro minorile, ha prodotto una difesa radicale delle frontiere aperte per decenni, sostenendo che il sostegno alle frontiere aperte è un principio fondamentale del libertarismo e “Dimenticate il muro, è già tempo che gli Stati Uniti abbiano confini aperti” [2]. L’Adam Smith Institute ha fatto lo stesso, sostenendo che “le restrizioni all’immigrazione ci rendono più poveri” [3].

Seguendo Reagan e figure come Milton Friedman, George W. Bush ha sostenuto la liberalizzazione della migrazione prima, durante e dopo la sua presidenza. Grover Norquist, zelante difensore dei tagli fiscali di Trump (e di Bush e di Reagan), per anni si è scagliato contro l’intolleranza dei sindacati, ricordandoci che “l’ostilità verso l’immigrazione è stata tradizionalmente una causa sindacale” [4].

Non ha torto. Dalla prima legge che limitava l’immigrazione nel 1882 a Cesar Chavez e ai famosi lavoratori multietnici della United Farm che protestavano contro l’uso e l’incoraggiamento, da parte dei datori di lavoro, dell’emigrazione illegale nel 1969, i sindacati si sono spesso opposti alla migrazione di massa. Videro l’importazione deliberata di lavoratori illegali a basso salario come un indebolimento del potere contrattuale della forza lavoro e come forma di sfruttamento. Non c’è modo di aggirare il fatto che il potere dei sindacati dipende per definizione dalla loro capacità di limitare e ritirare l’offerta di lavoro, cosa che diventa impossibile se un’intera forza lavoro può essere sostituita facilmente ed economicamente. Le frontiere aperte e l’immigrazione di massa sono una vittoria per i padroni.

E i padroni la supportano quasi universalmente. Il think tank e organizzazione di lobbying di Mark Zuckerberg, Forward, che promuove la liberalizzazione delle politiche migratorie, elenca tra i suoi “fondatori e finanziatori” Eric Schmidt e Bill Gates, nonché amministratori delegati e dirigenti di YouTube, Dropbox, Airbnb, Netflix, Groupon, Walmart , Yahoo, Lyft, Instagram e molti altri. La ricchezza personale cumulata rappresentata da questa lista è sufficiente a influenzare pesantemente la maggior parte delle istituzioni di governo e dei parlamenti, se non a comprarli del tutto. Sebbene spesso celebrati dai progressisti, le motivazioni di questi miliardari “liberali” sono chiare. Non dovrebbe sorprendere la loro generosità verso i repubblicani dogmaticamente schierati contro il lavoro, come Jeff Flake della famosa “Gang of Eight“.

Certo, l’opposizione sindacale alla migrazione di massa nelle epoche precedenti è stata a volte mescolata con il razzismo (che era presente in tutta la società americana). Ciò che viene omesso nei tentativi dei libertari di diffamare i sindacati come “i veri razzisti”, tuttavia, è che ai tempi dei sindacati forti, questi erano in grado di usare il loro potere anche per organizzare campagne di solidarietà internazionale con i movimenti dei lavoratori in tutto il mondo. I sindacati hanno aumentato i salari di milioni di membri non bianchi, mentre oggi si stima che la de-sindacalizzazione costi ai maschi neri americani 50 dollari a settimana [5].

Durante la rivoluzione neoliberale di Reagan, il potere sindacale subì un duro colpo dal quale non si è mai più ripreso e i salari sono rimasti fermi per decenni. Sotto questa pressione, la sinistra stessa ha subito una trasformazione. In assenza di un potente movimento operaio, è rimasta radicale nella sfera della cultura e della libertà individuale, ma può offrire poco più di proteste inoffensive e appelli al noblesse oblige nella sfera dell’economia.

Con le immagini oscene di migranti a basso reddito che vengono braccati come criminali dall’ICE, di altri che affogano nel Mediterraneo, e la preoccupante crescita del sentimento anti-immigrazione in tutto il mondo, è facile capire perché la sinistra vuole impedire che i migranti illegali diventino bersagli e vittime. E con ragione. Ma agendo sulla base del giusto impulso morale a difendere la dignità umana dei migranti, la sinistra ha finito per trascinare la linea del fronte troppo indietro, difendendo efficacemente lo stesso sistema di sfruttamento della migrazione.

I benintenzionati attivisti di oggi sono diventati gli utili idioti del grande business. Adottando la difesa dei “confini aperti” – e un feroce assolutismo morale che considera ogni limite alla migrazione come un male indicibile – qualsiasi critica al sistema di sfruttamento delle migrazioni di massa viene effettivamente respinta come bestemmia. Persino politici saldamente di sinistra, come Bernie Sanders negli Stati Uniti e Jeremy Corbyn nel Regno Unito, sono accusati di “nativismo” dai critici se riconoscono a un certo punto la legittimità delle frontiere o delle restrizioni sulla migrazione. Questa radicalismo delle frontiere aperte in definitiva giova alle élite dei paesi più potenti del mondo, indebolisce ulteriormente il lavoro organizzato, deruba il mondo in via di sviluppo di professionisti di cui ha disperato bisogno e mette i lavoratori contro i lavoratori.

Ma la sinistra non ha bisogno di credermi sulla parola. Basta chiedere a Karl Marx, la cui posizione sull’immigrazione lo farebbe bandire dalla sinistra moderna. Anche se la velocità e le dimensioni attuali dei fenomeni di migrazione sarebbero stati impensabili ai tempi di Marx, egli espresse una visione estremamente critica degli effetti della migrazione che si verificò nel diciannovesimo secolo. In una lettera a due dei suoi compagni di viaggio americani, Marx sosteneva che l’importazione di immigrati irlandesi poco pagati in Inghilterra li costringeva a una concorrenza ostile con i lavoratori inglesi. Lo vedeva come parte di un sistema di sfruttamento, che divideva la classe operaia e che rappresentava un’estensione del sistema coloniale. Scrisse:

A causa della concentrazione sempre crescente delle locazioni, l’Irlanda invia costantemente il proprio surplus umano al mercato del lavoro inglese, e quindi fa scendere i salari e riduce la posizione materiale e morale della classe operaia inglese.

E la cosa più importante di tutte! Ogni centro industriale e commerciale in Inghilterra ora possiede una classe operaia divisa in due campi ostili, proletari inglesi e proletari irlandesi. Il comune lavoratore inglese odia il lavoratore irlandese come un concorrente che abbassa il suo tenore di vita. Rispetto all’operaio irlandese, si considera membro della nazione dominante e conseguentemente diventa uno strumento dell’aristocrazia e dei capitalisti inglesi contro l’Irlanda, rafforzando così il loro dominio su se stesso. Ama i pregiudizi religiosi, sociali e nazionali contro il lavoratore irlandese. Il suo atteggiamento nei suoi confronti è molto simile a quello dei “bianchi poveri” verso i negri negli ex stati schiavisti degli Stati Uniti. L’irlandese lo ripaga con gli interessi nella propria moneta. Vede nell’operaio inglese sia il complice che lo stupido strumento dei governanti inglesi in Irlanda.

Questo antagonismo è artificialmente tenuto in vita e intensificato dalla stampa, dal pulpito, dai fumetti, in breve, da tutti i mezzi a disposizione delle classi dominanti. Questo antagonismo è il segreto dell’impotenza della classe operaia inglese, nonostante la sua organizzazione. È il segreto con cui la classe capitalista mantiene il suo potere. E quest’ultima è abbastanza consapevole di questo [6].

Marx continuava dicendo che la priorità per l’organizzazione dei lavoratori in Inghilterra era “far capire agli inglesi che per loro l’emancipazione nazionale dell’Irlanda non è una questione di giustizia astratta o di sentimento umanitario, ma la prima condizione della loro emancipazione sociale”. Qui Marx ha indicato la strada per un approccio che oggi difficilmente si trova. L’importazione di manodopera sottopagata è uno strumento di oppressione che divide i lavoratori e beneficia chi ha il potere. La risposta adeguata, quindi, non è un moralismo astratto sull’accoglienza di tutti i migranti come un atto immaginario di carità, ma piuttosto affrontare le cause profonde della migrazione nel rapporto tra le economie grandi e potenti e le economie più piccole o in via di sviluppo da cui le persone migrano.

IL COSTO UMANO DELLA GLOBALIZZAZIONE

I sostenitori delle frontiere aperte spesso trascurano i costi della migrazione di massa per i paesi in via di sviluppo. In effetti, la globalizzazione crea spesso un circolo vizioso: le politiche commerciali liberalizzate distruggono l’economia di una regione, che a sua volta porta all’emigrazione di massa da quella zona, erodendo ulteriormente il potenziale del paese di origine e deprimendo i salari per i lavoratori meno pagati nel paese di destinazione. Una delle principali cause della migrazione di manodopera dal Messico agli Stati Uniti è stata la devastazione economica e sociale causata dall’Accordo Nord Americano di Libero Scambio (NAFTA). Il Nafta costrinse gli agricoltori messicani a competere con l’agricoltura americana, con conseguenze disastrose per il Messico. Le importazioni messicane sono raddoppiate e il Messico ha perso migliaia di allevamenti di suini e coltivatori di mais a favore della concorrenza statunitense. Quando i prezzi del caffè sono scesi al di sotto del costo di produzione, il Nafta ha proibito l’intervento statale per mantenere a galla i coltivatori. Inoltre, alle società statunitensi è stato permesso di acquistare infrastrutture in Messico, tra cui, ad esempio, la principale linea ferroviaria nord-sud del paese. La ferrovia quindi interruppe il servizio passeggeri, determinando la decimazione della forza lavoro ferroviaria dopo aver schiacciato uno sciopero selvaggio. Nel 2002, i salari messicani erano diminuiti del 22%, anche se la produttività degli operai aumentava del 45% [7]. In regioni come Oaxaca, l’emigrazione devastò le economie e le comunità locali, mentre gli uomini emigrarono per lavorare nelle fattorie e nei macelli dell’America, lasciandosi alle spalle donne, bambini e anziani.

