Economia, Gran Bretagna, Lavoro, Occupazione

Economia britannica, Disoccupazione al 4%, minimo da febbraio 1975. C’è piena occupazione fuori dall’euro.

Il mercato del lavoro britannico si è teso ulteriormente all’inizio del 2019, malgrado le prove di un diffuso rallentamento di un’economia sotto pressione per le incertezze della Brexit e i timori per i commerci globali.

Il tasso di disoccupazione britannico è rimasto stabile al minimo pluridecennale, mentre l’inflazione dei compensi, compresi i bonus, è rimasta invariata, secondo i dati ufficiali di questo martedì.

Il tasso di disoccupazione è rimasto invariato al 4,0% nel trimestre terminato a dicembre, in linea con le aspettative. Si tratta del minimo dal febbraio 1975.

Il numero di persone occupate nel Regno Unito è salito di 167.000 unità, più delle 152.000 previste.

Il numero delle richieste di sussidio, ossia della variazione nel numero delle persone che chiedono un sussidio di disoccupazione, è salito di 14.200 unità a gennaio dalle 20.800 di dicembre.

Gli economisti si aspettavano un incremento di 12.300 unità.

I compensi medi, esclusi i bonus, continuano a salire al tasso più rapido dalla crisi finanziaria di oltre 10 anni fa, schizzando del 3,4% nel trimestre terminato a dicembre. Il dato è in linea con le previsioni e col tasso rivisto di novembre.

Compresi i bonus, la crescita dei compensi è salita al tasso annuo del 3,4%, meno delle aspettative di un aumento del 3,5%. A novembre aveva registrato +3,4%.

La Banca d’Inghilterra ha parlato dell’aumento dei compensi e della sua pressione rialzista sull’inflazione dei prezzi al consumo per giustificare la necessità di alzare i tassi di interesse gradualmente, ma l’incremento dell’incertezza per quanto riguarda l’esito delle trattative sulla Brexit con l’Unione Europea ha convinto la banca centrale a non intervenire.

Nell’ultimo aggiornamento delle sue previsioni, la banca ha tagliato le stime di crescita britannica per via della Brexit e del rallentamento dell’economia globale. Gli analisti affermano che le ultime previsioni implicano due aumenti di un quarto di punto nei prossimi due anni, uno in meno rispetto a quanto stimato a novembre.

Nell’eventualità di una Brexit senza accordo, l’economista della BoE Gertjan Vlieghe ha affermato di aspettarsi che la BoE lasci i tassi invariati per un periodo più lungo o che possa persino tagliarli per supportare l’economia.

Fonte: Investing.it

Lavoro, Tecnologia

In attesa dei robot, ecco dove la tecnologia ha cambiato il lavoro

Non saranno solo i robot a cambiare il mondo del lavoro. I numeri dicono che il lavoro sta già cambiando oggi. E che queste modifiche sono legate a tecnologie decisamente più “semplici”. Basta l’introduzione di un nuovo software o di un nuovo device in azienda e le mansioni dei dipendenti cambiano. Lo scorso anno, in Europa, è successo ad un lavoratore su sei.

Lo afferma Eurostat, secondo la quale nel 2018 il 16% dei lavoratori dipendenti che utilizzano una connessione ad Internet hanno visto modificarsi il proprio mansionario grazie all’introduzione di un nuovo software o di una nuova apparecchiatura.

Come si nota dalla mappa, questa tendenza è più marcata nei Paesi del nord Europa e si riduce via via che ci si sposta verso sud est. La nazione in cui sono meno i lavoratori che hanno visto il proprio lavoro cambiare è Cipro, dove solo il 3% dei dipendenti che utilizzano la rete professionalmente ha svolto la propria attività in maniera diversa rispetto al passato. Mentre in Norvegia questo cambiamento lo ha vissuto il 29% dei lavoratori connessi, quasi uno su tre.

E l’Italia? Il nostro Paese si trova leggermente al di sotto della media europea. Qui infatti il 12% dei dipendenti che utilizzano Internet hanno visto cambiare la propria attività lavorativa dopo l’introduzione in azienda di un nuovo programma o di un nuovo apparecchio. La stessa percentuale si è registrata anche in Belgio, Repubblica Ceca, Lituania e Slovacchia. Tutte realtà che per molti altri aspetti sono diverse tra loro. Ad esempio, sono diverse per la percentuale di lavoratori dipendenti che utilizzano computer o apparecchi computerizzati. Ecco cosa succede tenendo conto anche di questo parametro:

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In estrema sintesi, i dati sembrano suggerire che l’impatto sia stato più significativo in Slovacchia, dove è minore la quota di dipendenti che utilizzano strumentazioni digitali. E minore in Belgio, dove l’80% dei lavoratori ne fa uso. Ma, in entrambi i casi, solo il 12% ha vissuto delle modifiche al proprio mansionario. L’Italia, con un 73% di dipendenti che utilizza computer, è decisamente più vicina al caso belga che a quello slovacco.

