Ricorrenze

Un mese dal crollo del ponte di Genova.

Un mese dal crollo del ponte Morandi di Genova: 43 morti, 258 famiglie sfollate, 21 indagati. La videoscheda.

A un mese dal crollo del ponte Morandi (14 agosto 2018) il governo ha varato un decreto per Genova, ma anche le zone terremotate di Ischia e Centro Italia. Ma non solo: sono stati annunciati anche provvedimenti nell’ambito della pubblica amministrazione con la ministra Giulia Bongiorno. Il dl arriva in una giornata tesa in cui il presidente della Liguria, Giovanni Toti, si è lamentato dell’esclusione degli enti locali dalla decisioni. “Oggi il Governo ha deciso di dare una mano a Genova, ben venga, ci mancherebbe altro. È stato anche lì nei giorni successivi alla tragedia: noi non ce lo scordiamo. Credo che sia una cosa più unica che rara che un decreto legge che dovrebbe servire per aiutare una città, una regione venga fatto quasi all’insaputa delle istituzioni locali. Non è stato chiamato Marco Bucci (sindaco di Genova, ndr), non è stato chiamato Giovanni Toti. In altri tempi, quando il galateo della politica era un pochino più sofisticato, in questi casi addirittura si chiamavano a partecipare al Consiglio dei ministri le istituzioni locali, perché sappiamo di cosa abbiamo bisogno”.

Conte: “Domani torno a Genova ma non a mani vuote”

Da Roma arriva la risposta direttamente dalla conferenza stampa: “A Genova abbiamo detto che saremmo tornati presto: domani sarò a Genova a ricordare la triste ricorrenza, ma non torno a mani vuote, torno con questo decreto per consentire l’intrapresa per il ripristino delle condizioni di vita delle popolazioni locali” dice Conte che ha annunciato che ci “sarà commissario straordinario ad hoc che avrà ampi poteri di procedere e di disporre, e consentire a Genova di avere un ponte più bello, più nuovo e un rilancio della sua immagine”. Non c’è il nome del commissario che sarà nominato dal premier, ma sembra che la scelta cadrà proprio su Toti. Il premier ha quindi illustrato le iniziative per il capoluogo ligure: dalle agevolazioni fiscali per le imprese alla facilitazioni per la viabilità e la costruzione del ponte. “Il nome del commissario straordinario sul ponte sarà indicato con un decreto del Presidente del Consiglio”. E Conte assicura che presenterà il lavoro del governo a Toti e al sindaco Bucci e ascolterà i loro contributi. Intanto Autostrade si dice pronta a realizzare, insieme a Fincantieri, il ponte sul progetto di Renzo Piano nel minor tempo possibile. Il decreto, che contiene gli interventi di sostegno alla città ma anche una serie di misure per le infrastrutture, è uscito da un non facile consiglio dei ministri.

A rallentare l’esame, le divergenze tra le due anime del Governo sul capoluogo ligure e sulle misure da prendere dopo il crollo: tra i nodi, in particolare, il nome e i poteri da attribuire al nuovo commissario per la ricostruzione. Tensioni prontamente smussate dal Governo: “Si tratta di limature, non di contrasti. Tutto si aggiusta”, hanno spiegato fonti dell’esecutivo che ha poi scelto la via di un confronto con le amministrazioni locali prima di scegliere il nome del commissario. Una scelta che, non è escluso, potrebbe ricadere proprio o sul governatore Toti o sul sindaco Bucci, che però – non è un segreto – puntano a velocizzare la ricostruzione coinvolgendo anche Autostrade, soluzione invece invisa al vicepremier Luigi Di Maio e al ministro delle infrastrutture Danilo Toninelli.

Autostrade: “Pensiamo di poter dare molto a Genova”

Intanto Autostrade per l’Italia assicura di essere pronta a ricostruire e ribadisce la propria disponibilità a dispetto delle intenzioni del Governo di tenerla fuori dai giochi. “Pensiamo di poter dare molto a Genova, in particolare un ponte ricostruito secondo il progetto di Renzo Piano insieme a Fincantieri nei più brevi tempi possibili”, ha detto l’ad Giovanni Castellucci a Porta a Porta, insistendo sulle capacità della sua società (“i ponti li sanno fare tutti ma noi pensiamo di avere una capacità esecutiva veloce”) e ribadendo l’apertura a Fincantieri (più neutro, invece, su Italferr: “una grande azienda, fa più o meno il nostro mestiere nell’ingegneria”). In attesa della battaglia legale (“oggi non è opportuno parlare di carte bollate”), infine, il manager ha ribadito come sul ponte non sia mancata la manutenzione e ha assicurato il proprio impegno perché emerga la verità: “La responsabilità ce la sentiamo tutta”, ha detto, ma per parlare di colpa – ha ribadito – bisogna prima capire cosa è successo.

Toninelli annuncia l’Agenzia nazionale per le Infrastrutture

Con il decreto urgenze che istituisce l’Agenzia per la sicurezza di strade, autostrade e ferrovie, arriva anche l’obbligo di applicare “semplici sensori” che consentiranno “il monitoraggio costante, sette giorni su sette, h24 delle nostre infrastrutture” ha detto il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli al termine del Cdm spiegano che “in seguito alle segnalazioni quali infrastrutture dovranno essere monitorate, che dialogano con i satelliti, un semplice spostamento millimetrico allarme blocco infrastruttura“. Si tratta di “un’opera titanica. Passiamo dalla logica dell’ermegenza alla logica della prevenzione“.

Il responsabile dei Trasporti ha parlato anche di un maggiore controllo su concessioni e tariffe: “Le tariffe autostradali sono aumentate molto più dell’inflazione finora perché non c’era un ente che andasse a definire i dati scientifici, sommati i quali ne derivava il costo di un pedaggio autostradale”. Con il decreto “ci sarà un controllo sulle concessioni e sulle tariffe applicate da queste” in tal modo, “i costi dei pedaggi potranno calare“. “Questo è un decreto che risponde a una necessità non solo di Genova ma alla sicurezza di tutte le nostre infrastrutture. Passiamo dalla logica dell’emergenza a quella della prevenzione: creiamo un’agenzia nazionale sulla sicurezza delle infrastrutture, assumendo 250 giovani ingegneri che andranno in tutta Italia per controllare lo stato di salute di tutte le infrastrutture, come un vero e proprio organo di ispezione e vigilanza. Potranno obbligare e sanzionare il concessionario a fare interventi di messa in sicurezza”. Sarà costituito un archivio nazionale delle opere pubbliche: “La Banca dati unica centrale – ha spiegato – farà una fotografia dinamica e continua sullo stato di salute delle nostre infrastrutture a livello nazionale. Con questo sistema informatizzato sapremo da qui a pochi mesi come stanno le nostre infrastrutture“.

Fonte: ansa.it e ilfattoquotidiano.it

Inchieste

Il ponte Morandi sette minuti prima del crollo. Ecco le crepe.

Il crollo del ponte Morandi di Genova continua a far discutere. Su come si sia potuta verificare questa tragedia che ha spezzato la vita a 43 persone sono state fatte le ipotesi più disparate.

Dai piloni che necessitavano di una manutenzione massiccia ai tiranti spezzati. Dal 14 agosto a oggi, però, non si è ancora venuti a capo di questa terribile storia. Nello specifico, non si sa ancora precisamente cosa abbia raso al suolo una parte di Genova, ma soprattutto l’animo dei suoi cittadini.

Dopo decine di video, foto e fermo immagine degli attimi precedenti al crollo, Quarto Grado pubblica un video esclusivo che mette i brividi. La trasmissione televisiva, infatti, tramite il suo profilo Facebook condivide un documento esclusivo: il ponte Morandi sette minuti prima del crollo. Il filmato, girato da un mezzo in transito, mostra chiaramente che nel pilone alla destra del guidatore c’è un crepa orizziontale profondissima.

Ma la rivelazione choc non si ferma qui. La trasmissione, infatti, dimostra chiaramente attraverso un’immagine che quella crepa micidiale sembrava già presente nel pilone nel 2017.

Se così fosse, perché non è mai stata monitorata e quindi segnalata? Perché nessuno è mai intervenuto?

Fonte: dagospia.com (qui)

Inchieste

Crollo ponte Morandi, indagati 20 persone e la società Autostrade.

Contestato l’omicidio colposo stradale plurimo, togliendo invece l’attentato alla sicurezza dei trasporti. Viene contestato anche il disastro colposo e l’omicidio colposo plurimo con l’aggravante delle violazione della normativa antinfortunistica.

Ci sono venti indagati per il crollo di ponte Morandi che il 14 agosto scorso ha causato 43 morti. C’è anche Autostrade per l’Italia per responsabilità dell’ente. Le accuse contestate sono disastro colposo, omicidio colpo stradale plurimo e omicidio colposo aggravato dalle violazioni delle norme anti infortunistiche.

Il procurato capo Francesco Cozzi, confermando la notizia, ha anche annunciato: “A breve chiederemo l’incidente probatorio.L’iscrizione viene fatta proprio contestualmente per la necessità di effettuare un atto garantito”. Cozzi, sottolineando che la lista degli indagati è allo stato di 20 persone, ha precisato che non è escluso che l’elenco possa allungarsi: “al momento la lista è questa, poi qualora emergessero ulteriori profili dalla prosecuzione delle indagini questo verrà valutato, anche eventualmente in corso di incidente probatorio come prevede il codice”.

