Intelligenza artificiale, Sicurezza, Tecnologia

SARI: Intelligenza Artificiale per la Polizia Italiana. Saremo tutti tracciati?

In un recente caso di cronaca (la rapina di Lanciano) la Polizia Scientifica di Brescia ha potuto arrestare due sospettati grazie SARI (Sistema automatico di un riconoscimento immagini), un sistema di riconoscimento facciale introdotto l’anno scorso al servizio della Polizia Di Stato. Si tratta di un sistema di Intelligenza Artificiale che mette a confronto e cerca di riconoscere i volti.

SARI ha due modalità di funzionamento, come si può intuire dalla bozza di contratto pubblicata sul sito della Polizia: la modalità Enterprise che confronta una fotografia con un database di grandi dimensioni (nell’ordine di 10 milioni di immagini) e genera “una lista di volti simili al volto ricercato”.

E una modalità Real Time “per il riconoscimento in tempo reale di volti presenti in flussi video provenienti da telecamere IP, con relativo confronto dei volti presenti nei flussi video con quelli di una “watch-list” (con una grandezza dell’ordine di 100.000 soggetti) e trasmissione di un alert in caso di match positivo”.

È un sistema concettualmente simile a quello che ognuno di noi può sperimentare in Google Photo, su iOS, su Amazon Photo o in tanti altri sistemi simili. Il software non solo sa riconoscere i volti umani, ma riesce anche a distinguere tra l’uno e l’altro. Quello che non si trova nei software commerciali, naturalmente, è il confronto con un database esterno composto da centinaia di migliaia o anche milioni di immagini; ciò che permette a SARI di dire questa foto potrebbe essere Tizio.

Nella fattispecie, SARI è sviluppato dall’azienda Parsec 3.26 con sede a Lecce ed è probabilmente basato sul loro prodotto commerciale Reco – Face Recognition System. Il database usato per il confronto è la banca dati SsA del sistema AFIS, e include 16 milioni di immagini grazie ad “altri database”.

Finora non è stato possibile chiarire da dove vengono le altre immagini, tant’è che il Deputato Federico D’Incà ha chiesto chiarimenti tramite un’interrogazione parlamentare ufficiale. C’è chi si domanda da dove arrivino quei sedici milioni di immagini e come siano state raccolte, e per ora sono domande senza risposta. Con il timore che i cittadini italiani siano stati inclusi a loro insaputa.

Altra criticità riguarda i falsi positivi. Fermo restando che la responsabilità ultima resta all’agente, questi sistemi di sorveglianza se la cavano piuttosto bene con le fotografie, ma quando si passa alle videocamere in tempo reale la precisione è discutibile nel migliore dei casi, disastrosa in quello peggiore.

L’altro problema riguarda la privacy di tutti: le videocamere registrano immagini e le conservano per chiunque passi sotto il loro occhio elettronico. Che si tratti di criminali incalliti o di cittadini perfettamente onesti, non cambia nulla: le immagini vengono conservate a lungo, mesi o anche anni a volte (dipende dalla legislazione e dagli eventi).

In Gran Bretagna, in occasione di una partita, un sistema simile ha individuato 2297 persone che sono state fermate e interrogate per errore. Ognuna di queste persone si è vista dunque convocare dalla polizia e poi ha subito un interrogatorio. Non è quindi solo una questione di principio, ma anche di problemi reali, dalla perdita di tempo al trauma emotivo.

Alcuni non ci vedono nessun problema, anzi magari si sentono più sicuri; altri invece credono che sia un’illecita violazione della privacy e della libertà individuale. Torniamo quindi a un’antica dicotomia mai davvero risolta, quella che contrappone libertà individuale e sicurezza pubblica. Per com’è andata la Storia recente, pare che siano due grandezze inconciliabili e inversamente proporzionali. Per avere una bisogna rinunciare all’altra e viceversa.

Fonte: tom’shardware (qui)

America, Economia, Esteri

Sapir: “E quindi Donald Trump fa meglio dei socialdemocratici…”

In questo articolo di fine agosto 2018 l’economista francese Jacques Sapir commenta l’accordo firmato dal Presidente USA Trump col Messico come un accordo rivoluzionario, in quanto per la prima volta osa introdurre il principio della protezione sociale negli accordi commerciali internazionali. Cose spesso proclamate dalla sinistra intellettuale, che tuttavia non ha mai neanche pensato di metterle in pratica in tanti anni di governo.  In questo contesto, colpisce la “demonizzazione a prescindere” di Trump da parte della grande stampa che, gravemente malata di partigianeria e incapace di valutare e distinguere, riconferma di aver del tutto abbandonato la sua originaria funzione di informazione al servizio della democrazia.

Un nuovo accordo commerciale in sostituzione del NAFTA è stato appena firmato tra gli Stati Uniti e il Messico [1]. Era noto sin dalla sua investitura che il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, voleva che questo accordo venisse rivisto. E dunque lo ha fatto, intanto con il Messico. Con il Canada, i negoziati sembrano più complicati. Nel nuovo accordo, vi è una clausola che attira l’attenzione: quella che stabilisce una forma di salario minimo per una parte dei lavoratori dell’automobile [2]. A quanto mi risulta, si tratta di una clausola rivoluzionaria negli accordi commerciali bilaterali o multilaterali. Risponde in parte alla proposta da me avanzata nel mio libro La Démondialisation [3] e segna l’ingresso del sociale e della lotta contro le delocalizzazioni negli accordi commerciali.