E che dire della consistente forza lavoro qualificata e dei colletti bianchi emigrati? Nonostante la retorica sui “paesi cesso” o sulle nazioni “che non mandano i migliori”, il prezzo della fuga di cervelli per le economie in via di sviluppo è stato enorme. Secondo le cifre del Census Bureau per il 2017, circa il 45% dei migranti che sono arrivati ​​negli Stati Uniti dal 2010 ha un’istruzione superiore [8]. I paesi in via di sviluppo stanno lottando per far restare i propri cittadini qualificati e i professionisti, spesso istruiti con un costo elevato per le finanze pubbliche, perché economie più ricche e più grandi che dominano il mercato globale hanno la ricchezza per prenderli. Oggi il Messico è anche uno dei maggiori esportatori al mondo di professionisti istruiti, e la sua economia soffre di un persistente “deficit di occupazione qualificata”. Questa ingiustizia nello sviluppo non è certamente limitata al Messico. Secondo la rivista Foreign Policy, “ci sono più medici etiopi che praticano a Chicago oggi che in tutta l’Etiopia, un paese di 80 milioni di persone” [9]. Non è difficile capire perché le élite politiche ed economiche dei paesi più ricchi del mondo vorrebbero che il mondo “mandasse il suo meglio”, indipendentemente dalle conseguenze per il resto del mondo. Ma perché la sinistra moralista a favore dei confini aperti fornisce un volto umanitario a questo puro e semplice egoismo?

Secondo le migliori analisi dei flussi di capitali e della ricchezza globale di oggi, la globalizzazione sta arricchendo le persone più ricche dei paesi più ricchi a spese dei più poveri, e non viceversa. Alcuni lo hanno chiamato “aiuti al rovescio”. Miliardi di pagamenti di interessi sul debito passano dall’Africa alle grandi banche di Londra e New York. La grande ricchezza privata viene generata ogni anno in industrie estrattive di materie prime e attraverso l’arbitraggio del lavoro, e rimpatriata verso le nazioni ricche in cui sono basate le multinazionali. Fughe di capitali di trilioni di dollari si verificano perché le multinazionali approfittano dei paradisi fiscali e delle giurisdizioni segrete, rese possibili dalla liberalizzazione per mano dell’Organizzazione Mondiale del Commercio dei regolamenti sulla fatturazione “inefficienti per il commercio” e di altra politiche [10].

La disuguaglianza della ricchezza globale è il principale fattore di spinta che guida la migrazione di massa e la globalizzazione del capitale non può essere separata da questa materia. C’è anche l’effetto di richiamo dei datori di lavoro sfruttatori negli Stati Uniti, che cercano di trarre profitto da lavoratori non sindacalizzati e con salari bassi in settori come l’agricoltura, nonché attraverso l’importazione di una grande forza lavoro impiegatizia già addestrata in altri paesi. Il risultato netto è una popolazione stimata di undici milioni di persone che vivono illegalmente negli Stati Uniti.

Fonte: vocidallestero.it (qui) Articolo di Angela Nagel

NOTE

[1] Ezra Klein, “Bernie Sanders: The Vox Conversation,” Vox, July 28, 2015.

[2] Jeffrey Miron, “Forget the Wall Already, It’s Time for the U.S. to Have Open Borders,” USA Today, July 31, 2018.

[3] Sam Bowman, “Immigration Restrictions Make Us Poorer,” Adam Smith Institute, April 13, 2011.

[4] Grover G. Norquist, “Samuel Gompers versus Reagan,” American Spectator, Sept. 25, 2013.

[5] Bhaskar Sunkara, “What’s Your Solution to Fighting Sexism and Racism? Mine Is: Unions,” Guardian, Sept. 1, 2018.

[6] David L. Wilson, “Marx on Immigration,” Monthly Review, Feb. 1, 2017.

[7] David Bacon, “Globalization and nafta Caused Migration from Mexico,” People’s World, Oct. 15, 2014.

[8] Gustavo López, Kristen Bialik, and Jynnah Radford, “Key Findings about U.S. Immigrants,” Pew Research Center, Sept. 14, 2018.

[9] Kate Tulenko, “Countries without Doctors?,” Foreign Policy, June 11, 2010.

[10]Jason Hickel, “Aid in Reverse: How Poor Countries Develop Rich Countries,” Guardian, Jan. 14, 2017.

Gran Bretagna, Immigrazione, Politica

Corbyn: l’immigrazione di massa ha distrutto le condizioni dei lavoratori britannici.

Il leader del Labour Jeremy Corbyn dichiara esplicitamente quello che nel nostro paese una “sinistra” allo sbando non vuole ammettere: che l’immigrazione incontrollata serve a distruggere le condizioni del lavoro, sostituendo con manodopera sottopagata i lavoratori locali. A vantaggio unicamente delle imprese. Corbyn, immediatamente accusato di essere “ukippista” (e, si può immaginare, lo sarebbe di essere leghista qui da noi), fa una proposta razionale: l’immigrazione deve essere basata sui posti di lavoro disponibili e sulle capacità di svolgere quel lavoro. Per questo, ritiene indispensabile che con l’uscita dall’UE la Gran Bretagna esca anche dal mercato unico, che prevede la libera circolazione delle persone. Insomma, la Brexit a quanto pare ha schiarito le idee ai Labour, che pure erano per il Remain: meglio tardi che mai (a parte i molti lavoratori che ci hanno già rimesso il posto).

Il leader del Labour ha dichiarato ad Andrew Marr che il suo partito vuole lasciare il mercato unico.

L’immigrazione di massa dall’Unione Europea è stata utilizzata per “distruggere” le condizioni dei lavoratori inglesi, ha dichiarato oggi Jeremy Corbyn.

Il leader del Labour è stato incalzato a proposito della posizione del suo partito nei confronti dell’immigrazione durante il programma televisivo di Andrew Marr. E ha ribadito la sua convinzione che la Gran Bretagna debba lasciare il mercato unico, sostenendo che “il mercato unico dipende dall’adesione all’UE… le due cose sono inestricabilmente legate“.

Corbyn ha dichiarato che il Labour sostiene invece un “accesso al libero commercio senza dazi“. Tuttavia, altri paesi che hanno stretto questo tipo di accordo, come la Norvegia, hanno accettato le “quattro libertà” del mercato unico, che includono la libera circolazione delle persone. Il parlamentare laburista Chuka Umunna ha condotto un tentativo in parlamento di far restare la Gran Bretagna nel mercato unico, sostenendo che il 66 per cento dei membri del Labour vogliono rimanere. Nicola Sturgeon, del SNP (partito nazionale scozzese, ndT), ha affermato che “l’incapacità del Labour di schierarsi dalla parte del buon senso sulla questione del mercato unico li renderà colpevoli del disastro della Brexit quanto i Tories“.

Perorando la causa dell’uscita dal mercato unico, Corbyn ha usato un linguaggio che raramente gli abbiamo sentito usare – accusando l’immigrazione di avere delle ripercussioni sulla vita dei lavoratori britannici.

Il leader del Labour ha affermato che anche dopo l’uscita dall’Unione europea, comunque resterebbero lavoratori europei in Gran Bretagna e viceversa. E ha aggiunto: “Quella che cesserebbe sarebbe l’importazione all’ingrosso di lavoratori sottopagati dall’Europa centrale, per distruggere le condizioni del lavoro, in particolare nel settore edile”.

Corbyn ha affermato che proibirebbe alle agenzie di pubblicizzare offerte di lavoro in Europa centrale – chiedendo loro di “pubblicizzarle prima nella loro zona”. Questa idea si basa sul  “modello Preston”, adottato in questa località dalle autorità locali, nell’intento di dare la priorità alle imprese locali per i contratti del settore pubblico. Le norme dell’UE impediscono questo sistema, considerandolo una forma di discriminazione.

In futuro, i lavoratori stranieri “verrebbero da noi in base ai posti di lavoro disponibili e alla loro capacità di svolgerli. Quello che non permetteremmo più è questa pratica delle agenzie, svolta in modo piuttosto vergognoso – reclutare forza lavoro a salario basso e portarla qui, per licenziare la forza lavoro già esistente nell’industria edile, e poi sottopagarla. È spaventoso, e le uniche a trarne vantaggio sono le imprese”.

Corbyn ha anche affermato che un governo guidato da lui “garantirebbe il diritto dei cittadini dell’UE a rimanere qui, incluso il diritto al ricongiungimento familiare” e spererebbe in una disposizione reciproca da parte dell’UE per i cittadini britannici all’estero.

Matt Holehouse, corrispondente UK / UE per MLex, ha dichiarato che il modo di parlare di Corbyn era “Ukippista”.

Quando Andrew Marr gli ha chiesto se avesse simpatizzato per gli euroscettici – dopo avere votato in passato contro i precedenti trattati dell’UE, come quello di Maastricht – Corbyn ha chiarito la sua posizione sull’UE: è contrario a un “mercato libero senza regole in Europa”, ha affermato, ma ha sostenuto gli aspetti “sociali” dell’UE, come il sostegno ai diritti dei lavoratori. Tuttavia, non ha apprezzato il divieto di dare aiuti di Stato all’industria.

Sulle tasse universitarie, è stato chiesto a Corbyn: “Cosa intendeva quando ha detto che se ne occuperà?”. La risposta è stata che “riconosceva” che i laureati devono affrontare un enorme fardello per pagare le loro tasse, ma che non si impegnava a cancellare tutti i debiti degli anni precedenti. Tuttavia, il Labour una volta al governo abolirebbe le tasse universitarie. Se avesse vinto le elezioni del 2017, gli studenti nel 2017/18 non avrebbero pagato le tasse universitarie (o sarebbero stati rimborsati).

L’intervista ha anche riguardato il divario legato al genere negli stipendi della BBC. Corbyn ha affermato che il Labour punta a esaminare il problema del divario di stipendio legato al genere con audit in tutte le imprese e a introdurre una proporzione salariale – in un’impresa nessuno può ricevere uno stipendio più di 20 volte maggiore di quello del dipendente con il salario più basso. “La BBC deve guardare a se stessa… il divario retributivo è astronomico“, ha aggiunto.

Ha aggiunto che non pensava fosse “sostenibile” per il governo assegnare al DUP (partito politico protestante di estrema destra dell’Irlanda del Nord, ndT) un miliardo e mezzo di sterline  e di aspettare con impazienza un’altra elezione.