Intanto il premier Giuseppe Conte da Ischia assicura: “Non faremo sconti a un concessionario dopo una simile tragedia. Non posso dire oggi che si va verso la nazionalizzazione. A noi interessa tutelare a pieno il patrimonio dello Stato e avere massime garanzie di tutela di incolumità dei cittadini. Se questo avverrà attraverso la nazionalizzazione o una nuova gara con condizioni contrattuali diverse lo vedremo”, sottolinea inoltre il capo del governo.

Il governatore della Liguria, Giovanni Toti, precisa invece di aver chiesto al governo di non revocare la concessione: “Ho chiesto al governo che questo non avvenga, credo che questo non sia utile a Genova, alla Liguria e a tutto il paese. Credo sia giusto rivedere il sistema delle concessioni e che se ne discuta in Parlamento ma ho chiesto che tutto questo non rallenti la ricostruzione di Genova che non serve solo alla città di Genova e alla Liguria ma a tutto il paese”.

Fonte: ansa.it (qui)

Inchieste, Politica, Privatizzazioni

Ponte Morandi, la lista dei possibili indagati sul tavolo dei pm di Genova

C’è una lista persone alla procura di Genova. Si tratta di coloro che sapevano dei problemi della struttura e che in futuro potrebbero essere indagate per il crollo del Ponte Morandi a Genova che ha provocato la morte di 43 persone il 14 agosto. Lo riportano i principali quotidiani in edicola.

Secondo il Corriere della sera

la guardia di Finanza ha consegnato in Procura la sua lista: una trentina di nomi. Si tratta di dirigenti, funzionari, manager e tecnici che si sono occupati a vario titolo del Ponte Morandi negli ultimi sei anni. Da quando, cioè, la vigilanza sulle concessionarie autostradali è stata trasferita all’Anas al Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, dove nel 2012 è nata una specifica Direzione generale.

Il quotidiano la Repubblica scrive che

sulla scrivania del pm arriva un elenco di 13 persone: chi sapeva con certezza della criticità del ponte, chi da tre anni a questa parte ha visto passare dal suo ufficio documenti, mail, progetti e comunicazioni varie

Per la Stampa

il dato clou è l’informativa della finanza, che circoscrive un dossier principale di 13 nomi, il cui operato si è svolto in tempi recenti. Il numero sale a 25 nel caso, non scontato, in cui i pubblici ministeri decidessero di allargare gli accertamenti a figure apicali che hanno operato prima del 2015. La lista numero uno – la scelta se iscrivere o meno questi nomi al registro degli indagati e soprattutto quali scremandone alcuni a scapito di altri, spetta ai magistrati ed è compiuta in queste ore – contiene: Fabio Cerchiai (presidente di Autostrade per l’Italia), Giovanni Castellucci (ad di Aspi), paolo Berti (direttore centrale operazioni Aspi), Michelle Donferri Mitelli (direttore maintenance e investimenti esercizio Aspi), Stefano Marigliani (direttore primo tronco Aspi).

Intanto sono 145 le parti offese, tra familiari delle vittime e feriti del crollo di ponte Morandi. L’elenco definitivo è stato consegnato dalla squadra mobile, ma potrebbe poi aumentare quando inizierà il processo se dovessero essere ammessi anche i danneggiati e gli sfollati.

Si allungano invece i tempi dell’incidente probatorio che potrebbe partire anche in corso di demolizione dei resti della struttura. Dalle indagini intanto emerge che già a partire dal 2013 ad Autostrade erano arrivati i primi alert sullo stato di ammaloramento del viadotto. Successivamente venne commissionato un altro studio alla Cesi e poi al politecnico di Milano.

Quest’ultimo aveva segnalato anomalie da approfondire e avevano suggerito la progettazione di una serie di sensori per monitorare costantemente il Morandi.

Gli investigatori stanno controllando gli studi preliminari che la società aveva ricevuto e che poi hanno portato, nel 2017, al progetto di retrofitting sulle pile 9 e 10. Gli inquirenti vogliono capire se gli allarmi furono interpretati correttamente e se non vennero sottovalutati alcuni aspetti. Tra gli aspetti sotto analisi anche le tecniche e il materiale usato per la realizzazione della struttura. “Vogliamo capire – ha spiegato il procuratore capo di Genova, Francesco Cozzi – se il progetto realizzato dall’ingegner Morandi sia poi stato eseguito correttamente e se è stato usato il materiale giusto”.

Fonte: HuffingtonPost.it (qui)

Inchieste

Ponte Morandi, Autostrade: “Rispettato gli obblighi”. Toninelli: “E’ indecente”. Di Maio: “Farebbero meglio a tacere”

Il cda della società si è riunito in mattinata per rispondere al Mit che vuole revocare la concessione: “Confermato il proprio convincimento in merito al puntuale adempimento degli obblighi concessori da parte della Società”. Anche Di Maio attacca: “Farebbero meglio a tacere”

Autostrade per l’Italia resta convinta di aver rispettato gli obblighi prescritti dalla concessione che la lega al Ministero delle Infrastrutture, anche per quanto riguarda il tratto genovese del Ponte Morandi, tragicamente crollato a metà agosto con la morte di 43 persone. Lo mette nero su bianco una nota al termine del consiglio di amministrazione della società. Immediata la replica proprio del ministro delle Infrasttture, Danilo Toninelli: “E’ incredibile sentir parlare di ‘puntuale adempimento degli obblighì dopo una tragedia con 43 morti, 9 feriti, centinaia di sfollati e imprese in ginocchio. Siamo all’indecenza”, twitta il titolare del Mit.

A stretto giro passa all’attacco anche il vicepremier Luigi Di Maio: “Autostrade dice di aver fatto ‘un puntuale adempimento degli obblighi concessorì previsti dalla convenzione con lo Stato. Me la sono riletta tutta attentamente. Far crollare il ponte causando 43 morti non era nel contratto”, scrive sul suo profilo Facebook. Dai Benetton – prosegue il ministro – ci aspettiamo solo le scuse e i soldi per la ricostruzione del ponte, che non faranno loro. Per il resto consiglio ad Autostrade di tacere. Gli italiani non ne possono più delle loro dichiarazioni fuori luogo”.

Il botta e risposta è arrivato al termine di una mattinata caratterizzata dal doppio consiglio di amministrazione di Autostrade e della holding Atlantia, cassaforte delle partecipazioni della famiglia Benetton attive nel business di strade ed aeroporti. Il board che si è riunito sotto la presidenza di Fabio Cerchiai aveva sul tavolo la lettera del Mit che ha avviato l’iter per la revoca della concessione. Autostrade “ha preso atto degli elementi di confutazione alla lettera del Ministero delle Infrastrutture datata 16 agosto 2018 predisposti dalle strutture tecniche della Società ed ha confermato il proprio convincimento in merito al puntuale adempimento degli obblighi concessori da parte della Società”. Autostrade non ha specificato oltre sulla natura della risposta che verrà recapitata alla struttura di Toninelli, se non che “la lettera di riscontro ed i relativi allegati saranno inviati al Ministero nel termine assegnato”, ovvero domani.

Al termine della riunione, una nota ufficiale ha fatto presente che i consiglieri si sono aggiornati – “nelle more degli esiti degli accertamenti in corso relativi al crollo del viadotto Polcevera” – sulle iniziative per la popolazione. “In particolare, gli aiuti alle famiglie colpite che hanno interessato più di 200 nuclei familiari, le iniziative di ripristino della viabilità cittadina, le ulteriori iniziative di agevolazione del pedaggio e l’avanzamento del progetto di demolizione e ricostruzione del ponte”. Autostrade ha sottolineato che “il Consiglio ed il Collegio Sindacale hanno rinnovato il proprio cordoglio per le vittime, il dolore per i feriti e la vicinanza all’intera comunità genovese ed alle Istituzioni”.

Come detto, la replica del ministro Toninelli – via Twitter- non si è fatta attendere:  “E’ incredibile sentir parlare di “puntuale adempimento degli obblighi” dopo una tragedia con 43 morti, 9 feriti, centinaia di sfollati e imprese in ginocchio. Siamo all’indecenza. Rimetteremo le cose a posto e ridaremo sicurezza e servizi ai cittadini che via viaggiano”, ha attaccato.

Soltanto ieri i vertici delle Autostrade avevano incontrato il commissario Toti e le istituzioni liguri per fare il punto sul piano di demolizione e ricostruzione del viadotto Polcevera. Un progetto nel quale potrebbero rientrare Fincantieri per la parte di realizzazione del nuovo ponte d’acciaio e Renzo Piano come super-architetto in grado di “donare” la rinascita dell’area alla sua città. Il governatore ligure ha detto ieri che la demolizione avverrà “entro 30 giorni” e chiesto una legge speciale al governo, mentre i vertici della società hanno detto di avere più opzioni per la riscostruzione, intanto hanno esteso la gratuità dei pedaggi nell’area. In particolare, ha precisato oggi Autostrade, rispetto alla prima area di esenzione già operativa per chi viaggia sulle tratte Genova Bolzaneto-Genova Ovest-Genova Est e Genova Pra’-Genova Pegli-Genova Aeroporto, si prevede l’esenzione dal pagamento per l’intera tratta Genova Pra’-Genova Pegli-Genova Aeroporto anche per chi proviene dalle entrate autostradali a ponente fino ad Albisola e Ovada inclusi. Le esenzioni dell’intera tratta Genova Bolzaneto-Genova Ovest-Genova Est si applicheranno anche a chi proviene dalle tratte di A7 e A12 comprese tra i caselli di Vignole e Sestri Levante.