Per capire meglio, si guardi ai casi di Portogallo e Irlanda, che hanno un 72% di dipendenti che utilizzano il digitale. Qui rispettivamente il 21 ed il 20% ha dichiarato che lo scorso anno il proprio mansionario è cambiato grazie ad un nuovo software o ad un nuovo device. Da sottolineare, infine, il caso del Kosovo: qui appena il 28% dei lavoratori utilizza il digitale, ma il 14% ha affermato di aver vissuto un cambiamento nella propria professione. Perché anche se i robot non sono ancora arrivati, il mondo del lavoro ha già iniziato la metamorfosi.

 

Fonte: ilsole24ore.com (qui)

Lavoro

Istat: “A settembre calano occupati stabili, salgono quelli a termine. Torna oltre il 10% il tasso di disoccupazione”

Nel terzo trimestre l’istituto di statistica rileva “sostanziale stabilità, sintesi di un aumento dell’occupazione tra gli uomini e un calo tra le donne”. Rispetto allo stesso mese del 2017 sono diminuiti di 184mila unità i dipendenti permanenti mentre quelli precari sono 368mila in più.

Battuta d’arresto per il mercato del lavoro dopo i dati positivi di agosto. A settembre, stando alla nota flash dell’Istat, il tasso di disoccupazione è risalito al 10,1%, 0,3 punti in più rispetto al mese precedente, e quello giovanile è aumentato al 31,6% contro il 31,4% di agosto. Contribuisce il calo degli inattivi, diminuiti di 43mila unità. Ma nel corso del mese sono diminuiti anche gli occupati (34mila in meno) soprattutto per effetto di una riduzione dei dipendenti permanenti (77mila in meno rispetto al mese precedente) non controbilanciata dall’aumento dei lavoratori a termine, che salgono di 27mila unità nonostante nonostante l’entrata in vigore a luglio del decreto Dignità. Che però, va ricordato, solo dall’1 novembre si applicherà anche a proroghe e rinnovi dei contratti in essere imponendo la causale obbligatoria dopo i 12 mesi, il tetto di 24 mesi e un massimo di quattro proroghe. Fino alla fine di ottobre era previsto un periodo transitorio che consentiva di prorogare i vecchi contratti con le regole in vigore quanto erano stati stipulati.

I tassi di disoccupazione restano migliori rispetto al settembre 2017, quando quello generale era all’11,2% e quello relativo alla fascia 15-24 anni si era attestato al 31,9%. Ma la composizione della forza lavoro è cambiata notevolmente: rispetto allo stesso mese di un anno fa sono diminuiti di 184mila unità i dipendenti stabili mentre quelli a termine sono 368mila in più. I lavoratori indipendenti sono invece saliti di 22mila unità. I disoccupati, anno su anno, sono calati di 288mila unità, a 2,6 milioni. In tutto gli occupati sono invece 23.308.000 e il tasso di occupazione è al 58,8%, in calo dal 59% di agosto. Nella fascia tra i 15 e i 24 anni il tasso di occupazione è al 17,3%, invariato su agosto. Tra i 15 e i 24 anni lavorano 1.019.000 persone (+6.000 su agosto) mentre i disoccupati sono 470mila.

“L’andamento discontinuo dell’occupazione negli ultimi mesi”, nota l’Istat, “determina nel terzo trimestre una sostanziale stabilità rispetto al trimestre precedente. Tale stabilità è sintesi di unaumento tra gli uomini e un calo tra le donne. Riguardo all’età si registra una diminuzione degli occupati tra i 15 e i 49 anni a cui si contrappone l’aumento tra gli ultracinquantenni. Nel trimestre crescono in misura intensa i lavoratori a termine (+3,2%, +98mila), mentre calano sia i dipendenti permanenti (-85mila) sia gli indipendenti (-23mila). Alla sostanziale stabilità degli occupati si accompagna un forte calo dei disoccupati (-6,5%, pari a -180mila) e un aumento degli inattivi (+1,0%, +126mila)”.

Fonte: ilfattoquotidiano (qui)

Economia, Esteri, Lavoro, Tecnocrazia, Tecnologia

Se il lavoro arriva dall’algoritmo

In Austria un software calcolerà la probabilità di un disoccupato di trovare un impiego e stabilirà quali oferte proporgli. Molti temono discriminazioni verso le donne e gli stranieri.