Fonte: vocidallestero.it (qui) articolo di Helen Lewis, 23 luglio 2017

Immigrazione, Politica, Sicurezza

I costituzionalisti contro i sindaci ribelli: “Rispettate il decreto Salvini”

Cesare Mirabelli, presidente emerito della Consulta, boccia l’asse dei sindaci che vogliono boicottare il decreto sicurezza: “Non possono sollevare questioni di legittimità costituzionale”. D’accordo anche il collega Giovanni Maria Flick

La mancata applicazione del decreto Salvini, nella parte che riguarda i migranti, annunciata dal sindaco di Palermo Leoluca Orlando e dai colleghi di Napoli e Firenze, Luigi De Magistris e Dario Nardella, “è un atto politico”.

I Comuni sono tenuti a uniformarsi alle leggi”. A dirlo è il presidente emerito della Corte Costituzionale, Cesare Mirabelli che, interpellato da Adnkronos, smonta l’asse degli amministratori locali contro la norma prevista dal decreto sicurezza che vieta la possibilità di concedere la residenza a chi è in possesso di un permesso di soggiorno.

“La pubblica amministrazione – spiega Mirabelli – non può sollevare questioni di legittimità costituzionale ed è tenuto a uniformarsi alla legge, a meno che non sia liberticida, che potrebbe essere un caso eccezionale, una rottura dell’ordinamento democratico. Bisogna vedere se si tratta di norme rispetto alle quali è prevista un’attività del Comune che ha carattere di discrezionalità, che la legge impone e che il sindaco ritiene di disapplicare. Non può essere una contestazione generale”. “Se ci sono atti che la legge prevede per i Comuni il sindaco non può disapplicarla. Se la disapplica, e in ipotesi interviene il prefetto o un’altra autorità, sorge un contenzioso e allora potrebbe essere sollevata una questione di legittimità costituzionale. Al momento – chiarisce l’ex presidente della Consulta Mirabelli – è un atto politico“. Parole dal contenuto inequivocabile confermate poi da un altro ex presidente della Corte Costituzionale, Giovanni Maria Flick, in un’intervista a Radio Anch’io, su Radio 1: “Non spetta al sindaco decidere di sospendere l’applicazione di una legge se la ritiene incostituzionale ma ricorrere all’autorità giudiziaria per chiedere che ne verifichi l’applicabilità e nel caso l’autorità giudiziaria ne investe la Corte costituzionale”.

Non solo Mirabelli e Flick, anche i sindaci di diverse città italiane prendono le distanze dall’iniziativa di Orlando, De Magistris e Nardella. A salire sulle barricate, assicurando l’ applicazione delle misure previste dal decreto Salvini, sono stati i primi cittadini di città come Udine e Novara. “Il Comune di Udine garantirà piena applicazione al decreto sicurezza varato dal Governo e approvato dal Parlamento. La lotta all’illegalità promossa dal ministro Salvini troverà dunque nella città che ho l’onore di rappresentare una solida alleata, nell’esclusivo interesse di tutti quei cittadini, anche non italiani, che rispettano la legge e le nostre tradizioni”, ha dichiarato il sindaco di Udine, Pietro Fontanini. Altrettanto chiaro il primo cittadino di Novara, Alessandro Canelli: “il decreto Salvini è uno strumento fondamentale per il controllo del territorio e per la sicurezza dei cittadini. Spiace che alcuni sindaci, forse più per motivi ideologici, abbiano annunciato di non voler applicare una legge dello Stato votata dal Parlamento. Forse hanno nostalgia dell’epoca dell’immigrazione senza controlli, ma con la loro scelta arrecano un danno anche ai loro stessi cittadini”.

Fonte: ilgiornale.it (qui)

Immigrazione, Politica, Sicurezza

Ecco le sanzioni che rischiano i sindaci contro il dl Sicurezza

La rivolta dei sindaci buonisti contro il decreto Sicurezza potrebbe avere conseguenze serie per i primi cittadini stessi.

Il Viminale ha ricordato che i prefetti sono tenuti a denunciare i sindaci che non rispettano la legge e anche diversi costituzionalisti (ben al di fuori della politica) hanno bocciato l’armata di dissidenti. Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale, per esempio, ricorda: “I Comuni sono tenuti a uniformarsi alle leggi”.

Leoluca Orlando, sindaco di Palermo, è stato il primo dei disobbedienti ad annunciare con una direttiva di aver sospeso l’applicazione del decreto Immigrazione nella sua città, sollevando dubbi sulla sua costituzionalità. Orlando ha ottenuto il plauso di altri colleghi, che lo hanno seguito a ruota nella crociata contro il dl Sicurezza e contro Matteo Salvini. Le altre fasce tricolori sugli scudi sono Luigi De Magistris (Napoli), Dario Nardella (Firenze) e Federico Pizzarotti (Parma), Marco Alessandrini (Pescara) e Giuseppe Falcomatà (Reggio Calabria).

Ecco, il reato che potrebbe essere contestato loro è quello l’abuso in atti di ufficio, aggravato dal fatto che i sindaci sono anche ufficiali di governo. I prefetti, inoltre, come accadeva in passato con i registri delle unioni civili, hanno la facoltà di annullare l’atto dell’ufficio comunale. E non è tutto, perché se il decreto non viene rispettato, oltre alla denuncia di abuso d’ufficio, il comune rischia anche la revoca dei finanziamenti governativi per l’accoglienza (Sprar), in nome del principio della responsabilità contabile degli enti locali.

Insomma, se la disobbedienza dovesse inasprirsi e arrivare fino in fondo, si potrebbe aprire un intricato contenzioso tra Stato e Comuni, con la possibilità che qualche giudice possa sollevare la questione di legittimità costituzionale del decreto Sicurezza stesso.

Fonte: ilgiornale.it (qui)

Immigrazione, Politica, Sicurezza

Decreto sicurezza, cosa prevede: dalla stretta sui permessi per motivi umanitari alle limitazioni ai “negozietti etnici”

I punti principali della nuova legge, detta “decreto Salvini”, approvata alla Camera. Introdotti anche nuovi reati, come quello di “esercizio molesto dell’accattonaggio”.

Il “decreto Salvini“, approvato col voto di fiducia alla Camera con 336 sì e 249 no, diventa legge. Introduce una serie di novità in tema di immigrazione e sicurezza. Diversi i temi affrontati, dalla stretta sui permessi di soggiorno alla sperimentazione del taser per i vigili urbani. Ecco i punti principali del provvedimento.

Stretta sui permessi – È abolito il permesso di soggiorno per motivi umanitari. Questo viene sostituito da dei ‘permessi speciali’ temporanei. Sei le tipologie previste: motivi di salute di particolare gravità, calamità nel paese d’origine, atti di valore civile, vittime di tratta, violenza domestica, grave sfruttamento.

Più tempo nei Cpr – Gli stranieri potranno essere trattenuti nei Centri di permanenza per il rimpatrio fino a 180 giorni, e non più solo tre mesi come previsto in precedenza. In mancanza di posto nei centri, è introdotta la possibilità trattenere i migranti in attesa di espulsione in altre strutture per la Pubblica sicurezza. Inoltre sarà possibile tenere i richiedenti asilo negli hotspot.

Diritto d’asilo revocato con più reati – Si amplia il numero di reati che comportano la negazione o la revoca della protezione internazionale. Questi sono violenza sessuale, lesioni gravi, rapina, violenza a pubblico ufficiale, mutilazioni sessuali, furto aggravato e traffico di droga. Al Senato si era aggiunto il reato di furto in abitazione, anche non aggravato.

Via la cittadinanza per terrorismo –La cittadinanza italiana viene revocata ai condannati per reati di terrorismo.

Stop al diritto di asilo dopo la decisione della Commissione – La domanda di protezione internazionale per i richiedenti che hanno in corso un procedimento penale per un reato sarà sottoposta ad un esameimmediato. In caso di condanna definitiva la protezione sarebbe negata. L’esame scatta per chi ha già una condanna anche non definitiva. In caso di negazione del diritto, il richiedente deve lasciare l’Italia.

Sistema dello Sprar – Solo i titolari di protezione internazionale e minori non accompagnati potranno accedere al sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati. Chi è già nel sistema vi rimarrà fino alla conclusione dei progetti.

Attesa fino a 4 anni per la cittadinanza – Si ampliano i termini (da 2 a 4 anni) per l’istruttoria della domanda di concessione della cittadinanza, che verrà data solo se si conosce l’italiano.

Lista dei ‘Paesi sicuri’ – Per chi proviene da paesi inseriti nella lista di sicurezza è previsto un esame accelerato delle domande di protezione.

Braccialetto elettronico per gli stalker – Gli imputati per maltrattamenti in famiglia e stalking saranno controllati con un braccialetto elettronico.

Contratti di noleggio auto-camion in mano alla polizia – La norma è stata voluta dall’antiterrorismo per prevenire attentati con auto e camion contro la folla e prevede che i dati di chi stipula contratti di noleggio debbano essere preventivamente comunicati alle forze dell’ordine.

Taser in mano ai Vigili urbani – In via sperimentale la pistola a impulsi elettrici sarà data anche ai corpi di polizia municipale di tutti i capoluoghi di provincia.

Daspo urbano – Agli indiziati di terrorismo si estende il Daspo per le manifestazioni sportive. Il Daspo urbano potrà essere applicato anche nei presidi sanitari e in aree destinate a mercati, fiere e spettacoli pubblici.

Stretta sugli sgomberi – Sono introdotte sanzioni più severe (da 2 a 4 anni) per chi promuove o organizza l’occupazione di immobili. Esteso anche l’uso delle intercettazioni nelle indagini nei confronti degli occupanti.

Accattonaggio molesto e parcheggiatori abusivi – Viene introdotto il reato di ‘esercizio molesto dell’accattonaggio‘ (punibile fino a 6 mesi aumentati a 3 anni nel caso si impieghino minori). Previste anche sanzioni più aspre per i parcheggiatori abusivi. In caso di utilizzo di minori o di recidiva scatta l’arresto e si rischia fino a un anno di carcere.

Sindaci decidono sui ‘negozietti etnici’ – Previste limitazioni agli orari di vendita degli esercizi commerciali interessati da “fenomeni di aggregazione notturna” anche in zone non centrali, ma solo su richiesta del primo cittadino che potrà utilizzarle fino a 30 giorni.

Dalle squadre più soldi per la sicurezza negli stadi – Le società sportive dovranno versare più soldi per garantire la sicurezza negli stadi. La percentuale della vendita dei biglietti che dovrà essere destinata a questo scopo passa dall’1-3% al 5-10%.