Del caso aveva parlato in mattinata il sottosegretario Giancarlo Giorgetti, durante la festa del Fatto Quotidiano: “Sulla revoca delle concessioni bisogna andare dritto per dritto. C’è una procedura già avviata, a tutti si concede il diritto di difesa, avranno pochi giorni per rispondere e poi si deciderà”. Nonostante quel che sostiene Autostrade, per Giorgetti quello che è accaduto a Genova “è talmente eclatante che, a mio giudizio, non capisco come non possa essere ritenuta responsabile anche la società Autostrade, oltre a chi doveva vigilare”. Divergente dal M5s invece l’opinione sulla nazionalizzazione: “Onestamente esprimo dubbi che l’Anas abbia le strutture tecniche e le capacità per fare cose del genere”.

Fonte: laRepubblica.it Articolo di A. Cassinis del 31 agosto 2018 (qui)

Inchieste, Politica

Ponte Morandi: L’inchiesta mette sotto tiro 28 persone. E punta su Delrio.

L’inchiesta sul crollo del ponte Morandi punta anche su Delrio – la Finanza sequestra documenti al ministero che era gestito dal leader renziano (fu prodiano) – in totale sotto tiro 28 persone – gli investigatori non si sono presentati solo al Mit di Roma, ma anche al provveditorato delle Opere pubbliche della Liguria e alla Spea Engineering Spa, una società del gruppo Atlantia.

Altra trasferta romana degli uomini del Primo gruppo della Guardia di finanza di Genova.

 

Delrio

Dopo quella di mercoledì scorso, nella sede di Autostrade per l’ Italia, ieri le fiamme gialle, guidate dal colonnello Ivan Bixio, hanno fatto breccia nel ministero delle Infrastrutture e trasporti di fronte a Porta Pia e al monumento al bersagliere. Accolti da questo tweet del ministro Danilo Toninelli: «Sono ben felice che si faccia chiarezza su quanto successo in passato. Il ministero è a totale disposizione delle autorità che stanno indagando sul crollo del ponte Morandi. Buon lavoro a Gdf e magistrati».

Nel decreto di sequestro (il fascicolo penale è ancora senza indagati) si legge che gli investigatori si sono presentati al dicastero, che nel periodo sotto osservazione era guidato da Graziano Delrio, per acquisire «ogni documentazione di natura tecnica, amministrativa e contabile, appunto, nota o simili» relativa al ponte, «redatta da, o pervenuta a, qualsiasi ufficio, centrale o periferico (provveditorato alle opere pubbliche per la Liguria, ufficio ispettorato territoriale)» del ministero. Gli investigatori avevano il compito di sequestrare anche la documentazione digitale e la posta elettronica del personale «avente competenza sulla materia delle autostrade in concessione».

Gli investigatori non si sono presentati solo al Mit di Roma, ma anche al provveditorato delle opere pubbliche della Liguria e alla Spea engineering spa, una società del gruppo Atlantia (che a sua volta controlla Autostrade per l’ Italia) a cui è stato affidato il progetto di messa in sicurezza del viadotto Morandi che sarebbe dovuto partire a settembre. La Spea ha 650 dipendenti, 8 filiali estere e una controllata brasiliana, la sede principale negli uffici dell’ Aspi a Roma e un’ altra a Milano.

Gli uomini delle fiamme gialle hanno quindi fatto dei sequestri anche nel capoluogo lombardo e lavorato sui server di posta elettronica della Spea a Firenze. Alle Spea si sono occupati di portar via soprattutto i report trimestrali sulla sicurezza redatti sulla salute del ponte. Al termine della giornata di sequestri gli investigatori hanno fatto copia forense di 13 computer e altrettanti smartphone in uso dalle figure più coinvolte. Un numero a cui bisogna sommare i 15 dirigenti di Autostrade già privati di pc e telefonini la settimana scorsa.

In pratica, in vista dell’ incidente probatorio irripetibile, la Guardia di finanza sta cercando tutte le informazioni che sono circolate sullo stato del viadotto e sta ricostruendo la catena di comando che ha avuto contezza dell’«ammaloramento» degli stralli del Morandi e che poteva prendere provvedimenti.

Un ulteriore focus riguarda l’ attività svolta dalle strutture di vigilanza e controllo, ossia provveditorato e Mit, dove è stato acquisito un carteggio interessante con Autostrade sul ponte. Tutti i possibili responsabili di una sottovalutazione del rischio potrebbero essere iscritti sul registro degli indagati in vista dell’ incidente probatorio, in modo da dar loro la possibilità di difendersi e di nominare un consulente di parte.

I primi dirigenti su cui si sono concentrate le indagini preliminari sono quelli di Autostrade e in particolare Paolo Berti, responsabile centrale delle operazioni di Aspi, l’ architetto Michele Donferri, a capo dell’ ufficio Manutenzione e interventi, il direttore del tronco di Genova, Stefano Marigliano, e il responsabile dell’ ufficio Affari regolatori e concessori, Amedeo Gagliardi.

Al centro degli approfondimenti anche i membri del consiglio d’ amministrazione presieduto da Fabio Cerchiai e dall’ amministratore delegato, Giovanni Castellucci, che hanno approvato i lavori. Dopo il via libera, la stesura del progetto viene affidata alla controllata di Autostrade, Spea engineering. Per questo le fiamme gialle hanno acquisito pc e cellulari dell’ amministratore delegato, Antonino Galatà, del responsabile del progetto, Massimiliano Giacobbie e dell’ autore del piano sicurezza, l’ ingegner Massimo Bazzarelli. I passaggi successivi del progetto coinvolgono altri manager e tecnici.

Il primo febbraio il progetto viene presentato al comitato tecnico del provveditorato del ministero delle Infrastrutture, davanti a dieci commissari con diritto di voto e 17 esperti. L’ architetto Roberto Ferrazza, provveditore interregionale da 155.000 euro l’ anno, lo promuove a marzo con alcuni rilievi.

Il 28 aprile Autostrade pubblica il bando di gara, con procedura ristretta, per un appalto da 20.159.344,69 euro, (24,6 milioni con Iva), a cui segue una preselezione. La durata prevista per i lavori è di 784 giorni «dall’ aggiudicazione dell’ appalto». Ossia più di due anni, evidentemente per non rallentare troppo il traffico e gli affari. Il responsabile unico del procedimento è l’ ingegner Paolo Strazzullo di Autostrade, che è chiamato a valutare le proposte.

L’ 11 giugno è il termine ultimo per la presentazione delle offerte e lo stesso giorno Vincenzo Cinelli, a capo della direzione generale per la vigilanza sulle concessioni autostradali del Mit (poltrona conquistata grazie a un decreto del presidente del Consiglio dei ministri firmato da Marianna Madia in vece di Paolo Gentiloni), ha dato il via libera definitivo al progetto. Ma Cinelli è laureato in Scienze politiche e si è certamente consultato con il responsabile della Prima divisione del Mit (Vigilanza tecnica e operativa della rete autostradale in concessione), l’ ingegner Bruno Santoro, con un passato al Consiglio superiore dei lavori pubblici, il massimo organo tecnico e consultivo dello Stato, e successivamente destinato a incarichi di minor prestigio.

Santoro è stato nominato da Cinelli responsabile della Prima divisione a marzo e nella stessa infornata è diventato capo dell’ ufficio ispettivo territoriale di Genova l’ ingegner Carmine Testa. Tutti esperti che non sono riusciti a prevedere il collasso del Morandi e a cui i finanzieri hanno clonato pc e telefoni. Gli investigatori hanno anche spulciato con cura gli uffici della Divisione analisi e investimenti, guidata da Giovanni Proietti.

In attesa delle prossime mosse della Procura, i reperti del ponte, catalogati dai consulenti, saranno custoditi in un hangar dell’ Amiu, la municipalizzata dei rifiuti. «Come è stato fatto per la tragedia di Ustica», ha puntualizzato il procuratore Francesco Cozzi.

C’ è da sperare che in questo caso la verità affiori prima.

Fonte: dagospia.it (qui) su Articolo di G. Amadori (LaVerità)

Conflitti d'interesse, Politica

Brencich e Ferrazza lasciano commissione. E il Mit accusa Ferrazza: “Poteva far chiudere il traffico”

Antonio Brencich ha rassegnato oggi ufficialmente le sue dimissioni da componente della commissione ispettiva del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Mit)sul crollo del ponte Morandi di Genova, da cui è stato anche revocato l’incarico all’architetto Roberto Ferrazza per motivi di opportunità. Lo ha reso noto una nota del Mit. Della commissione ispettiva del Mit entrerà invece a far parte Alfredo Principio Mortellaro, dirigente del Consiglio superiore dei lavori pubblici, Mortellaro – spiega la nota – rappresenta una figura professionale di altissimo livello e con una esperienza trentennale alle spalle. Peraltro, nell’ambito dei molteplici compiti istituzionali, ha anche lavorato al collaudo di opere come il Terzo Valico. Il Ministero, si legge nella nota, ringrazia Brencich “per il lavoro fin qui svolto e per il gesto che mostra grande professionalità e sensibilità istituzionale”.

Le accuse del Ministero a Ferrazza.

Il tecnico rimosso assieme a Brencich dalla commissione ispettiva. Prosegue l’inchiesta: nei prossimi giorni i primi indagati e nel registro potrebbero finire una ventina di persone.