In Austria farà presto parte della quoti- dianità un sistema che valuta i disoccupati e li divide in gruppi. L’Arbeits- marktservice (Ams), l’agenzia governativa del lavoro, userà un algoritmo per calcolare la probabilità che un disoccupato trovi un lavoro. Molti, però, temono che il software possa discriminare le donne, gli anziani e gli stranieri. Il programma funzio- na grazie alla combinazione di diversi dati personali, tra cui informazioni sul livello d’istruzione e sulle esperienze lavorative, ma contano anche l’età, il genere e la citta- dinanza. Quando qualcuno cerca un lavoro, l’algoritmo calcola la sua probabilità di suc- cesso, fornendo una percentuale. In seguito, sulla base di questo valore, il programma divide le persone in tre gruppi: chi ottiene dal 66 per cento in su è inserito in una fascia “alta”, che ha buone opportunità; chi ha un valore inferiore al 25 per cento inisce nella fascia “bassa”; tutti gli altri entrano nella fascia “media”. In un documento dell’Ams si possono leggere le caratteristiche che l’algoritmo giudica negative o positive. Le donne e le persone più anziane, per esempio, hanno un indice negativo. Su questo punto sono scoppiate le critiche più accese. L’obiettivo principale del programma è aumentare l’eicienza dell’Ams. Ma valutare un genere, una certa età o la provenienza come potenziali svantaggi per la ricerca di un lavoro non signiica discriminare?

Secondo Johannes Kopf, presidente dell’Ams, il sistema mostra solo le discriminazioni che esistono già nel mercato del lavoro. Se si ignorassero queste realtà, sarebbe, per esempio, impossibile assicurare alle donne il sostegno necessario. L’Ams è obbligato a spendere il 50 per cento delle sue risorse in misure di sostegno alle donne, anche se nel 2017 erano donne solo il 43,3 per cento delle persone in cerca di lavoro. “Un fedele quadro della realtà non può essere discriminatorio”, conclude Kopf.

Carla Hustedt, che dirige il progetto Eti- ca degli algoritmi per la fondazione Bertelsmann, non la pensa così. Partire da alcuni dati per arrivare a precise conclusioni può essere un problema, “perché così non si fa che riprodurre i pregiudizi esistenti”. Amazon ha eliminato un algoritmo per la selezione delle candidature perché pena- lizzava sistematicamente le donne: dai dati usati come base di calcolo, in parte vecchi di dieci anni, emergeva che i candidati con più probabilità di successo erano gli uomi- ni. Un fenomeno difuso nel settore tecno- logico, che “bisogna riconoscere e combat- tere con misure adeguate”, dice Hustedt.

Fattore vincolante

Kopf è convinto che l’Ams sia pronto ad af- frontare questo tipo di problemi. I suoi dipendenti cominceranno a usare il program- ma dal 15 novembre. Disporranno della percentuale di successo di ogni disoccupato e conosceranno i fattori che l’hanno in- luenzata, ma inizialmente la useranno solo per discutere con chi cerca lavoro. Dal 2020, invece, la probabilità di successo sarà un fattore vincolante e determinante nella va- lutazione dei disoccupati, anche se la scelta delle misure adatte sarà sempre presa da un consulente in carne e ossa, assicurano all’Ams.

Dal 2020, inoltre, a chi fa parte della fa- scia bassa saranno oferti corsi di formazio- ne meno complessi e intensivi. In pratica, chi ha meno opportunità riceverà di meno: tutto nel nome dell’eicienza. La spiegazio- ne di Kopf è che i corsi di formazione spe- cialistici sono cari e spesso i partecipanti abbandonano prima della ine, quindi quei soldi potrebbero essere usati meglio. Pro- prio tra le persone di fascia bassa i corsi base hanno più successo e, dato che costano me- no, possono essere frequentati da più candidati, dice Kopf.

Il problema non è il software in sé, os- serva Hustedt: “La responsabilità è scari- cata tutta sull’algoritmo, ma la questione di chi debba ricevere più aiuto in una società solidale e politica”. Invece il dibattito è sostituito dall’algoritmo, “visto da alcuni come il male assoluto e da altri come una benedizione”. Bisognerebbe parlare delle sfumature. Kopf promette proprio di fare questo: il software dovrà essere controllato e migliorato costantemente. Saranno valUtati i posti di lavoro assegnati e il successo delle misure adottate, ma anche come si comportano i dipendenti dell’Ams con l’al- goritmo. “Faremo in modo che i nostri consulenti non attribuiscano un valore ec- cessivo alla probabilità di successo”, conclude.