Fonte: ilfattoquotidiano.it (qui)

Immigrazione

Global Compact sulle Migrazioni: Israele dice no, insieme a molti altri

Benjamin Netanyahu ha annunciato il no di Tel Aviv, si aggiunge a Austria, Repubblica Ceca, Polonia, Croazia, Slovenia, Bulgaria, Ungheria, Svizzera e forse Italia.

Per il ‘Global Compact for Safe, Orderly and Regular Migration’, ovvero il Global Compat sulle migrazioni proposto dall’ONU, che dovrebbe essere firmato nella riunione prossimo 10 e 11 dicembre a Marrakech,  prima di essere formalmente approvato con una risoluzione dell’Assemblea Generale dell’Onu, si annunciano giorni duri. Oggi  Israele si è unito agli Stati Uniti ed al gruppo di Paesi europei che non intendono aderire al patto patto sulle migrazioni.  “Siamo impegnati a difendere i nostri confini contro i migranti illegali questo è quello che abbiamo fatto e continueremo a fare“, ha detto il Primo Ministro israeliano, Benjamin Netanyahu.
Il patto sta creando divisioni in seno all’Unione Europea: l’Austria, la Repubblica Ceca, la Polonia, la Croazia, la Slovenia, la Bulgaria, l’Ungheria e la Svizzera che hanno già indicato che non intendono firmare l’accordo.

Una conferma della stretta che Tel Aviv sta dando all’immigrazione di un Paese sempre più marcatamente ebraico. Oggi, per altro, centinaia di ebrei etiopi sono scesi in piazza ad Addis Abeba per protestare contro la recente decisione del governo israeliano di ammetterne come migranti solo mille: decisione che divide le famiglie di chi è già migrato nello Stato ebraico e contraddice l’impegno israeliano del 2015 di accoglierli. Si stima che in Etiopia siano rimasti circa 8.000 ebrei Falascia. I dirigenti della comunità hanno oggi rivolto un appello agli ebrei etiopi che vivono in Israele a non votare per il Likud, promotore della stretta. “Faccio appello agli ebrei etiopi a pensarci due volte prima di votare il Likud, perché il premier espresso dal partito, Benyamin Netanyahu non sta tenendo fede alla parola data di aiutarci a emigrare in Israele”, ha detto all’agenzia ‘Associated PressNeggousa Zemene Alemu, coordinatore della comunità ebraica per Addis Abeba e Gondar. Gli ebrei in Etiopia lamentano di vivere in povertà, di essere marginalizzati, mentre “Israele la tira per le lunghe invece di venire in nostro soccorso”.

Tornando al Global Compact sulle Migrazioni, anche in Italia, nei giorni scorsi, si è iniziato affrontare il tema con vari pronunciamenti da parte di leader della Lega e di Fratelli d’Italia contro il documento, appelli perché il Governo decida per il no. E considerando la politica che il Governo giallo-verde ha messo in campo in materia di migranti non pare vi siano dubbi sul fatto che l’Italia non arrivi al tavolo della firma in Marocco.

Il Global Compact è patto per la migrazione sicura, ordinata e regolare, come recita il documento stesso, si sottolinea da parte dei sostenitori del documento, che non limita la sovranità di nessun Stato. Altresì, il documento riguarda solo i migranti e non i rifugiati:

I rifugiati sono oggetto di un altro Compact, adottato con un processo diverso. Il Compact on Migration si basa sul principio di distinzione tra migranti e rifugiati. I rifugiati hanno una protezione specifica, prevista dalla Convenzione di Ginevra del 1951, a causa della persecuzione politica a cui sono sottoposti. I migranti, la maggior parte dei quali motivati ​​da motivi economici, non hanno diritto a questa protezione.

Il Patto prevede che gli Stati gestiscano i loro confini in modorispettoso della sovranità e degli obblighi nazionali secondo il diritto internazionale” e “impediscano l’immigrazione irregolare“. Prevista una cooperazione rafforzata per combattere il traffico di migranti e la tratta di esseri umani e per smantellare le reti di contrabbandieri, a beneficio degli Stati e dei migranti.

In nessun modo il Patto crea un diritto alla migrazione’: l’ammissione di cittadini stranieri è prerogativa degli Stati che sono liberi di decidere chi consentire sul loro territorio.

Il Global Compact è un contributo al miglioramento della gestione dei flussi migratori a livello internazionale che coinvolgono i Paesi di origine, transito e destinazione. Basandosi sul principio che nessuno Stato può gestire da solo la sfida della migrazione, mira a incoraggiare una cooperazione rafforzata sulla migrazione, al fine di garantire che non sia gestita in modo disorganizzato. Si basa sul principio della responsabilità condivisa tra paesi di origine, transito e destinazione nella governance dei flussi migratori. I punti chiave del Patto comprendono la cooperazione per evitare morti sulle rotte migratorie e salvare vite umane in mare e altrove, rafforzare la lotta contro il traffico di migranti e traffico di esseri umani e combattere la migrazione irregolare, priorità, queste ultime in particolare, per la politica italiana del nuovo Governo.

Il Global Compact non crea nuovi obblighi. Il principio di sovranità nazionale è esplicitamente enunciato nel testo, è addirittura dato lo status di ‘principio guida’. Inoltre, il Compact non è legalmente vincolante. È quindi impossibile utilizzare il Compact per mettere in discussione la politica migratoria di uno Stato.

Il documento, altresì, è una raccolta di buone pratiche, ‘strumenti politici’, che gli Stati sono incoraggiati ad attuare nell’attuazione della loro politica migratoria.

Al centro del documento, la lotta contro la migrazione pericolosa, disorganizzata e irregolare. Prevede che gli Stati si organizzino per lavorare insieme contro il traffico di migranti e per smantellare le reti di trafficanti. I Paesi sono chiamati a rafforzare i loro arsenali legali per perseguire i contrabbandieri. Le misure previste dal Patto comprendono lo scambio di dati, in particolare tra servizi di intelligence, per combattere meglio i contrabbandieri.

Il Patto stabilisce inoltre il diritto per gli Stati di distinguere tra lo status di migrante regolare e irregolare nell’attuazione della loro politica migratoria. Il documento stabilisce poi l’impegno dei Paesi di origine a cooperare per consentire ai migranti con status irregolare di rientrare e reintegrarsi nel loro Paese: i paesi di origine si impegnano a fornire i documenti necessari per identificare i migranti e ad effettuare il viaggio di ritorno, considerando che spesso è l’assenza di questi documenti che ostacola il loro effettivo ritorno.

I Paesi di origine sono chiamati a monte a garantire un controllo efficace delle loro frontiere e a valle a facilitare il ritorno e il reinserimento dei migranti irregolari. Il testo invita, inoltre, i Paesi di origine a rafforzare i loro sforzi per affrontare le cause profonde della migrazione e lavorare alla repressione delle reti di contrabbandieri.

Fonte: lindro.it (qui)

America, Immigrazione

Usa, Ius soli: ecco perché la cittadinanza americana per nascita sarà automatica solo per figli nati da genitori americani.

Ogni anno, sono circa 400.000 i bambini nati negli Stati Uniti da immigrati clandestini. Questo costituisce all’incirca il 10% del totale delle nascite. Il governo considera questi bambini come cittadini americani, con gli stessi identici diritti dei figli di cittadini americani. Lo stesso vale per i bambini nati da turisti e altri stranieri che sono presenti negli Stati Uniti in uno status immigratorio legale ma temporaneo.

Poiché il turismo su larga scala e l’immigrazione clandestina di massa sono fenomeni relativamente recenti, non è chiaro per quanto tempo il governo americano abbia seguito questo principio dello ius soli, ovvero di “diritto alla cittadinanza per nascita”, senza tener conto della durata o legalità della presenza della madre o il padre.

Ius Sanguinis e Ius Soli

I paesi generalmente adottano uno dei due sistemi per concedere la cittadinanza ai bambini: ius sanguinis o ius soli. La maggior parte dei paesi pratica lo ius sanguinis, noto anche come cittadinanza per discendenza, o cittadinanza per “diritto di sangue”. Secondo questo sistema, un bambino acquisisce la cittadinanza dei genitori alla nascita. Alcuni paesi determinano la cittadinanza del bambino in base alla cittadinanza del padre, mentre altri secondo quella della madre.

I paesi che adottano lo ius sanguinis non concedono automaticamente la cittadinanza a un bambino nato all’interno dei loro confini se quel bambino è nato da genitori stranieri. Questo vale sia per gli immigrati legali sia quelli clandestini. Il bambino mantiene la cittadinanza straniera del genitore.

Un limitato numero di paesi adotta lo ius soli, o cittadinanza per “diritto di suolo”. Secondo questo sistema, un bambino acquisisce automaticamente la cittadinanza del paese in cui ha luogo la nascita. Questa cittadinanza è generalmente concessa senza condizioni, e la cittadinanza e lo status d’immigrazione dei genitori sono irrilevanti.

Alcuni eminenti giuristi e professori universitari, tra cui il giudice della Corte d’appello federale Richard Posner, si sono chiesti se il quattordicesimo emendamento della costituzione americana debba essere interpretato a favore di una politica di cittadinanza così permissiva.

I sostenitori del mantenimento dello ius soli sostengono che il significato letterale della clausola di cittadinanza del quattordicesimo emendamento preveda il diritto automatico alla cittadinanza per nascita sul suolo americano per tutti i bambini, inclusi sia quelli nati da stranieri illegali e temporanei. Tuttavia, diversi giuristi che hanno approfondito la storia del quattordicesimo emendamento, hanno concluso che la frase “soggetto alla giurisdizione” non ha un chiaro significato, e che l’attuale applicazione dello ius soli è ingiustificato.

Solo 30 dei 194 paesi del mondo garantiscono la cittadinanza automatica ai bambini nati da stranieri clandestini. Delle economie avanzate, il Canada e gli Stati Uniti sono gli unici paesi che concedono la cittadinanza automatica ai bambini nati da immigrati clandestini. Nessun paese europeo garantisce la cittadinanza automatica ai bambini di stranieri clandestini. La tendenza globale è quella della dissociazione dal concetto dello dello ius soli, e non la sua adozione, come vorrebbero farci credere alcuni politici italiani.

Negli ultimi anni, la tendenza internazionale è stata quella di abolire lo is soli. Tra i paesi che lo hanno abolito ci sono il, Regno Unito (1983), Australia (1986), India (1987), Malta (1989), Irlanda (2004), la Nuova Zelanda (2006), e la Repubblica Dominicana (2010).