Il ponte era malato. Tutto. Non solo la parte est. Anche le condizioni del moncone ovest “sono gravi, se non gravissime”. A dirlo non sono documenti degli anni scorsi, ma i periti incaricati dai pm che nelle ultime ore hanno effettuato un sopralluogo. Lo snodo è centrale e a farlo emergere è lo stesso procuratore di Genova, Francesco Cozzi, che nel frattempo non ha ancora autorizzato il dissequestro di quel che resta del viadotto. “Andrà accertato – ha detto – se ci siano state sottovalutazioni”. Anche perché quello stato di deterioramento “è precedente al crollo del viadotto” del 14 agosto. L’inchiesta vedrà nei prossimi giorni i primi indagati e nel registro potrebbero finire una ventina di persone. Ma per ora “non c’è nessuna lista di nomi”, ha ribadito Cozzi, che insieme all’aggiunto Paolo D’Ovidio coordina l’inchiesta sul crollo affidata ai pm Walter Cotugno e Massimo Terrile.

Il fascicolo resta quindi a carico di ignoti per i reati di attentato colposo alla sicurezza dei trasporti, omicidio colposo plurimo e disastro colposo. Procede a ritmo serrato l’acquisizione di atti. La Guardia di finanza è tornata per il secondo giorno consecutivo negli uffici di Società Autostrade a Genova, Firenze e Roma, dove ha sequestrato molto materiale. Tra questo, tutta la corrispondenza tra Autostrade e Ministero delle Infrastrutture relativa al ponte Morandi e la copia dei dati contenuti nelle sim di 15 cellulari di dirigenti, tra cui ci sarebbero anche i vertici della società, il presidente Fabio Cerchiai, l’ad Giovanni Castellucci e il direttore del tronco di Genova Stefano Marigliani: l’attenzione è puntata soprattutto sulle mail. Ci sono poi i pc ed è in atto la copia del server di posta elettronica, operazione che richiede almeno tre, quattro giorni di lavoro. Alcuni manager della società sarebbero anche stati sentiti come persone informate dei fatti. Se necessario, non è escluso che la Finanza possa andare anche negli uffici centrali e periferici del Ministero delle infrastrutture.

“Procediamo con altre acquisizioni”, ha dichiarato Cozzi, sottolineando che tra le carte prelevate ad Autostrade “alcune sono molto rilevanti”. E ora andranno messe in relazione anche con i rilievi sul troncone ovest del ponte: queste verifiche sono state fatte nelle ultime ore dai periti dei pm. Quelle sul moncone est, invece – da cui è emerso che il pilone 10, rimasto in piedi, ha un grado di deterioramento superiore a quello del pilone crollato – sono desunte dalle verifiche svolte da Autostrade per l’Italia e allegate al progetto esecutivo di consolidamento del ponte nell’ottobre 2017. Il procuratore ha anche specificato che, per il momento, “non c’è stata nessuna richiesta di incidente probatorio”. Una volta formalizzate le iscrizioni nel registro degli indagati, una richiesta al gip da parte dei pm per ottenere quella che in sostanza è un’anticipazione del contraddittorio tra le parti per cristallizzare le prove, è nelle cose. Per ora i periti della procura stanno andando avanti con la raccolta di reperti. “Se ponte Morandi dovrà essere abbattuto – ha detto il procuratore – chiederemo, attraverso i nostri consulenti, che venga fatto con modalità tali da salvaguardare materiale utile sul piano investigativo”. Ed è chiaro che tra l’ipotesi di utilizzo di cariche esplosive e quella di uno smontaggio, la procura preferirebbe la seconda. Ad Autostrade è stato dato tempo fino a venerdì prossimo per presentare un piano. Nel frattempo il procuratore ha fatto sapere di non aver dato, per ora, l’ok al dissequestro dei due monconi del viadotto.

Si risolve intanto con l’uscita di scena dei due interessati la polemica sulla presenza nella commissione ispettiva del ministero di Roberto Ferrazza e Antonio Brencich. In serata il ministero ha annunciato che il professor Brencich ha presentato le dimissioni e che il ministro Danilo Toninelli ha dato mandato per la revoca dall’incarico di presidente della commissione per l’architetto Ferrazza “secondo ragioni di opportunità in relazione a tutte le istituzioni coinvolte in questa vicenda”. Ferrazza che, secondo fonti del Mit “poteva far chiudere il traffico ” sul ponte Morandi in quanto provveditore ai lavori pubblici. Della commissione entrerà a far parte Alfredo Principio Mortellaro, dirigente del Consiglio superiore dei lavori pubblici.

Fonte: agi.it (qui) e HuffingtonPost.it (qui)

Leggi anche: Il Mit: “Valutiamo sostituzione del presidente della Commissione ispettiva”. Il Ministro intervenga e imponga un ricambio più consistente (qui)

Cronaca

Il Mit: “Valutiamo sostituzione del presidente della Commissione ispettiva”. Il Ministro intervenga e imponga un ricambio più consistente.

L’architetto Roberto Ferrazza, a capo della Commissione ispettiva del Mit, lo scorso febbraio ha dato il via libera al progetto di Autostrade. Nei verbali della riunione nessun riferimento cautelativo per ridurre il traffico, anche se Autostrade aveva spiegato che c’era uno stato di degrado degli stalli. Sotto osservazione anche un terzo membro, che ha lavorato per Autostrade. Lo staff di Toninelli al Fatto.it: “A breve novità, in corso una valutazione su conflitto d’interessi”

“Noi non siamo lì per interferire con il lavoro della procura o per sbianchettare qualche documento”. Roberto Ferrazza prova a smarcarsi, ma ora il presidente della Commissione ispettiva del ministero dei Trasporti sul crollo del ponte Morandi, collassato il 14 agosto facendo 43 vittime, rischia la rimozione. Non solo lui: anche la posizione del professore Antonio Brencich, tra i più critici nei confronti dell’opera progettata nel 1967 e da lui ritenuta un “fallimento dell’ingegneria”, è finita sotto la lente d’ingrandimento del ministero. Perché entrambi, come rivelato da L’Espresso, l’1 febbraio firmarono l’ok al progetto presentato daAutostrade al Comitato tecnico amministrativo del Mit, interno al Provveditorato interregionale delle opere pubbliche. Solo Brencich aveva criticato i metodi usati e fornito “spunti per migliorare la lettura dei documenti progettuali”. Firmando comunque la relazione finale, ora al vaglio della procura di Genova.

Eppure in quella sede era emerso come le prove tecniche sul viadotto Polcevera avessero rilevato il “degrado dei cavicostituenti gli stralli”, con una riduzione d’area totale “dal 10 al 20 per cento”. Durante quella riunione durata poco meno di un’ora avevano saputo, insomma. Ora dovrebbero chiarire le eventuali omissioni e gli errori nell’iter autorizzativo di quei lavori, stabilendo se e quali effetti hanno avuto sul crollo. Così, dopo averli nominati, il ministero guidato da Danilo Toninelli sta valutando la loro rimozione. “Stiamo facendo una valutazione. Ci saranno novità a breve”, apprende Ilfattoquotidiano.it dallo staff del ministro M5s. “Se dovessero emergere conflitti d’interesse, provvederemo alla sostituzione di uno o due membri della Commissione”, aggiungono dall’entourage di Toninelli.

Sotto i riflettori c’è anche la posizione di un terzo dei sei membri, Bruno Santoro. Come rivelato sempre dal settimanale, il commissario ha ricevuto due incarichi da Autostrade per l’Italiatra l’ottobre 2009 e il gennaio 2013 ricevendo in cambio un compenso di 70mila euro in quattro anni. Le consulenze del dirigente ministeriale sono state regolarmente autorizzate dal Mit, ma come nel caso di Ferrazza e Brencich emerge una questione di potenziale conflitto d’interesse visto che ora Santoro dovrà indagare su chi lo ha ingaggiato due volte per incarichi retribuiti.

Ferrazza, pur dicendosi “pronto” a un eventuale passo indietro, si è difeso con un’intervista a La Stampa dicendo di non aver mai firmato “alcuna relazione che sottolineasse questa criticità (quella della riduzione dei cavi, ndr) e sfido chiunque a dimostrarlo”. Ma a pagina 3 del verbale della riunione, pubblicato da L’Espresso, si legge: “I risultati delle prove riflettometriche hanno evidenziato un lento trend di degrado dei cavi costituenti gli stralli (riduzione d’area totale dei cavi dal 10 al 20 per cento) e proprio per tale considerazione la committente ha ritenuto opportuno avviare una progettazione finalizzata al rinforzo degli stralli delle pile 9 e 10″. E sul punto, in ogni caso, Ferrazza è stato chiaro con La Stampa: “Se una persona ha un deficit motorio del 20% non è detto necessariamente che non cammini più. Ma può bastare una stampella per aiutarla a farlo con regolarità”. I “difetti” erano stati illustrati dal responsabile unico del procedimento per Autostrade, Paolo Strazzullo, attualmente imputato a Parma per un incidente mortale in autostrada secondo la procura causato dalla scarsa manutenzione dei new jersey, e dal progettista degli interventi previsti da ottobre, Massimiliano Giacobbi di Spea.

A fronte di quanto illustrato, sostiene Ferrazza, il comitato aveva dato il via libera ma con “alcune prescrizioni”. Quali, non si sa. Di certo il traffico sul ponte Morandi non aveva ricevuto limitazioni né riduzioni di carreggiata per alleggerire il carico sui quei cavi che si stavano “degradando”. E il verbale si conclude con un giudizio positivo del progetto, inviato alla Direzione generale per la vigilanza: “Complessivamente il progetto esecutivo esaminato appare ben redatto e completo in ogni dettaglio. Lo stesso risulta studiato in modo metodologicamente ineccepibile”. Secondo Graziano Delrio, il Mit non ha mai ricevuto alcun tipo di segnalazione dai tecnici del ministero. Intervenendo al meeting di Rimini, il predecessore di Toninelli alle Infrastrutture e Trasporti ha detto: “Non ci è mai stata segnalata la necessità di limitazione del traffico”. Adesso, chi ritenne di non dover suggerire un intervento cautelativo fino all’avvio dei lavori, dovrà indagare su tutto i passaggi che hanno preceduto la tragedia. Salvo che il ministero non faccia marcia indietro per ragioni di opportunità.