Fonte: Valentin Dornis, Süddeutsche Zeitung, Germania

America, Economia, Lavoro, Occupazione, Politica

Usa, Trump: Occupazione record e la disoccupazione scende al 3,7%

Usa, ciclo in salute: fisiologica pausa nella crescita degli ordini, ma attività sostenuta con benessere e lavoro record.
A settembre creati 134 mila posti di lavoro dopo il boom di agosto da 270 mila.
Le aziende americane continuano ad assumere, e pure se lo fanno con un passo meno veloce del previsto, il tasso di disoccupazione sorprende tutti e scende ai minimi dal 1969. È il consuntivo dei dati di settembre sul lavoro negli Usa: 134 mila nuovi posti di lavoro (gli analisti avevano previsto un aumento di 180 mila unità dopo le 270mila create ad agosto). Il rialzo segna il 96esimo mese di fila in progresso, numero che vale un nuovo record. Il tasso di disoccupazione è sceso al 3,7%, un decimo più di quanto atteso.
Negli Usa l’attività è rimasta sostenuta, eccetto l’edilizia, con Pmi in ripresa e Ism in consolidamento per la Manifattura. Pmi in consolidamento e Ism al record dall’8/97 per i Servizi. Sono cresciute anche le vendite di auto. Gli ordini, sia di fabbrica che di beni durevoli, sono cresciuti, ma prevalentemente grazie alle componenti volatili, mentre la dinamica degli ordini strumentali al business ha visto un fisiologico consolidamento dopo sette mesi forti, a fronte anche delle crescenti preoccupazioni indotte dalla guerra dei dazi. Con la disoccupazione ai minimi dal 12/69, il mercato del lavoro si è confermato forte nonostante il maltempo, portando il benessere dei consumatori al record dal 12/00. Questo supporta la continuazione della normalizzazione della Fed, senza bisogno di accelerazioni che andrebbero a vantaggio dell’ usd, e il proseguimento della crescita economica che supporta le quotazioni azionarie.
Fonte: fondiesicav.it e lastampa.it
Lavoro

Lavoro: Disoccupazione scende al 10,4%. Ma crescono gli inattivi

Lo rivela l’Istat. In calo pure la disoccupazione giovanile (al 30,8%). Trend positivo in tutta l’Eurozona: disoccupazione al minimo dal 2008.

Passo indietro a luglio per l’occupazione dopo la flessione registrata a giugno: nel mese – secondo i dati diffusi oggi dall’Istat – si sono persi 28.000 occupati dopo i 41.000 persi a giugno. Su base annuale il dato complessivo è positivo (+277.000 occupati) ma l’espansione si concentra nel lavoro a termine (+336.000) mentre calano i lavoratori dipendenti con un contratto stabile (-122.000). Meno occupati quindi e più precari mentre crescono nel mese in modo significativo le persone inattive tra i 15 e i 64 anni (+89.000, tornano a superare i 13,2 milioni).

Il mercato del lavoro a inizio dell’estate sembra essersi messo in attesa. Cala il tasso di disoccupazione (al 10,4% dal 10,8% di giugno, al livello più basso dal 2012) grazie alla crescita dell’inattività (+0,3 punti percentuali) . In pratica a luglio il tasso di occupazione è rimasto stabile al 58,7% rispetto a giugno mentre la disoccupazione è calata grazie all’uscita dal mercato del lavoro di una parte di popolazione tra i 15 e i 64 anni. Si riduce anche il tasso di disoccupazione dei giovani che tocca il 30,8%. Su base annua l’andamento è comunque positivo con 277.000 occupati in più rispetto a luglio 2017 e 271.000 disoccupati in meno (-92.000 gli inattivi). Se si guarda al tasso di disoccupazione su base annuale è diminuito di un punto percentuale mentre quello di occupazione è cresciuto di 0,8 punti. A luglio il calo degli occupati si concentra sui lavoratori dipendenti permanenti (-44.000), categoria che registra una flessione anche su base annua (-122.000). I dipendenti con contratti a termine crescono anche a luglio mentre su base annua segnano 336.000 occupati in più.

L’occupazione su base annua cresce soprattutto tra gli over 50 (+381.000 occupati) grazie alla stretta sulle regole per l’accesso alla pensione che tiene in ufficio e in fabbrica le persone fino a un’età più avanzata, ma lievi incrementi si registrano anche nella fascia tra i 15 e i 24 anni e in quella tra i 25 e i 34 anni. Il tasso di occupazione complessivo cresciuto su base tendenziale di 0,8 punti percentuali è salito di 1,5 punti nella fascia tra i 50 e i 64 anni, di 1,4 punti nella fascia più giovane, di 0,9 punti tra i 25 e i 34 anni e di appena 0,4 punti nella fascia tra i 35 e i 49 anni.

Fonte: Ansa