I motivi per cui questi paesi hanno abolito lo ius soli erano essenzialmente l’aumento dell’immigrazione clandestina. Il turismo di cittadinanza è stato uno dei motivi per cui l’Irlanda ha abolito lo ius soli nel 2004. Se gli Stati Uniti non dovessero più concedere la cittadinanza americana ai figli d’immigrati clandestini, non farebbero altro che seguire la tendenza internazionale.

ius soli
Mappa dei paesi che adottano lo ius soli

 

La verità è che il quattordicesimo emendamento della costituzione americana non era stato promulgato al fine di favorire l’immigrazione clandestina, o per conferire diritti a bambini nati da immigrati clandestini.

I due benefici di cittadinanza che hanno attirato la maggiore attenzione nel dibattito su una possibile abolizione dello ius soli negli Stati Uniti sono:

  • L’assistenza governativa e altri benefici a cui una famiglia di immigrati clandestini non avrebbe altrimenti accesso;
  • Il diritto del bambino, al raggiungimento della maggiore età, di fare ottenere il permesso di soggiorno ai suoi genitori, i fratelli nati all’estero, e un eventuale coniuge nato all’estero. Questi potranno, a loro volta, sponsorizzare i propri genitori e fratelli nati all’estero, che a loro volta potranno sponsorizzare i propri coniugi stranieri (e così via), generando una catena migratoria virtualmente inesauribile.

Questi benefici hanno contribuito alla crescita di un’industria del “turismo delle nascite”.

Il giudice della Corte federale d’appello Richard Posner ha dichiarato in una recente sentenza che la politica di concessione della cittadinanza per nascita ai figli d’immigrati illegali e temporanei dovrebbe essere cambiata, e che gli Stati Uniti non dovrebbero incoraggiare gli stranieri a venire negli Stati Uniti solo per consentire ai loro figli di acquisire la cittadinanza americana.

Il Dipartimento di Stato americano non è autorizzato a negare il visto da turista a una donna solo perché incinta. Di conseguenza, lo ius soli consente di trasformare un’apparente visita di piacere in un aumento dell’immigrazione e concessione di cittadinanza che non erano necessariamente contemplate o accolte dai cittadini americani. Un recente sondaggio ha rilevato che solo il 33% degli americani appoggia la pratica di concedere la cittadinanza automatica ai bambini nati da immigrati clandestini.

Quale legge giustifica la concessione automatica della cittadinanza americana per nascita? Deve essere concessa ai figli d’immigrati clandestini secondo la costituzione? La risposta sembrerebbe essere “no”. Nessun articolo o emendamento della Costituzione americana affronta specificamente come devono essere trattati i figli degli immigrati in merito alla cittadinanza.

Il quattordicesimo emendamento conferisce la cittadinanza attraverso “naturalizzazione” o per nascita, a persone “soggette alla giurisdizione” degli Stati Uniti, mentre non c’è alcuna indicazione su quando uno straniero debba essere considerato soggetto alla giurisdizione degli Stati Uniti.

La clausola di cittadinanza del quattordicesimo emendamento

Secondo il primo paragrafo del quattordicesimo emendamento della Costituzione americana, noto anche come Clausola di cittadinanza:

“Tutte le persone nate o naturalizzate negli Stati Uniti e soggette alla loro giurisdizione, sono cittadini degli Stati Uniti e dello Stato in cui risiedono”.

Questa clausola contiene due requisiti per ottenere la cittadinanza americana per nascita:

  1. La nascita deve essere avvenuta negli Stati Uniti; e
  2. La persona nata deve essere soggetta alla giurisdizione degli Stati Uniti.

I sostenitori della concessione della cittadinanza automatica ai bambini di immigrati clandestini si concentrano sul primo requisito, sostenendo che la nascita sul suolo statunitense, da sola, garantisce la cittadinanza americana. Secondo questa teoria, “soggetto alla giurisdizione” significa semplicemente essere suscettibili all’autorità di polizia (cioè essere obbligati a seguire le leggi e pagare multe per eventuali violazioni).

Tuttavia, una tale interpretazione crea una ridondanza nel quattordicesimo emendamento, poiché tutte le persone nate negli Stati Uniti sono soggette alle leggi americane. Accettando la premessa che “soggetto alla giurisdizione” significa, semplicemente, essere “soggetto al potere di polizia” trasforma una parte cruciale e attentamente scritta della Clausola di cittadinanza in una mera ridondanza.

L’indagine, quindi, si concentra sull’intento di chi ha scritto la clausola, e se un bambino nato negli Stati Uniti da un immigrato clandestino è una persona che è “soggetta alla giurisdizione” degli Stati Uniti, e di conseguenza un cittadino del paese.

Nessuno dubita che lo scopo principale del quattordicesimo emendamento fosse di garantire che gli schiavi liberati fossero riconosciuti come cittadini americani. Quindi, molti sostengono che i bambini di immigrati clandestini dovrebbero avere stesso privilegio.

Ma quando fu emanato il quattordicesimo emendamento, il processo d’immigrazione era estremamente semplice, e solo in pochissimi non avevano modo di ottenere il permesso di soggiorno. Inoltre, dati i costi e i rischi di un viaggio intercontinentale, i turisti e gli altri visitatori temporanei erano veramente pochi.

In sostanza, non c’è alcuna prova diretta che il Congresso americano abbia mai voluto conferire la cittadinanza ai figli di visitatori temporanei o illegali. Il trend internazionale è quello di abolire lo ius soli, e non di introdurlo.

Fonte: simonebertollini.com (qui)

America, Immigrazione

Donald Trump contro lo ius soli: “È ridicolo, pronto a firmare un ordine esecutivo per bloccarlo”

The Donald contro il 14° emendamento che assegna la cittadinanza ai bimbi nati sul suolo americano. Ma secondo molti costituzionalisti non basta un atto del presidente.

“Siamo l’unico Paese al mondo dove una persona viene, ha un figlio e questo bambino diventa cittadino degli Stati Uniti per 85 anni con tutti i benefici”. Donald Trump attacca lo ius soli, garantito dal 14° emendamento alla Costituzione americana, che sancisce che è cittadino americano chiunque nasca nel Paese, e che è stato l’architrave della costruzione nazionale degli Stati Uniti come terra di immigrati.

“È ridicolo e deve finire, è stato avviato il processo e lo faremo con un ordine esecutivo”, ha detto Trump intervistato da Axios per un documentario in quattro puntate che andrà in onda, a partire da domenica prossima su Hbo. “Mi è sempre stato detto che c’è bisogno di un emendamento costituzionale, ma sapete cosa? Non c’è bisogno”, ha aggiunto Trump, sfidando le critiche e le obiezioni che arriveranno dai costituzionalisti. “Si può definitivamente fare con un atto del Congresso, ma ora mi dicono che si può fare anche con un decreto esecutivo”.

Donald Trump cavalca il tema immigrazione in vista delle elezioni di midterm del 6 novembre. Il presidente non precisa quando intende procedere ma sottolineando che il piano “è in corso di svolgimento e accadrà”. Trump aveva duramente criticato questo diritto anche in campagna elettorale. Diversi altri Paesi, incluso il Canada, hanno una politica di cittadinanza legata alla nascita.

Fonte: huffingtonpost.it (qui)

Giustizia, Immigrazione, Politica

Diciotti, smontata la tesi dei pm: “Salvini non ha commesso reati”

Il pm di Palermo indagò Salvini per sequestro aggravato. Il tribunale dei ministri: “Il ministro ha tutelato l’interesse nazionale”.

Il caso della nave Diciotti e quello che ha portato (in termini giudiziari) al ministro dell’Interno Matteo Salvini è fatto saputo e risaputo.

L’inchiesta era partita con il pm di Agrigento, Luigi Patronaggio. Il leader della Lega era stato indagato per sequestro aggravato di persona, sequestro di persona, abuso d’ufficio e arresto illegale per non aver fatto scendere subito i migranti a bordo della nave Diciotti. Poi gli ultimi tre reati erano decaduti e restava solo il sequestro aggravato di persona. Gli atti erano così stati mandati a Palermo e poi sarebbe dovuto arrivare il giudizio definitivo del tribunale dei ministri. Ma all’improvviso è arrivato un colpo di scena: il pm Patronaggio e la procura di Agrigento non sono competenti per giudicareil caso perché la Diciotti è stata fermata quando l’imbarcazione era ancora in acque di competenza catanese. Così la palla (giudiziaria) è passata da Palermo a Catania.

Ma ora arriva il vero colpo di scena. Da chi? Dal tribunale dei ministri di Palermo. I giudici scagionano Matteo Salvini. “Nei primi giorni di intervento della nave Diciotti al largo di Lampedusa, per il salvataggio dei 190 migranti che si trovavano a bordo di un barcone proveniente dalla Libia, non sono emersi reati. Fu anzi difeso meritoriamente dalla Guardia costiera l’interesse nazionale”, questo è il risultato dell’analisi che il tribunale dei ministri di Palermo ha consegnato nei giorni scorsi alla Procura dello stesso capoluogo siciliano perché trasmettesse gli atti alla corrispondente Procura di Catania. Nessun reato, quindi. Solo difesa dell’Italia.

Un vero e proprio cambia di rotta per quella inchiesta che tanto aveva e stava facendo discutere e indignare. Nell’analisi, quindi, il collegio palermitano, presieduto da Fabio Pilato, Filippo Serio e Giuseppe Sidoti, divide in due il periodo in cui la Diciotti aveva a bordo i migranti. Vediamoli per capire come hanno scagionato il ministro dell’Interno. Il primo, dal 15 al 20 agosto, dove secondo le toghe c’è stato “solo una attività di pressione diplomatica nei confronti di Malta, perché adempisse i doveri previsti dalle convenzioni internazionali che regolano il salvataggio e l’accoglienza dei flussi migratori. Poi la nave fece uno scalo nei pressi di Lampedusa, dove, con alcune motovedette, furono sbarcati 13 migranti ammalati. Gli altri 177, sempre in quella prima fase, non furono oggetto di alcun reato, men che meno il sequestro di persona, perché nei primi giorni si stava cercando una soluzione diplomatica per l’accoglienza, che poi non fu trovata”. Quindi nessun sequestro di persona, ma solo una soluzione diplomatica.