Da ilfattoquotidiano.it Articolo di A. Tundo (qui)

Inchieste

Ponte Morandi, tiranti “ridotti del 20 per cento”: Autostrade e MIT sapevano da febbraio 2018.

Il verbale di una riunione tra Infrastrutture, Direzione generale di vigilanza, Provveditorato opere pubbliche e società di gestione dimostra che fin da febbraio 2018 [durante la gestione dell’ex Ministro Del Rio]  la gravità della corrosione era nota. Il documento è firmato da Roberto Ferrazza e Antonio Brencich, ora nominati presidente e membro esperto della commissione d’indagine del governo

La strage del ponte Morandi a Genova non può essere una sorpresa. Il ministero delle Infrastrutture, la Direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali a Roma e il Provveditorato per le opere pubbliche di Piemonte-Valle d’Aosta-Liguria a Genova, insieme con Autostrade per l’Italia della famiglia Benetton, conoscevano perfettamente la gravità del degrado del viadotto collassato la mattina di martedì 14 agosto, provocando la morte di 43 persone.

Almeno sette tecnici, cinque dello Stato e due dell’azienda di gestione, sapevano infatti che la corrosione alle pile 9 (quella crollata) e 10 aveva provocato una riduzione fino al venti per cento dei cavi metallici interni agli stralli, i tiranti di calcestruzzo che sostenevano il sistema bilanciato della struttura. E che nel progetto di rinforzo presentato da Autostrade erano stati rilevati «alcuni aspetti discutibili per quanto riguarda la stima della resistenza del calcestruzzo». Nonostante queste conclusioni, in sei mesi da allora né il ministero né la società concessionaria hanno mai ritenuto di dover limitare il traffico, deviare i mezzi pesanti, ridurre da due a una le corsie per carreggiata, abbassare la velocità. Come si dovrebbe sempre fare, in attesa dell’avvio dei lavori, per garantire la sicurezza e alleggerire il carico e l’affaticamento della costruzione.

È tutto scritto nel verbale della riunione con cui il primo febbraio 2018 il Provveditorato alle opere pubbliche di Genova rilascia il parere obbligatorio sul progetto di ristrutturazione presentato da Autostrade. Il documento, che smentisce quanto la società di gestione continua a dichiarare sull’imprevedibilità del disastro, è firmato tra gli altri dal provveditore, l’architetto Roberto Ferrazza, e dall’esperto esterno, il professore associato della facoltà di ingegneria dell’Università di Genova, Antonio Brencich, che già nel 2016 e più volte nelle interviste tv di questi giorni ha denunciato le condizioni critiche del ponte. Ma nel luogo istituzionale dove portare le proprie osservazioni, in nessuna parte della riunione come dimostra il verbale, nemmeno nel capitolo che riguarda le interferenze con il traffico autostradale, Ferrazza e Brencich prescrivono raccomandazioni sui volumi di traffico che tengano conto delle condizioni dei tiranti, dell’incognita del calcestruzzo. E della conseguente riduzione dei margini di sicurezza, che il crollo ha poi rivelato.

Il ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, ha nominato proprio Ferrazza presidente e Brencich membro esperto della commissione di inchiesta del governo «per svolgere verifiche e analisi tecniche sul crollo». Nella stessa commissione sono stati inseriti anche gli ingegneri Bruno Santoro e Michele Franzese, dirigenti tecnici della Direzione generale per la vigilanza sulle concessioni autostradali: cioè della stessa struttura del ministero che pur avendo ricevuto il verbale da Ferrazza, a fronte di quanto è stato scritto nella riunione non ha ritenuto di dover intervenire. Toninelli è ministro da poche settimane. Ma il suo ufficio di gabinetto e le sue segreterie tecniche e legislative non potevano non sapere che il provveditore di Genova era tenuto per legge a esprimere un parere sul progetto di Autostrade. E che quindi la sua nomina al vertice della commissione ispettiva lo porta a occuparsi di se stesso. Ferrazza e Brencich avranno libero accesso ai luoghi delle indagini, alle macerie e a tutti gli atti amministrativi che riterranno di interesse. Arriverà forse il giorno in cui dovranno autointerrogarsi: chi meglio di loro è testimone della riunione del primo febbraio?

Quando sei mesi fa il comitato tecnico del provveditorato si occupa del ponte Morandi, l’ingegner Paolo Strazzullo, responsabile unico del procedimento per Autostrade e il collega Massimiliano Giacobbi, progettista dell’intervento per conto della Spea Engineering, società collegata al gestore, presentano i dettagli del progetto. Sono i due tecnici sicuramente a conoscenza della situazione del ponte. Sono loro a illustrare il livello di declino della struttura. «I risultati delle prove riflettometriche hanno evidenziato un lento trend di degrado dei cavi costituenti gli stralli (riduzione d’area totale dei cavi dal 10 al 20 per cento) e proprio per tale considerazione la committente ha ritenuto opportuno avviare una progettazione finalizzata al rinforzo degli stralli delle pile 9 e 10», è scritto a pagina 3 del verbale, al capitolo “Descrizione difetti”. Poiché sono fin dalla costruzione inglobati nel calcestruzzo, i cavi dei tiranti non sono visibili all’esterno. Per studiarli, si ricorre alla riflettometria. Facendo passare corrente, si calcola la resistenza e quindi l’eventuale riduzione della sezione del tirante: dalle misure così eseguite, l’area totale delle sezioni risulta consumata dalla corrosione fino al 20 per cento.

«Le indagini», aggiunge il verbale «sono state estese agli altri elementi strutturali che hanno evidenziato quadri fessurativi (lesioni) più o meno estesi, presenza di umidità, fenomeni di distacchi, dilavamenti, ossidazione… sulla base delle indagini svolte la società progettista ha cautelativamente stimato un grado di ammaloramento medio oscillante dal dieci al venti per cento». Il progetto ripropone quindi quanto è già stato fatto circa vent’anni fa sulla pila 11 del viadotto: la disposizione di nuovi cavi esterni, che vanno dal traversone dell’autostrada fino alla sommità delle “antenne” del ponte, a cui sono legati i tiranti.

Relatori, per conto del ministero delle Infrastrutture, sono due ingegneri del provveditorato, Giuseppe Sisca e Salvatore Buonaccorso e gli esperti esterni, Mario Servetto e Antonio Brencich. Sisca è un ingegnere della motorizzazione. Insegna in numerosi corsi di scuola guida. Conosce direttamente la società Autostrade per l’Italia perché nel 2017, su autorizzazione del ministero, ha ricevuto dall’azienda un incarico retribuito in una commissione, attività non collegata ai suoi doveri d’ufficio. Sulla tabella ministeriale, l’importo della prestazione professionale è comunque indicato come presunto e la cifra come “0”. L’autorizzazione agli incarichi esterni di coordinamento lavori o collaudo per imprese private è una prassi ministeriale. Una consuetudine di tutti i governi.

Da l’Espresso. Articolo di F. Gatti (qui)

 

 

 

Cronaca, Inchieste

“Il concessionario è come se fosse diventato il proprietario delle autostrade, non l’inquilino che deve gestirle”

Il procuratore di Genova Cozzi al Corriere della sera.

Premesso che l’indagine è in una fase preliminare ed esiste comunque un segreto istruttorio, posso tuttavia fare un ragionamento più generale: io ho qualche difficoltà ad accettare l’idea che il tema della sicurezza pubblica stradale sia rimesso nelle mani dei privati. La filosofia del nostro sistema vede oggi uno Stato espropriato dei suoi poteri, una sorta di proprietario assenteista che ha abdicato al ruolo di garante della sicurezza. Come se avesse detto al privato, veditela tu”. Lo dice il procuratore di Genova, Francesco Cozzi che, intervistato dal Corriere della Sera, rileva: “Nel momento in cui lo Stato abdica alla funzione di controllo ci vorrebbe almeno un’agenzia terza che garantisse la sicurezza, non il concessionario stesso. Credo che il crollo del ponte Morandi porti a ripensare tutta la materia”.

“Nel momento in cui è stata decisa la privatizzazione delle autostrade, lo Stato si è ritagliato un ruolo riguardante soprattutto il controllo del rapporto fra investimenti e ricavi, il giusto prezzo dei pedaggi, l’inflazione… Meno la sicurezza delle infrastrutture”, osserva. Nonostante il ruolo marginale, potrebbe avere delle responsabilità? “Dobbiamo analizzare bene la materia. Cercheremo di capire quali sono esattamente i poteri degli organi di controllo del ministero, anche se temo che siano molto blandi – spiega -. Il concessionario è come se fosse diventato il proprietario delle autostrade, non l’inquilino che deve gestirle”. E quindi le maggiori responsabilità sono in capo al concessionario, cioè Autostrade? “Chiaro – afferma -, maggiori poteri, maggiori oneri, maggiori responsabilità (non intende dire penali, ndr). E io aggiungerei anche maggiori guadagni”.

Inchieste, Privatizzazioni

Ponte Morandi, Brencich: “Rottura degli stralli è ipotesi seria”

La procura ha nominato che dovranno accertare le cause del crollo, probabilmente riconducibili al collasso del pilone 9. Oggi partono i lavori della Commissione ispettiva del Mit, di cui fa parte anche il docente che lanciò l’allarme nel 2016.

