Il CEO di Klarna, Sebastian Siemiatkowski, ha lanciato un messaggio chiaro che alimenta le crescenti preoccupazioni per il futuro del lavoro nell’era dell’intelligenza artificiale (IA). Parlando al Financial Times, ha esaltato i benefici dell’IA nel contesto della sua azienda, una fintech che aveva raggiunto una valutazione stellare di quasi 50 miliardi di dollari nel 2021, prima che la realtà economica del rialzo dei tassi e la conseguente cautela degli investitori la ridimensionassero a meno di 10 miliardi.
Ora, mentre Klarna punta a una nuova valutazione di 15-20 miliardi in vista di una possibile quotazione in borsa, Siemiatkowski ha chiarito che il rilancio dell’azienda passerà attraverso un uso intensivo dell’IA, che ha già contribuito a ridurre drasticamente la forza lavoro da 5.000 a 3.800 dipendenti e potrebbe portare a ulteriori tagli fino a 2.000 dipendenti nei prossimi anni. L’introduzione dell’IA in settori chiave come il servizio clienti e il marketing, ha spiegato il CEO, permette a Klarna di fare “molto di più con meno”, aumentando il fatturato medio per dipendente e riducendo i costi operativi.
Tuttavia, questa strategia di “ottimizzazione” ha un prezzo: migliaia di posti di lavoro sono stati già tagliati, e molti altri potrebbero seguirli. Per Siemiatkowski, le conseguenze sociali e occupazionali di queste scelte non sono un problema dell’azienda, ma dei governi, sollevando così una questione critica su chi debba farsi carico dell’impatto umano delle innovazioni tecnologiche.
Mentre Klarna registra un incremento del fatturato per dipendente, raggiungendo i 700.000 dollari all’anno, rimane aperto il dibattito su quale sarà il futuro per i lavoratori, sempre più marginalizzati da una logica aziendale che premia l’efficienza a scapito della forza lavoro. Il mantra di Siemiatkowski è chiaro: meno costi per il personale, ma stipendi elevati per i pochi che rimangono. Un messaggio che getta un’ombra preoccupante sul futuro del lavoro in un mondo sempre più dominato dall’intelligenza artificiale.
L’AI consentirà sempre più alle aziende di risanarsi o di essere sempre più competitive. Saranno i lavoratori che perdendo il lavoro risaneranno le imprese in crisi. Ma in realtà questi fenomeni saranno più accentuati con le grandi aziende che taglieranno importanti numeri della propria forza lavoro. Le piccole e micro imprese, invece, potrebbero avere difficoltà ad accedere a queste tecnologie per la carenza di profili professionali dedicati, mentre l’outsorcing sarà sempre più oneroso. L’impatto dell’IA sulle imprese ne cambierà la fisionomia riducendo i players dei mercati e costringendo soprattutto le micro e piccole imprese, per la loro soppravivenza, ad allearsi in rete. Le grandi prospereranno ed i costi dei licenziamenti saranno a carico della collettività. Senza una legislazione che obblighi forme di disincentivazione della pratica del licenziamento selvaggio dovute all’uso dell’intentelligenza artificiale.
Sono necessari ammortizzatori sociali che aiutino la transizione dovuta al disallineamento tra la velocità della trasformazione digitale e tecnologica e il tempo necessario ai lavoratori di acquisire le nuove conoscenze per rimanere nel mercato del lavoro. La politica deve necessariamente introdurre strumenti operativi per la nuova economia e governare il fenomeno invece di tentare di impedire l’uso di tecnologie che non sono altro che la nuova economia dovuta alla rivoluzione tecnologica in atto. L’iperregolamentazione europea o forme di rifiuto avranno solo l’esito di impedire al nostro Paese di restere tra le più grandi economie del mondo.