Arriva poi il secondo periodo, quello fra il 20 al 25 agosto. I magistrati palermitani rimettono qualsiasi riferimento a possibili reati che non individuano, passando la possibilità di valutazione ai colleghi catanesi. In ogni caso sottolineano che “la Guardia Costiera, cercando una soluzione per lo sbarco a Malta, fece l’interesse del Paese al rispetto delle convenzioni da parte dei partner europei”.

Matteo Salvini, quindi, ha fatto soltanto il suo lavoro di ministro: ha tutelato l’Italia e i suoi cittadini.

Il commento di Matteo Salvini

“Quando la nave Diciotti è arrivata nei pressi di Lampedusa, lo scorso agosto, non sono stati commessi reati ma anzi sono stati meritoriamente difesi i confini. Non lo dico io, che per questa vicenda sono incredibilmente accusato di sequestro di persona, ma il tribunale dei ministri di Palermo: la partita giudiziaria non è ancora chiusa, però è un primo passo significativo – afferma il ministro -. In ogni caso, giudici o non giudici, non arretro di un millimetro!”.

Fonte: ilgiornale.it (qui) Articolo di S. Pizzi.

Immigrazione, Politica

Mattarella firma decreto sicurezza e invia lettera a Conte. Salvini: ‘Potrà essere migliorato, ma non mollo su espulsioni, cittadinanza, permessi umanitari. Non torno indietro.”

‘Fermi restando -precisa il presidente- gli obblighi della Costituzione e quelli dello stato’. Espresso richiamo all’articolo 10 della Carta.

Il presidente Mattarella ha firmato il decreto sicurezza ma ha contestualmente inviato una lettera al presiedente Conte nella quale ha ricordato gli obblighi costituzionali in materia. “Ha firmato, ciapa lì e porta a cà‘, esulta il ministro dell’Interno Matteo Salvini.  “Finalmente c’è un decreto, a firma di Salvini, che comincia dalla settimana prossima il suo viaggio in Parlamento. Potrà essere migliorato ma non mollo di un millimetro: su espulsioni, cittadinanza, permessi umanitari non torno indietro. Sono stanco, ma contento”.

 

Salvini: “Rispettiamo la Castituzione e i trattati, ma non siamo fessi”

Il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, parla in una diretta Facebook dopo l’emanazione del decreto su migranti e sicurezza. “L’ho spiegato al Presidente Mattarella: noi rispettiamo la Costituzione, i trattati internazionali, le convenzioni ma non vogliamo passare per fessi”.

“Se un richiedente asilo sbarca in Italia, fa domanda di asilo politico e nel frattempo spaccia droga, picchia un poliziotto, scippa un anziano, molesta una bambina – ha detto Salvini – viene immediatamente convocato dalla commissione prefettizia che gli dice: caro mio, tu non sei un profugo, sei un delinquente, primo aereo, primo barcone, primo pedalò, prima mongolfiera, a casa”.

“Qualcuno dirà, ma se è innocente fino a prova contraria. Se sei beccato in flagranza di reato, se sei condannato in primo grado, se sei ritenuto socialmente pericoloso torni al tuo Paese e poi ne riparliamo” ha aggiunto il vicepremier.

LA NOTA DEL QUIRINALE – “Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha emanato in data odierna il decreto legge in materia di Sicurezza e Immigrazione e ha contestualmente inviato una lettera al Presidente del Consiglio Prof. Giuseppe Conte”. E’ quanto si legge in una nota del Quirinale.   “Avverto l’obbligo di sottolineare che, in materia, come affermato nella Relazione di accompagnamento al decreto, restano “fermi gli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato”, pur se non espressamente richiamati nel testo normativo, e, in particolare, quanto direttamente disposto dall’art. 10 della Costituzione e quanto discende dagli impegni internazionali assunti dall’Italia”.E’ quanto scrive il capo dello Stato nella lettera al premier che accompagna la firma del dl sicurezza. L’articolo 10 della Costituzione espressamente richiamato dal presidente Sergio Mattarella nella lettera a Conte recita: “L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge. Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici”.

Ieri al Quirinale incontro tra il ministro dell’interno Salvini e il presidente. “E’ la chiusura virtuosa di un percorso condiviso con tutti -ha precisato il vicepremier in relazione al colloquio di ieri-  Mai decreto è stato così tanto accompagnato e studiato come questo sulla sicurezza e l’immigrazione. Ma è giusto che sia così visto che si tratta di un tema importante e rilevante”. Durante l’incontro, definito  “cordiale e positivo”,  “sono state fatte rifiniture al testo del provvedimento”.

Fonte: ansa.it (qui) e Facebook.

 

Immigrazione, Politica, Sicurezza

Tutte le norme contenute nel decreto su immigrazione e sicurezza. L’intervista al Ministro Salvini.

Il piano del governo per contrastare l’immigrazione illegale e migliorare la sicurezza pubblica. Cosa prevede il decreto-legge (BozzaDLSalvini) del ministro dell’Interno Salvini e del premier Conte, approvato dal Consiglio dei ministri.

Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (decreto-legge). È quanto si legge nel comunicato finale al termine del Cdm.

Il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente Giuseppe Conte e del Ministro dell’Interno Matteo Salvini, ha approvato un decreto-legge che introduce disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, di sicurezza pubblica e misure per la funzionalità del Ministero dell’Interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, nonché in materia di giustizia sportiva e di regolare svolgimento delle competizioni sportive.

In particolare, il decreto prevede misure volte a:

  1. contrastare più efficacemente l’immigrazione illegale, garantendo l’effettività dell’esecuzione dei provvedimenti di espulsione;
  2. disciplinare i casi speciali di permesso di soggiorno temporaneo per motivi umanitari e definire nuove regole in materia di revoca dello status di protezione internazionale in conseguenza dell’accertamento della commissione di gravi reati;
  3. scongiurare il ricorso strumentale alla domanda di protezione internazionale e razionalizzare il ricorso al Sistema di protezione per i titolari di protezione internazionale e per i minori stranieri non accompagnati;
  4. prevedere la revoca della cittadinanza acquisita dagli stranieri condannati in via definitiva per reati di terrorismo;
  5. rafforzare i dispositivi a garanzia della sicurezza pubblica, con particolare riferimento alla minaccia del terrorismo e della criminalità organizzata di tipo mafioso, a migliorare il circuito informativo tra le Forze di polizia e l’Autorità giudiziaria e pervenire e contrastare le infiltrazioni criminali negli enti locali;
  6. introdurre strumenti finalizzati a migliorare l’efficienza e la funzionalità dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, anche attraverso il rafforzamento della sua organizzazione.

Misure sull’immigrazione e la protezione internazionale. Cosa cambia

In dettaglio, il provvedimento interviene primariamente sulla maggiore criticità dell’attuale sistema, individuabile nell’anomala sproporzione tra il numero di riconoscimenti delle forme di protezione internazionale espressamente disciplinate a livello europeo (status di rifugiato e protezione sussidiaria) e il numero di permessi di soggiorno rilasciati per motivi umanitari.

In particolare, si elimina l’attuale esercizio discrezionale nella concessione della tutela umanitaria, con l’introduzione di una tipizzazione dei casi di tutela complementare, con precisi requisiti per i soggetti interessati. Viene fatto salvo, comunque, il potere-dovere delle Commissioni territoriali di valutare l’eventuale sussistenza dei presupposti del principio di non respingimento (non-refoulement), individuando i profili di rischio in cui il richiedente asilo incorrerebbe in caso di esecuzione del provvedimento di espulsione.

Per assicurare una efficace e più rapida gestione delle procedure per il riconoscimento della protezione internazionale, si introducono alcune disposizioni intese a contrastare il ricorso strumentale alla domanda di protezione, intervenendo, nel rispetto delle norme europee, sulle domande reiterate al solo scopo di impedire l’esecuzione imminente di un provvedimento di allontanamento.

Si introduce poi una specifica procedura per le domande presentate in frontiera dopo che il cittadino straniero è stato fermato per avere eluso o tentato di eludere i controlli e si prevede l’ipotesi di trattenimento dei richiedenti asilo, strumentale all’accertamento dell’identità o della cittadinanza del richiedente.

Ancora in materia di protezione internazionale, si interviene per ampliare il catalogo di reati che, in caso di condanna definitiva, comportano il diniego o la revoca della protezione internazionale, inserendovi ipotesi delittuose di particolare gravità e che destano allarme sociale. Per tali reati si prevede, inoltre, in caso di condanna in primo grado, la sospensione del procedimento per la concessione della protezione e l’espulsione del cittadino straniero. Identica procedura è prevista nel caso in cui il soggetto imputato per tali reati, benché non ancora condannato, sia ritenuto di particolare pericolosità sociale.

Il provvedimento introduce poi misure necessarie e urgenti per assicurare l’effettività dei provvedimenti di rimpatrio di coloro che non hanno titolo a soggiornare nel territorio nazionale, prolungando da 90 a 180 giorni la durata massima del trattenimento dello straniero nei Centri di permanenza per il rimpatrio e prevedendo la possibilità di procedere per l’esecuzione dei lavori di costruzione o ristrutturazione dei Centri per i rimpatri attraverso procedure negoziate, per lavori di importo inferiore alle soglie comunitarie in un arco temporale di tre anni.

Misure sulla sicurezza. Cosa prevede il decreto

Tra le misure principali, il decreto prevede specifici interventi che vanno dalla estensione dei controlli attraverso dispositivi elettronici per particolari fattispecie di reato (maltrattamenti e stalking), alle prescrizioni in materia di contratti di noleggio di autoveicoli per la prevenzione di atti di terrorismo, alla estensione dell’ambito di applicazione del divieto di accesso urbano (DASPO urbano), nonché alla applicazione di quello relativo alle manifestazioni sportive anche a coloro che siano indiziati per reati di terrorismo.

Si prevede, altresì, un’apposita disposizione finalizzata a consentire anche alla Polizia municipale di utilizzare in via sperimentale armi comuni ad impulso elettrico. Si predispongono poi misure finalizzate al contrasto del fenomeno delle occupazioni arbitrarie di immobili, attraverso l’inasprimento delle pene fissate nei confronti di promotori o organizzatori dell’invasione, nonché con la possibilità, nei confronti degli stessi, di disporre intercettazioni.

Si introducono anche disposizioni volte a migliorare l’efficienza e la funzionalità dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC), anche attraverso il rafforzamento della sua organizzazione.