La procura di Genova da oggi sarà materialmente attiva nell’indagine con la nomina dei consulenti da parte del procuratore capo Francesco Cozzi, che ha affidato l’indagine ai pm Walter Cotugno e Massimo Terrile: si tratta degli ingegneri Pier Giorgio Malerba, docente al Politecnico di Milano, e Renato Buratti di Genova. Al momento l’inchiesta è contro ignoti, ma non appena saranno necessari accertamenti irripetibili, i magistrati iscriveranno i primi nomi nel registro degli indagati accusandoli di omicidio colposo plurimo, disastro colposo e attentato alla sicurezza dei trasporti.

Sulla loro scrivania, intanto, arriveranno in giornata diversi documenti. Dalla concessione ad Autostrade, agli atti di Comune e Regione fino ai numerosi studi condotti sul ponte Morandi nel corso degli anni. L’ultimo, commissionato dalla stessa azienda a due professori del Politecnico di Milano, è datato novembre 2017 e allertava Autostrade: “I piloni sono deformi e i cavi ossidati”, scrivevano i docenti dopo due giorni di ispezioni e misurazioni in un dossier pubblicato da Il Fatto Quotidiano. Eppure anche dopo il disastro la società ha detto che non c’erano allarmi: “Se avete documentazione portatemela, a me non risulta”, diceva l’ad di Autostrade al Gr1.

La speciale Commissione ispettiva istituita dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che giovedì ha avviato un’istruttoria su Autostrade per l’Italia, si riunirà per la prima in prefettura a Genova per fare il punto di avviare verifiche e analisi tecniche sul crollo sotto la guida dell’architetto Roberto Ferrazza, provveditore alle opere pubbliche per il Piemonte, Liguria e Val d’Aosta. Assieme a lui, lavoreranno i professori Ivo Vanzi, componente esperto del Consiglio superiore dei lavori pubblici, gli ingegneri Gianluca Ievolella, consigliere di supporto al presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici, Michele Franzese e Bruno Santoro, dirigenti tecnici della direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali.

Nella commissione ci sarà anche Antonio Brencich, professore associato dell’Università degli studi di Genova assai critico sul Morandi negli scorsi anni. La rottura di uno strallo “è un’ipotesi di lavoro seria, ma dopo tre giorni è solo un’ipotesi”, ha detto oggi Brencich, che ha fatto un breve sopralluogo nella zona del ponte. “La voce che gira è che il collasso sia stato attivato dalla rottura di uno strallo ci sono testimonianze e video che vanno in questo senso”. Il docente ha invece smentito che possa essere stato un eccesso di carico a provocare il crollo del ponte Morandi: “La pioggia, i tuoni, l’eccesso di carico sono ipotesi fantasiose – ha detto – che non vanno prese neanche in considerazione”.

Da ilfattoquotidiano.it (qui)

Cronaca

Party a casa di Giuliana Benetton. Ventiquattro ore dopo la tragedia del ponte Morandi.

La famiglia Benetton avrebbe presenziato a una festa a Cortina d’Ampezzo il giorno dopo la strage di Genova. “Un party organizzato per una novantina di invitati sul prato di una villa in località Cojana” scrive Maurizio Tortorellasul quotidiano diretto da Maurizio Belpietro, La Verità. 

“Cojana” leggiamo, “il quartiere più elegante della perla delle Dolomiti: quella che, a due passi dall’esclusivo Golf Club, confina con l’altra zona chic di Cortina, La Spiga”. La festa, sempre secondo la ricostruzione del giornalista Tortorella, si è tenuta a casa di Giuliana Benetton, 81 anni, proprietaria del gruppo tessile assieme ai fratelli Luciano, Gilberto e Carlo, nonché azionista di Autostrade per l’Italia.

La festa sarebbe iniziata intorno a mezzogiorno di giovedì 15 agosto, il giorno successivo alla tragedia del crollo del ponte Morandi, insomma, quando “il nome dei Benetton cominciava, se pure a fatica, a entrare nel frullatore mediatico del’affannosa ricerca delle responsabilità della strage“.

La grigliata, appuntamento mondano di Ferragosto ormai divenuto tradizione per i Benetton nonché evento mondano di assoluto richiamo per i vip in vacanza a Cortina D’Ampezzo nel giallo leonino dell’estate piena, era stata organizzata ovviamente da tempo, e “visto l’elevato numero di ospiti” scrive sempre La Verità, “una settantina di adulti più una ventina di bambini, si è forse ritenuto che la sua cancellazione all’ultimo momento fosse un’operazione troppo convulsa e troppo complessa. Magari ineducata”.

Ma il fatto che la festa si sia comunque tenuta a ventiquattr’ore dalla tragedia che ha precipitato Genova e tutta Italia nel dolore più cupo, una tragedia legata per giunta ad Autostrade per l’Italia e ad Atlantia, società di famiglia che la controlla… insomma non depone esattamente a favore dei Benetton. Il giornalista Tortorella ricorda anche il comunicato piuttosto “asettico” diffuso dalla società Autostrade immediatamente dopo il crollo del ponte quando già si sapeva che vi era stato un certo numero di vittime, all’epoca imprecisato. Un comunicato privo di qualsiasi riferimento ai poveretti finiti nel vuoto e sotto le macerie.

C’era ben poco da festeggiare a ferragosto, a conti fatti, in particolar modo per i Benetton. Ma evidentemente le “convenienze” della mondanità hanno avuto il sopravvento su una condotta rispettosa– perlomeno esteriore – verso gli sventurati uccisi e feriti dal crollo del ponte Morandi e verso una città come Genova ferita, lacerata e messa in ginocchio da una disgrazia che – come emergono costantemente prove al riguardo – si poteva evitare. 

Da affariitaliani.it Articolo di M. Zonetti (qui)

Inchieste, Privatizzazioni

Autostrade, quelle privatizzazioni all’italiana: il trionfo della lobby del casello

Il trucco originario – Fine anni 90: lo Stato cede ai privati il servizio di gestione delle strade, i Benetton si indebitano per comprare ma poi scaricano il debito sulla società appena acquistata.

La tragedia del ponte Morandi ha attirato l’attenzione sul ruolo delle concessionarie. Il governo ha dichiarato l’intenzione di revocare la concessione all’Aspi (Autostrade per l’Italia), Giorgia Meloni invoca la nazionalizzazione del settore. L’istituto delle concessioni si giustifica in teoria per l’idea che opere pubbliche possano essere finanziate con capitali privati e poi devolute allo Stato a fine concessione, senza oneri per il bilancio pubblico. Ma questo non è mai avvenuto in Italia: il grosso della rete fu costruita, negli anni ‘60 e ‘70, tutta a debito, quasi sempre congaranzia dello Stato, mentre gli azionisti, Iri compresa, versavano solo pochi spiccioli in conto capitale. Rimborsati i debiti con il gettito dei pedaggi, invece di devolvere le infrastrutture allo Stato come previsto dai contratti, le concessioni sono state via via e spesso più volte prorogate “gratuitamente”: veri regali grazie ai quali i concessionari hanno iniziato ad arricchirsi senza alcuna giustificazione.

La via delle proroghe gratuite fu iniziata per facilitare la privatizzazione della Autostrade e consentire quindi un rilevante incasso all’Iri, ma ne beneficiarono anche tutti gli altri concessionari, in primis il gruppo Gavio(per la storia delle proroghe e delle rivalutazioni monetarie rimando al mio libro I Signori delle Autostrade, il Mulino).

Gli unici che hanno pagato allo Stato (o meglio all’Iri) somme rilevanti per la concessione sono stati gli azionisti della Schemaventotto (controllata al 60% dai Benetton) che, a fine 1999, versarono 2,5 miliardi per il 30% della Autostrade. Nei cinque anni successivi i pedaggi aumentarono del 21%, con un incasso complessivo di oltre 11 miliardi, mentre gli investimentivenivano contenuti al minimo, appena il 16% di quanto previsto nella convenzione e nell’atto aggiuntivo. Si creava quindi un ampio polmone finanziario che consentiva alla Schemaventotto di lanciare un’Opa totalitaria sulla Autostrade che si concludeva, nel febbraio 2003, portando la quota di Schemaventotto all’84% circa.

Questo acquisto, con un esborso di circa 6 miliardi (quanto incassato dall’Iri per la vendita di tutta la società), venne finanziato interamente a debito tramite una newco poi subito fusa nella Autostrade: così Schemaventotto passò dal 30 all’84% della Autostrade senza sborsare un euro, accollando alla società un debito che questa avrebbe ripagato coi pedaggi. Successivamente, Schemaventotto fece cassa cedendo le quote in esubero rispetto a quanto opportuno per mantenere il controllo e così, dopo appena tre anni, recuperò quasi interamente quanto pagato all’Iri, restando però al controllo di una società con davanti ancora 30 anni di concessionee profitti attorno al miliardo l’anno. Un affare strepitoso per i Benetton e loro coazionisti, senza il minimo rischio! E pare che oggi, in caso di revoca della concessione, possano chiedere una penale-indennizzo di 20 miliardi!

Le concessionarie non hanno mai svolto un ruolo socialmente utile e oggi sono una palla al piede per l’economia, principalmente perché investono in Italia solo una piccola parte del cospicuo flusso di cassa che deriva dai pedaggi: gran parte del resto viene investito all’estero o per diversificare, mentre i pedaggi gravano sulla mobilità e riducono la competitività dell’economia. Nel 2017 Aspi ha avuto un margine operativo lordo di 2.450 milioni ma ne ha investiti nella rete solo 517. La holding Atlantia acquista invece quote del tunnel sotto la Manica e il controllo della spagnola Abertis.

Lo Stato ha regalato quasi tutta la rete autostradale a soggetti che di soldi loro, all’origine, ne hanno investiti pochissimi. Ma i contratti devono essere rispettati: per revocare la concessione all’Aspi il governo dovrà dimostrare che vi sia stata grave inadempienza da parte della concessionaria; quand’anche riesca ad esibire le prove, la società farà opposizione sul piano legale, non solo in Italia, aprendo controversie lunghe e dagli esiti imprevedibili. Esistono anche altri modi per eliminare questo cancro che è cresciuto nella nostra economia. Innanzi tutto occorrerebbe evitare qualunque nuova proroga e abrogare almeno qualcuna delle tante proroghe concesse dal ministro Graziano Delrio, quando sia possibile farlo senza violare contratti, come sembrerebbe possibile per l’Autobrennero. I profitti delle concessionarie potrebbero poi essere contenuti con una valutazione più rigorosa degli investimenti e riducendo il generoso tasso al quale vengono oggi remunerati. Si dovrebbe infine stabilire il principio che quando una concessione scade, l’opera venga devoluta allo Stato, come previsto dal contratto, senza essere né prorogata né rimessa in gara. Quando un’autostrada è stata ammortizzata, il pedaggio diventa per lo più un’imposta. Meglio che la riscuota lo Stato piuttosto che un concessionario. Lo Stato può ben gestire “in house” le nostre autostrade senza che per questo si debba parlare di “nazionalizzazione”.

Lo Stato può facilmente appaltare in gara le due funzioni svolte dalle concessionarie, manutenzione ed esazione dei pedaggi, senza assumere alcun dipendente pubblico e con vantaggio per trasparenza e concorrenza. Il gettito dei pedaggi in genere copre ampiamente il costo di nuovi investimenti, che potrebbero essere appaltati con gare aperte invece che riservate a imprese controllate delle concessionarie. Ci sono due casi in cui un tale cambiamento potrebbe essere applicato da subito: quelli della Torino-Piacenza e dell’Ativa (Torino-Ivrea-Val D’Aosta), entrambe controllate dal gruppo Gavio, con concessioni già scadute e opere già ammortizzate e che non necessitano di nuovi investimenti. Vediamo cosa deciderà questo governo.

Da ilfattoquotidiano.it Articolo di G. Ragazzi (qui)

Cronaca, Primo piano

Ponte Morandi, ovazione per Salvini e Di Maio ai funerali di Stato. Gelo sugli esponenti Dem. Martina (Pd) contestato.

Una folla immensa ai funerali delle vittime del crollo del ponte Morandi che si sono svolti sabato mattina alla fiera di Genova. Un pubblico che ha partecipato con grande emotività alla cerimonia e che non ha risparmiato emozioni nemmeno nei confronti dei politici e delle istituzioni. All’ingresso di Matteo Salvini e Luigi Di Maio c’è stata una vera e propria ovazione: molti applausi, segno di vicinanza e affetto. Una reazione di segno diametralmente opposto è stato riservato agli esponenti del Partito democratico, a partire dall’ex ministra genovese Roberta Pinotti. L’ingresso del segretario Maurizio Martina è stato accolto da un silenzio assordante, accompagnato da qualche fischio e contestazione.

Da ilfattoquotidiano.it (qui)

Da YouTube.com (qui)

Cronaca, Economia

Quattro giorni per scuse gelide e formali di Autostrade. Ma nessuna ammissione di responsabilità.

“Abbiamo una profonda tristezza nel cuore”, queste le prime parole di Fabio Cerchiai, presidente della società, durante la conferenza stampa di Autostrade per l’Italia a pochi giorni dal crollo del ponte Morandi a Genova. “Faremo quanto nelle nostre possibilità per alleviare le sofferenze dei familiari delle vittime e della città di Genova, rimasta ferita dal tragico avvenimento”, ha continuato.

Giovanni Castellucci, l’amministratore delegato, ha annunciato gli interventi che la società ha intenzione di prendere nell’immediato: “Mi rendo conto del fatto che Autostrade non è stata capace di far sentire la propria vicinanza alla città, ma abbiamo solo cercato di collaborare con le istituzioni per trovare le soluzioni più efficaci per alleviare alcuni effetti della tragedia”, ha esordito. Nessuna scusa diretta per quanto accaduto. L’amministratore delegato ha poi illustrato i contributi che intendono dare: “abbiamo stanziato un fondo per i familiari delle vittime che verrebbe gestito dal Comune”. Non ha, però, precisato l’entità della donazione.

Castellucci ha annunciato un progetto per ripristinare la viabilità a Genova: “Abbiamo un programma che di demolire e ricostruire un ponte in otto mesi. Sarà in acciaio”. A chi gli ha chiesto l’entità dell’intervento ha risposto: “È arido parlare di numeri ma la cifra aggira intorno a mezzo miliardo”. A chi, invece, gli fa notare le intenzioni del governo – che aveva annunciato l’avvio dell’iter della revoca della concessione ad Autostrade del tratto – ha risposto: “Non voglio parlare di rapporti con il governo. Siamo intenzionati a fare il ponte, dovremo chiedere un’autorizzazione come tutti”.

La società indennizzerà le persone costrette a lasciare le case per consentire i lavori per questa nuova opera. “C’è l’ipotesi di liberalizzare i pedaggi nel nodo di Genova da Bolzaneto a Voltri a Genova Ovest da lunedì”, ha affermato.

L’ad ha poi sottolineato di avere fiducia nella giustizia e che la società è pronta ad aspettare i tempi della magistratura. Una fase in antitesi rispetto alle parole pronunciate dal premier Conte solo pochi giorni fa: “Non possiamo attendere i tempi della giustizia penale”.

Da HuffingtonPost.it (qui)

Cronaca

Crollo ponte Genova, funerali di Stato per le vittime. Bagnasco: ‘Squarcio al cuore della città’

Si sono svolti a Genova i funerali di Stato per 19 delle 41 vittime del crollo del ponte Morandi. In prima fila il presidente della Repubblica Mattarella e il premier Conte. Il disastro, ha detto l’arcivescovo di Genova, cardinale Bagnasco, ‘ha provocato uno squarcio nel cuore di Genova. La ferita è profonda’, e ‘la giustizia doverosa non cancellerà la tragedia’, ma la città ‘non si arrende: l’anima del suo popolo continuerà a lottare’ e ‘sapremo trarre dal nostro cuore il meglio’.

Applausi alla lettura del nome delle vittime ed al momento in cui il cardinale ha citato i vigili del fuoco e la loro ‘professionalità generosa’. In città le campane delle chiese hanno cominciato a suonare a morto all’inizio della cerimonia, durante la quale anche i negozi sono rimasti chiusi. Fermi pure i lavori nel porto.

“Genova – ha detto Mattarella – è stata colpita. Tutti i genovesi e tutti coloro che si sono recati a Genova in questi anni sono passati su quel ponte, anche io l’ho percorso tante volte, anche di recente. E’ una tragedia che ha coinvolto tanti, tutto il nostro Paese. E’ una tragedia inaccettabile”.

In mattinata Mattarella ha visitato il cantiere dei vigili del fuoco sotto ponte Morandi dove proseguono le attività di ricerca dei dispersi e della messa in sicurezza dell’area e incontrato i soccorritori. Momenti di commozione per il presidente davanti ai resti dell’auto trovata nelle ore scorse dai soccorritori sotto il ponte crollato a Genova sui cui viaggiava la famiglia Cecala, il papà Cristian, la mamma Dawna e la piccola Kristal di 9 anni. Fischi  hanno accolto alcuni parlamentari del Pd, mentre applausi prolungati si sono levati per i rappresentanti del governo Di Maio, Salvini e Toninelli.

I giocatori di Genoa e Sampdoria sono arrivati insieme ai funerali. Sono entrati nel padiglione della Fiera di Genova dove il cardinale Bagnasco officerà la cerimonia camminando vicini. Ci sono i presidenti Ferrero e Preziosi e gli allenatori Ballardini e Giampaolo. Le partite Sampdoria-Fiorentina e Milan-Genoa sono state rinviate per lutto. L’arrivo delle squadre è stato accolto da un lungo applauso.

“Il crollo del ponte Morandi sul torrente Polcevera – ha detto Bagnasco – ha provocato uno squarcio nel cuore di Genova. La ferità è profonda, è fatta innanzitutto dallo sconfinato dolore per coloro che hanno perso la vita e per i dispersi, per i loro familiari, i feriti, i molti sfollati. Innumerevoli sono i segni di sgomento e di vicinanza giunti non solo dall’Italia, ma anche da molte parti del mondo. Sappiamo – ha proseguito il cardinale – che qualunque parola umana, seppure sincera, è poca cosa di fronte alla tragedia, così come ogni doverosa giustizia nulla può cancellare e restituire. L’iniziale incredulità e poi la dimensione crescente della catastrofe, lo smarrimento generale, il tumulto dei sentimenti, i ‘perché’ incalzanti, ci hanno fatto toccare ancora una volta e in maniera brutale l’inesorabile fragilità della condizione umana”.

Le squadre dei vigili del fuoco e dell’Usar, che hanno salutato i feretri allestiti alla Fiera del Mare per i funerali di Stato, sono state applaudite dai parenti delle vittime e dal pubblico. L’applauso ai vigili del fuoco è durato circa un minuto e mezzo. I vigili del fuoco, i cinofili e gli Usar hanno salutato una per una le bare facendosi il segno della croce.