Fonte: agi.it Articolo di S. Ronda del 25 settembre 2018 (qui), Facebook Il decreto spiegato dal Ministro dell’Interno Salvini (qui)

Europa, Gran Bretagna, Immigrazione, Politica, Sinistra

L’altra Sinistra/1. UK, Corbyn (Labour): l’immigrazione di massa ha distrutto le condizioni dei lavoratori britannici.

Il leader del Labour Jeremy Corbyn dichiara esplicitamente quello che nel nostro paese una “sinistra” allo sbando non vuole ammettere: che l’immigrazione incontrollata serve a distruggere le condizioni del lavoro, sostituendo con manodopera sottopagata i lavoratori locali. A vantaggio unicamente delle imprese. Corbyn, immediatamente accusato di essere “ukippista” (e, si può immaginare, lo sarebbe di essere leghista qui da noi), fa una proposta razionale: l’immigrazione deve essere basata sui posti di lavoro disponibili e sulle capacità di svolgere quel lavoro. Per questo, ritiene indispensabile che con l’uscita dall’UE la Gran Bretagna esca anche dal mercato unico, che prevede la libera circolazione delle persone. Insomma, la Brexit a quanto pare ha schiarito le idee ai Labour, che pure erano per il Remain: meglio tardi che mai (a parte i molti lavoratori che ci hanno già rimesso il posto).

CIl leader del Labour ha dichiarato ad Andrew Marr che il suo partito vuole lasciare il mercato unico.

L’immigrazione di massa dall’Unione Europea è stata utilizzata per “distruggere” le condizioni dei lavoratori inglesi, ha dichiarato oggi Jeremy Corbyn.

Il leader del Labour è stato incalzato a proposito della posizione del suo partito nei confronti dell’immigrazione durante il programma televisivo di Andrew Marr. E ha ribadito la sua convinzione che la Gran Bretagna debba lasciare il mercato unico, sostenendo che “il mercato unico dipende dall’adesione all’UE… le due cose sono inestricabilmente legate“.

Corbyn ha dichiarato che il Labour sostiene invece un “accesso al libero commercio senza dazi“. Tuttavia, altri paesi che hanno stretto questo tipo di accordo, come la Norvegia, hanno accettato le “quattro libertà” del mercato unico, che includono la libera circolazione delle persone. Il parlamentare laburista Chuka Umunna ha condotto un tentativo in parlamento di far restare la Gran Bretagna nel mercato unico, sostenendo che il 66 per cento dei membri del Labour vogliono rimanere. Nicola Sturgeon, del SNP (partito nazionale scozzese, ndT), ha affermato che “l’incapacità del Labour di schierarsi dalla parte del buon senso sulla questione del mercato unico li renderà colpevoli del disastro della Brexit quanto i Tories“.

Perorando la causa dell’uscita dal mercato unico, Corbyn ha usato un linguaggio che raramente gli abbiamo sentito usare – accusando l’immigrazione di avere delle ripercussioni sulla vita dei lavoratori britannici.

Il leader del Labour ha affermato che anche dopo l’uscita dall’Unione europea, comunque resterebbero lavoratori europei in Gran Bretagna e viceversa. E ha aggiunto: “Quella che cesserebbe sarebbe l’importazione all’ingrosso di lavoratori sottopagati dall’Europa centrale, per distruggere le condizioni del lavoro, in particolare nel settore edile”.

Corbyn ha affermato che proibirebbe alle agenzie di pubblicizzare offerte di lavoro in Europa centrale – chiedendo loro di “pubblicizzarle prima nella loro zona”. Questa idea si basa sul “modello Preston”, adottato in questa località dalle autorità locali, nell’intento di dare la priorità alle imprese locali per i contratti del settore pubblico. Le norme dell’UE impediscono questo sistema, considerandolo una forma di discriminazione.

In futuro, i lavoratori stranieri “verrebbero da noi in base ai posti di lavoro disponibili e alla loro capacità di svolgerli. Quello che non permetteremmo più è questa pratica delle agenzie, svolta in modo piuttosto vergognoso – reclutare forza lavoro a salario basso e portarla qui, per licenziare la forza lavoro già esistente nell’industria edile, e poi sottopagarla. È spaventoso, e le uniche a trarne vantaggio sono le imprese”.

Corbyn ha anche affermato che un governo guidato da lui “garantirebbe il diritto dei cittadini dell’UE a rimanere qui, incluso il diritto al ricongiungimento familiare” e spererebbe in una disposizione reciproca da parte dell’UE per i cittadini britannici all’estero.

Matt Holehouse, corrispondente UK / UE per MLex, ha dichiarato che il modo di parlare di Corbyn era “Ukippista”.

Quando Andrew Marr gli ha chiesto se avesse simpatizzato per gli euroscettici – dopo avere votato in passato contro i precedenti trattati dell’UE, come quello di Maastricht – Corbyn ha chiarito la sua posizione sull’UE: è contrario a un “mercato libero senza regole in Europa”, ha affermato, ma ha sostenuto gli aspetti “sociali” dell’UE, come il sostegno ai diritti dei lavoratori. Tuttavia, non ha apprezzato il divieto di dare aiuti di Stato all’industria.

Sulle tasse universitarie, è stato chiesto a Corbyn: “Cosa intendeva quando ha detto che se ne occuperà?”. La risposta è stata che “riconosceva” che i laureati devono affrontare un enorme fardello per pagare le loro tasse, ma che non si impegnava a cancellare tutti i debiti degli anni precedenti. Tuttavia, il Labour una volta al governo abolirebbe le tasse universitarie. Se avesse vinto le elezioni del 2017, gli studenti nel 2017/18 non avrebbero pagato le tasse universitarie (o sarebbero stati rimborsati).

L’intervista ha anche riguardato il divario legato al genere negli stipendi della BBC. Corbyn ha affermato che il Labour punta a esaminare il problema del divario di stipendio legato al genere con audit in tutte le imprese e a introdurre una proporzione salariale – in un’impresa nessuno può ricevere uno stipendio più di 20 volte maggiore di quello del dipendente con il salario più basso. “La BBC deve guardare a se stessa… il divario retributivo è astronomico“, ha aggiunto.

Ha aggiunto che non pensava fosse “sostenibile” per il governo assegnare al DUP (partito politico protestante di estrema destra dell’Irlanda del Nord, ndT) un miliardo e mezzo di sterline e di aspettare con impazienza un’altra elezione.

Fonte: vocidallestero.it Aticolo di H. Lewis, 23 luglio 2017 (qui).

America, Immigrazione, Politica, Sinistra

L’altra Sinistra/2. USA, Sanders (D): “Apertura delle frontiere? E’ una proposta di destra”.

«Come economia globale dobbiamo fare in modo che nei paesi poveri abbiano posti di lavoro dignitosi, istruzione, assistenza sanitaria, nutrimento per la loro gente. Questa è una responsabilità morale, ma non lo fai, come alcuni suggerirebbero, abbassando lo standard dei lavoratori americani»

Bernie Sanders, il leader della “sinistra Usa”, nel 2015 durante una intervista a Vox, che può rappresentare uno spunto di riflessione:

Intervistatore. Da socialista democratico quale sei, hai naturalmente un approccio internazionalista alle cose. Se guardiamo alla questione della povertà globale, per esempio, immagino che questo approccio ti porti alla conclusione che negli USA dovremmo aumentare notevolmente il livello dell’immigrazione, e magari anche adottare una politica di apertura totale delle frontiere… 

Bernie Sanders. Apertura delle frontiere? Questa è una proposta di destra. 

Intervistatore. Ma arricchirebbe molti poveri nel mondo… 

Bernie Sanders. Sì, e renderebbe più poveri gli americani. sarebbe la fine del concetto di Stato-nazione.

Il problema delle migrazioni incontrollate è da anni al centro del dibattito politico italiano con varie fazioni che si contendono la palma della “ragione” sulla delicata e spinosa questione. Tuttavia il dibattito politico troppo spesso si concentra solo sul mero tifo tra i “no borders” e gli antimmigrazionisti. Ovviamente, a mio parere, nessuna delle due strade è praticabile. Sull’azione e sul piano politico su cui si muovono gli anti-immigrazionisti ad oltranza c’è poco da dire; far leva sulla paura per il diverso, e per il più povero, è da sempre stata l’arma per ottenere il consenso, a tempo, di una parte di società.

Più complesso è il problema per i “no borders” e per gli “immigrazionisti” tout court, soprattutto quando si collocano idealmente in un ambito di “sinistra”. Sebbene sia davvero impossibile semplicemente pensare di lasciar morire delle persone in mare o negargli aiuto e qualunque Stato Europeo, in questo caso, che si reputi minimamente democratico deve cooperare per aiutare queste persone, mi chiedo: è possibile perseguire la strada dei “senza confine” senza cadere nella trappola del capitale? È possibile perseguire questa strada senza mettere in discussione il sistema economico attuale e l’imperialismo che rappresentano le cause di povertà, guerre e divisioni sociali sempre più accentuate?

Fonte: lantidiplomatico.it articolo di D. Della Valle (qui).

Immigrazione, Inchieste, Magistratura, Politica

Diciotti, non si trovano gli ordini scritti: si sgretola inchiesta su Salvini

L’indagine sul caso Diciotti potrebbe bloccarsi e saltare definitivamente. Il nodo da sciogliere riguarda la mancanza di ordini scritti da parte del Viminale.

L’indagine sul caso Diciotti potrebbe bloccarsi e saltare definitivamente.

Il nodo da sciogliere riguarda la mancanza di ordini scritti da parte del Viminale. Non un dettaglio da poco. Di fatto mancherebbero le basi per procedere con l’indagine e l’inchiesta potrebbe rivelarsi un clamoroso buco nell’acqua per il pm Patronaggio. Come riporta il Messaggero all’appello tra le carte mancherebbero proprio gli ordini scritti che sarebbero arrivati nella catena di comando per il “no” allo sbarco dei migranti dalla Diciotti. Il ministro degli Interni più di una volta ha ribadito di essere lui stesso l’unico responsabile della decisione che ha poi provocato poi lo stallo della nave nel porto di Catania con a bordo 177 migranti. Nel corso delle indagini sta emergendo sempre più una falla nella ricostruzione della catena di comando.