Anche i vertici della società Autostrade per l’Italia hanno partecipato ai funerali di Stato. Nel padiglione Nouvel della Fiera erano presenti il presidente Fabio Cerchiai e l’amministratore delegato Giovanni Castellucci, che  nel pomeriggio una conferenza stampa per “rinnovare personalmente il loro cordoglio per le vittime e la profonda vicinanza nei confronti dei familiari e dell’intera comunità genovese, gravemente ferita dalla tragedia del viadotto Polcevera”. Ne dà notizia la società. I vertici “illustreranno tutte le iniziative discusse con il Comune di Genova e la Regione Liguria in questi giorni di intenso lavoro comune a supporto delle famiglie delle vittime e dei dispersi, gli aiuti concreti nei confronti degli sfollati, le attività a supporto della viabilità e della mobilità dei genovesi“.

Da ansa.it (qui)

Economia, Inchieste, Politica, Privatizzazioni

Da Gavio ai Benetton. Gli imprenditori facili. Guadagnare come monopolisti. Quelli del libero mercato e della concorrenza. Concessioni senza gara perchè amici della politica.

Ecco chi sono i signori delle autostrade. Imprenditori privati come Gavio e Benetton che diventano ricchi grazie alle concessioni pubbliche. Manuele Bonaccorsi ci guida in un viaggio sulle autostrade italiane. Dove i pedaggi aumentano e i pendolari sono esasperati. Mentre il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi concede alle concessionarie un nuovo regalo: un aumento della durata dei contratti. Gavio, tra i finanziatori di Matteo Renzi, ringrazia: ci guadagnerà 9,6 miliardi di euro.

Dal servizio del La Gabbia La7 del 24 marzo 2015 (qui)

Economia, Inchieste

L’indecente segreto di Stato sui contratti di concessione

Gli accordi sulla gestione delle autostrade non possono essere resi pubblici: «Vanno protetti i dati delle società»

Quattro o cinque anni fa la neonata Autorità dei trasporti chiese al ministero delle Infrastrutture i testi dei contratti di concessione autostradale.

Sembrava una richiesta di routine e invece i funzionari ministeriali fecero muro: i documenti, spiegarono, contengono dati delicati per le aziende coinvolte e quindi non possono essere divulgati. Nemmeno all’organismo di controllo. Affermazione sorprendente ma del tutto in linea con quello che era accaduto al momento stesso della creazione dell’Autorità. L’Aiscat, l’associazione dei gestori, era riuscita a ottenere una sostanziale riduzione dei suoi poteri: contrariamente a quello che accade in altri Paesi l’Autorità deve ancora oggi limitarsi alle nuove concessioni, ma non può mettere becco in quelle già firmate, tutte le più importanti compresa quella di Autostrade.

Non meraviglia dunque che Phastidio, il sito dell’economista Mario Seminerio, abbia definito le concessioni «un indecente segreto di Stato», più tutelato di quelli militari. In questo caso, però a essere protetta non è la collettività, ma le società che incassano i pedaggi. Il muro di gomma ha fino ad ora sempre tenuto, sventando ogni pericolo; l’esempio più recente risale all’inizio di quest’anno: mantenendo all’apparenza le ripetute promesse di trasparenza, Graziano Delrio, ministro dei trasporti del governo Gentiloni, ha fatto pubblicare su internet i testi incriminati. Peccato però che siano state escluse le parti più importanti, quelle davvero utili per farsi un’idea della sensatezza economica degli accordi.

Le concessioni, in tutto una ventina o poco più, sono i contratti con cui lo Stato (attraverso il Ministero delle Infrastrutture) affida a una società la gestione di un tronco autostradale, i rispettivi obblighi e diritti, i ricavi che l’operatore privato ne potrà trarre e gli investimenti a cui si impegna. Nella maggior parte dei casi risalgono alla fine degli anni Novanta, il periodo delle grandi privatizzazioni. Quella di Autostrade per l’Italia, siglata nel 1997, scadeva nel 2038, ma di recente, in cambio dei lavori sulla nuova super tangenziale di Genova, la cosiddetta Gronda, è stata prorogata al 2042.

Proprio le proroghe sono uno dei tasti più delicati. La legge europea prevede che una volta scadute, le convenzioni vengano messe a gara, nel nome di una sana competizione. Peccato che in Italia non succeda praticamente mai. Il cavallo di Troia sono di solito i nuovi investimenti: il gestore si impegna a costruire un nuovo tronco, una terza (o quarta corsia), opere considerate indispensabili, e come remunerazione finisce con l’ottenere dal governo un aumento dei pedaggi o una proroga del contratto (talvolta entrambi). Spesso, tra l’altro, l’investimento provoca un aumento del traffico e il gestore ci guadagna due volte. Atlantia dei Benetton (con Autostrade primo gestore italiano) o il gruppo Gavio (secondo) hanno un altro vantaggio: possiedono delle società di costruzioni interne a cui, almeno in parte, affidano i lavori. L’incasso tende così a triplicarsi.

Uno dei dominus del sistema è Fabrizio Palenzona, tra i più formidabili uomini di potere dell’Italia degli ultimi decenni. Ai tempi della prima Repubblica era già un democristiano in carriera (è stato sindaco di Tortona e presidente della provincia di Alessandria). Poi è diventato banchiere (vicepresidente di Unicredit) e proconsole dei Benetton nel settore infrastrutture. In questa veste è presidente di Aiscat (come detto l’associazione dei gestori autostradali) e di Assoaeroporti (i Benetton controllano lo scalo di Fiumicino).

La famiglia di Ponzano Veneto, oggi in difficoltà di fronte all’accanita competizione nel settore dei maglioncini (dove da anni perde soldi) è entrata nel più redditizio comparto dei servizi in concessione già dalla prima privatizzazione nel 1998. Più o meno nello stesso periodo sono entrati i Gavio. Le società della famiglia di Tortona sono state coinvolte qualche anno fa in una grottesca vicenda che rende bene la scarsa trasparenza del settore. La cosiddetta legge sblocca Italia del 2015 prevedeva a loro vantaggio la solita proroga (con relativi incassi) in cambio di lavori per 10 miliardi. Arrivata a Bruxelles la norma fu bocciata tra mille imbarazzi: i «nuovi» lavori, dissero i funzionari Ue, sono gli stessi che ci avete presentato negli anni precedenti. Quante volte volete farveli pagare?

Da ilgiornale.it articolo di A. Allegri (qui)

 

Cronaca, Europa, Politica, Primo piano

Genova. Una tragedia immane. Condannati a non intervenire perchè vincolati a Bruxelles. Intanto si muore. Questa è la macabra lotteria europea. Chi saranno i prossimi?

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Di Massimo Gelmini

Tragedia sull’autostrada A10 a Genova dove è crollato il viadotto Morandi. Diverse auto sono incastrate e schiacciate, mentre alcuni mezzi pesanti sono finiti nel torrente Polvecera. È quanto riferiscono fonti dei carabinieri che stanno intervenendo sul posto. Le vittime accertate sono 35 tra cui tre bambini di 8, 12 e 13 anni, ma si scava ancora. In via precauzionale sono state sgomberate alcune palazzine più vicine alla parte di ponte che non è crollata. Un viadotto progettato dall’ingegnere Riccardo Morandi (1902-1989), fu costruito tra il 1963 e il 1967 La realizzazione della struttura risale agli anni ’60.

Sul ponte Morandi «erano in corso lavori di consolidamento della soletta del viadotto e che, come da progetto, era stato installato un carro-ponte per consentire lo svolgimento delle attività di manutenzione».

Ma questa tragedia è l’ennesimo disastro che poteva e doveva essere evitato. Come? Attraverso gli investimenti pubblici che grazie ai fan dell’austerity il Paese non riesce a mettere in campo.

Un Paese che necessita di nuove infrastrutture e di un aggiornamento infrastrutturale urgentissimo. Questa tragedia non sarà l’ultima purtroppo. Ma il nodo principale è sempre il medesimo. Ogni nostra urgenza, ogni azione positiva per il popolo, deve essere finanziata a deficit come ogni Stato sovrano è in grado di fare. Ma il nostro Paese non è più sovrano con l’adesione all’UEM ed i limiti alla spesa, previsti da trattati criminali, ci hanno costretto in una camicia di forza che per essere sciolta ha necessità di molto tempo. Proprio quel tempo che noi non abbiamo più. Così ci troveremo a convivere con i vincoli europei e le tragedie che come una lotteria europea del terrore colpirà alla cieca.

Basterebbe questa situazione per avvisare l’UE ed i sacerdoti dell’austerity che ora si attivano tutte le misure straordinarie per intervenire. Ma al contempo non possiamo tacere le responsabilità di coloro fino ad oggi ci hanno impedito di liberarci dai vincoli europei, di que politici criminali ancora viventi, da sbattere in carcere al più presto, che hanno ideato questo dittatura finanziaria. Ma anche di quelli che bollano il Governo gialle-verde come pauperista, ma che con le loro politiche di servilismo hanno garantito l’avanzare del dogma dell’austerità sulla pelle dei cittadini italiani, ottenendo in cambio la tutela dei priopri interessi.

La speculazione si sta preparando per banchettare in attesa di oltre 230 miliardi di euro di debito pubblico da rinnovare. Speculeranno anche sullo sforamento del 3% di deficit su PIL. Speculeranno anche se il deficit sarà necessario per riavviare l’economia, per dotare il Paese di nuove infrastrutture, per ricostruire dopo le calamità naturali subite. Speculeranno, ma troveranno un popolo non più disponibile a chinare la testa. Non più disponibile a seguire leader arrendevoli o traditori del giuramento fatto, di servire con lealtà la Nazione, di difendere il popolo contro ogni aggressione. Con ogni mezzo disponibile.