E sul caso Diciotti resta da sciogliere anche il nodo della competenza. Se lo stop per lo sbarco fosse arrivato nel porto di Catania allora il tutto sarebbe di competenza della prcura etnea. Un ribaltamento del fronteche per ora vede Palermo in prima linea. Intanto per ricostruire la catena di comando, la procura distrettuale di Palermo avrebbe chiesto una serie di testimonianze per capire quali siano stati i contatti tra Diciotti, comandi della Guardia Costiera e Viminale. Saranno ascoltati il comandante della Diciotti, i comandanti delle capitanerie di porto di Porto Empedocle e Catania, il capo di gabinetto di Salvini, Piantedosi, il responsabile dell’ufficio circondariale marittimo di Lampedusa e altri funzionari. Un passo decisivo per capire quale futuro possa avere un’inchiesta che finora appare basata su fondamenta molto fragili…

Fonte: ilgiornale.it Articolo di F. Grilli (qui).

Europa, Immigrazione

Il Dalai Lama sull’immigrazione: “L’Europa ​appartiene agli europei”

Durante una conferenza tenutasi mercoledì scorso in Svezia, il Dalai Lama ha commentato le problematiche connesse alla crisi dei rifugiati, dichiarando che l’accoglienza dovrebbe essere solo temporanea e che l’Europa appartiene agli europei.

Stanno destando scalpore negli ultimi giorni le recenti dichiarazioni del Dalai Lama in merito alle ondate migratorie che ormai da anni interessano l’Europa.

Come riporta il quotidiano inglese The Independent, la massima autorità spirituale del buddhismo tibetano nonché leader del governo tibetano in esilio ha infatti affermato, durante una conferenza tenutasi mercoledì nella città di Malmö, in Svezia, che pur ritenendo fondamentale il dovere dell’accoglienza i rifugiati dovrebbero tornare nei paesi da cui provengono, in modo da consentire a questi ultimi di svilupparsi favorendo condizioni di vita migliori:“Accogliamoli, aiutiamoli, educhiamoli, ma alla fine dovrebbero tornare nei loro paesi.” -aggiungendo – “L’Europa appartiene agli europei”. Parole che hanno suscitato l’indignazione di molti utenti sui social media, i quali hanno accusato il Dalai Lama di essere un bigotto ed un ipocrita, facendo riferimento al fatto che egli stesso da quasi sessant’anni si trova nella condizione di essere un rifugiato. In seguito all’invasione cinese del Tibet, avvenuta nel 1959 in risposta ad una rivolta organizzata dal locale movimento di resistenza, il Dalai Lama fu infatti costretto a riparare nella città di Dharamsala, nell’India settentrionale, dove ancora oggi assieme al governo tibetano in esilio si occupa di sostenere i connazionali perseguitati dalle autorità di Pechino.

Non è tra l’altro la prima volta che Tenzin Gyatso – nome assunto dal monaco dopo l’incoronazione a Dalai Lama e che significa “oceano di saggezza” – assume posizioni conservatrici riguardo all’annosa questione dei migranti. Già nel 2016, in un’intervista concessa al quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung, affermò:“Anche da un punto di vista morale, credo che i rifugiati dovrebbero essere ammessi solo temporaneamente”, accusando l’Unione Europea di averne accettati in numero decisamente maggiore rispetto alle reali capacità di accoglienza ed aggiungendo: “Se guardiamo i profughi in faccia, soprattutto le donne e i bambini, proviamo compassione, ma d’altra parte nel frattempo sono diventati troppi. L’Europa e la Germania non possono diventare arabe. La Germania è la Germania”.

In questo caso oltretutto hanno rivestito particolare importanza il momento ed il luogo in cui l’ottantatreenne leader buddhista ha reso pubbliche queste sue ultime dichiarazioni. Malmö è infatti la città svedese con la maggior percentuale di immigrati tra la popolazione – secondo dati del 2018 circa un terzo dei residenti è nato all’estero – ed attualmente la Svezia sta vivendo un momento politico molto delicato in seguito ai risultati delle elezioni legislative svoltesi la scorsa settimana, in cui il partito nazionalista ed anti migranti Sverigedemokraterna ha incrementato i suoi consensi ottenendo il 17,6 per cento dei voti e 63 seggi nel parlamento nazionale.

Fonte: ilgiornale.it (qui)

Immigrazione, Politica, Sondaggi

Caso Diciotti: il 61% degli italiani si schiera con Salvini

Il tema dell’immigrazione è centrale nel dibattito politico. Per quanto, con evidenza, sovrastimato, visto il calo degli afflussi che tutte le statistiche registrano, esso rimane cruciale. In primo luogo perché riguarda alcuni aspetti politici rilevantissimi sui quali si definiranno i rapporti di forza del prossimo parlamento europeo, che a loro volta determineranno le caratteristiche dell’Unione e addirittura le condizioni della sua stessa sopravvivenza. In secondo luogo, perché il tema parla alla «pancia» del Paese.

Quest’estate il caso della Diciotti — la nave della Guardia costiera italiana che aveva raccolto 177 migranti ma cui era stata negata la possibilità di sbarcarli — è stato emblematico della linea del ministro dell’Interno Matteo Salvini. L’importanza del caso è già evidente nella «audience» che ha avuto: poco meno del 90% dei nostri intervistati ne è al corrente e il 60% ha seguito la vicenda nei dettagli, con la punta massima di attenzione tra gli elettori del centrosinistra, dove si arriva circa all’80% di informati. La linea di Salvini e la sua conduzione del caso, sono condivise dalla larga maggioranza: oltre il 60% apprezza le scelte, solo un quarto degli elettori è critico. Si tratta di un consenso diffuso, che si massimizza tra gli elettori leghisti (86%), ma rimane elevatissimo anche tra i pentastellati (74% in accordo, 20% critico), e maggioritario anche tra chi ha scelto Forza Italia e FdI (72%). Elevata invece la contrarietà degli elettori di centrosinistra (70%), anche se quasi un quarto apprezza il ministro.

È interessante sottolineare che anche tra gli elettori cattolici il sostegno a Salvini rimane prevalente: tra coloro che frequentano le funzioni religiose almeno una volta alla settimana, i critici arrivano al 33% ma i consensi sono al 57%, solo 4 punti in meno della media. Alla notizia dell’apertura di un’indagine sul suo operato, Salvini ha reagito in maniera sprezzante appellandosi alla sua legittimità di eletto. In questo molti hanno visto toni eccessivi e rischiosi, anche perché utilizzati da un rappresentante istituzionale. Cionondimeno la maggioranza sta dalla sua parte: il 56% condivide, mentre la critica sale al 31%. Ancora una volta compatti gli elettori leghisti, seguiti dai 5 Stelle; in questo caso gli elettori di FI e FdI sono più tiepidi, anche se la larga maggioranza (58%) approva. Anche in questo caso tra gli elettori di centrosinistra permane una quota non irrilevante (quasi un quinto) che si schiera con Salvini. Così anche il 55% degli elettori cattolici.

All’interno del M5S sul caso Diciotti si era levata la voce contraria del presidente della Camera Roberto Fico. Abbiamo quindi chiesto se questa vicenda possa avere ripercussioni sul governo. Le risposte sono meno nette delle precedenti: il 48% pensa che non ci saranno ricadute, quasi il 30% al contrario ritiene che possano esservi conseguenze. Solo gli elettori di centrosinistra si attendono (o auspicano) ricadute, ma è da rilevare che circa un quarto sia di leghisti che di pentastellati pensa che l’episodio possa incrinare l’unità dell’esecutivo. I dati confermano quindi il diffuso consenso per Salvini su questi temi, ma registrano anche la presenza di elementi critici negli elettorati dei partiti di maggioranza. È tuttavia evidente che, ancora una volta, è il leader leghista a essere premiato rispetto all’altro vicepremier Di Maio. Contraddizione che abbiamo già visto e che può rafforzare le tensioni, soprattutto alla vigilia della definizione del bilancio preventivo.

Fonte: corriere.it (qui) Articolo di N. Pagnoncelli.

Immigrazione, Politica

Diciotti, Salvini aveva avvertito: “Sono in fuga dalla legge”. Migranti tutti fuggiti. La grande figuraccia buonista.

Matteo Salvini aveva avvertito: “Sono in fuga dalla legge”. In 53 sono scappati da Rocca di Papa, altri 17 dalle Diocesi.

Sono arrivati e già non ci sono più. I migranti della Diciotti, quegli “scheletrini” tenuti a bordo della nave della Guardia costiera italiana per qualche giorno da Salvini, a Rocca di Papa già non ci sono più. Dopo le proteste di fine agosto, infatti, nelle strutture della Cei al “Mondo Migliore” dei cento eritrei non è rimasto più nessuno.

Al centro restano, scrive il Messaggero, solo gli ospiti non eritrei. Gli altri sono finiti nelle diocesi italiane e molti sono fuggiti. Scomparsi nel nulla. Come noto, alcuni di loro, circa 34, sono stati visti e riconosciuti dalla polizia italiana a Ventimiglia. Sono arrivati al confine su un bus affittato dalla Baobab, l’associazione dove si erano rifugiati 16 dei migranti fuggiti dopo lo sbarco della Diciotti. La destinazione finale era il Campo Roja gestito dalla Croce Rossa, uno dei punti da cui tanti passano e poi tentano la traversata verso la Francia.

A conti fatti, dei circa 100 migranti accolti dalla Chiesa, solo in pochi hanno accettato l’ospitalità della Cei. In 53 se ne erano andati via da Rocca di Papa, 17 sono fuggiti dalle varie diocesi. Cifra parziale. Significa qualcosa come 70 stranieri su 100 scomparsi nel nulla nonostante le polemiche, la fame, i pericoli che corrono. Praticamente tutti quelli a bordo della Diciotti, se si escludono i 4 scafisti, i 27 minori fatti sbarcare qualche giorno prima, i 40 ospitati da Albania e Irlanda e le persone in difficoltà scese dalla nave quando ancora si trovava a Lampedusa. Salvini aveva avvertito che sarebbe successo: “Sono in fuga dalla legge”, spiegava. Aveva denunciato il primo fuggi fuggi e la Digos aveva cercato di rintracciarne alcuni. Ma per ora la norma dice che di giorno sono liberi di circolare, dunque non si può far nulla. Se non constatare la grande figuraccia dei buonisti.

Fonte: ilgiornale.it (qui)