Le innovazioni contenute nell’accordo

Prima di tutto, dobbiamo osservare attentamente questa clausola.Di che si tratta? È scritto che dal 40% al 45% delle componenti delle automobili che circoleranno sotto questo accordo dovranno essere state fabbricate da lavoratori pagati con un salario minimo di almeno 16 dollari l’ora. Questo è un punto molto importante, ma non è l’unico.

L’accordo

In effetti, questo punto elimina in parte il vantaggio che le aziende possono avere a trasferire la loro produzione in Messico, per poi reimportarla negli Stati Uniti senza pagare i diritti dognali. In effetti, nel 2017 i salari medi in questo settore erano di $ 2.25 per ora. [4] Un contratto collettivo stipulato dalla filiale Volkswagen in Messico fissava dei salari che andavano da $ 1 a $ 4 all’ora. Nei fatti, nonostante i ripetuti scioperi, i produttori stabiliti in Messico, sia europei (VW, Audi) che americani o giapponesi, hanno resistito ferocemente alle richieste di aumenti salariali dei loro lavoratori. L’industria automobilistica era riuscita a creare in Messico ciò che il sito Business Insider ha giustamente definito un “Nirvana dei bassi salari”. [5] Infatti, anche relativamente alla produttività (che naturalmente negli Stati Uniti è più elevata), il salario in Messico rimane molto basso.

Livello dei salari in dollari USA in Messico su un periodo di 10 anni

Ma questo accordo non si limita a fissare un minimo salariale. Comprende anche, come leggiamo, delle clausole di tutela in materia di contrattazione collettiva. Tali clausole serviranno principalmente a proteggere i lavoratori messicani, esposti a una repressione brutale e spesso omicida. Ovviamente sarebbe meglio determinare il salario minimo in base al costo del lavoro reale, cioè non tenendo conto solo dello stipendio, ma anche dei contributi sociali, e mettendo in relazione questa somma con la produttività di ciascun paese. Analogamente, occorrerebbe aumentare la percentuale dei prodotti in questione, ad esempio dal 40-45% al 70-75%. Dunque questo accordo non è “perfetto”, ma è un enorme passo avanti nella giusta direzione. Ed è anche un passo che conferma come sia possibile – a condizione, naturalmente, di averne la volontà – introdurre delle clausole di protezione sociale negli accordi commerciali. È una lezione, e una lezione che merita di essere tenuta in considerazione.

Un freno alle delocalizzazioni?

Questo accordo limiterà le delocalizzazioni e servirà come base per un aumento dei salari in Messico. Corrisponde ai meccanismi immaginati nel contesto del “protezionismo di solidarietà” difeso da France Insoumise [6], o a quello che avevo immaginato alla fine del mio libro dedicato alla de-globalizzazione. Ricordiamo, qui, che il termine fu inventato molti anni fa da Bernard Cassen, ex presidente di ATTAC e responsabile di Le Monde Diplomatique. Ed era stato ripreso da Jaques Généreux, in un’intervista a L’Economie Politique [7].

Il libero scambio ha dimostrato di essere una straordinaria macchina di sfruttamento dei lavoratori dipendenti e di distruzione di gran parte della legislazione sociale affermatasi dalla Seconda Guerra Mondiale. Oggi è fortemente contestato all’interno dello stesso mondo accademico, sia per quel che riguarda il “paradosso di Leontief [8]” che per i suoi assunti irrealistici. Con l’emergere della nuova teoria del commercio internazionale (Krugman), possiamo considerare che il protezionismo ha recuperato la sua dignità [9] e Krugman stesso ha riconosciuto che potrebbe essere formulato un vero e proprio atto d’accusa contro la globalizzazione. [10] Fenomeni come il massiccio ricorso all’internazionalizzazione non erano stati previsti, e hanno considerevolmente modificato l’approccio alla globalizzazione [11].

In termini concreti, l’azione futura dovrebbe svilupparsi in tre direzioni. Innanzitutto, dovrebbero essere adottate misure protettive per compensare gli effetti del vero e proprio “dumping sociale ed ecologico” in cui alcuni paesi sono coinvolti.

Si potrebbero quindi immaginare delle imposte importanti alle frontiere che riportino in equilibrio il costo reale del lavoro, ma penalizzino anche le produzioni realizzate secondo standard ambientali che oggi non sono più accettabili. All’interno dell’UE, queste tasse potrebbero essere sostituite da degli importi compensativi di tipo sociale ed ecologico. Queste tasse, aumentando il costo delle importazioni, ripristinerebbero la competitività dei produttori nazionali. Le entrate che dovrebbero essere in grado di generare potrebbero quindi essere utilizzate per raccogliere fondi nei paesi interessati da tali imposte e consentire loro di progredire nel campo sociale ed ecologico[12].

Il paradosso di Trump

Infine, c’è il paradosso di vedere Donald Trump mettere in atto una misura richiesta per anni proprio dalla sinistra. Non nascondo il fatto che nutro profonde divergenze, a dir poco, con altri aspetti della sua politica, che si tratti di politica internazionale o di politica interna. Ma c’è qualcosa di indecente nel “massacro di Trump” in cui è impegnata gran parte della stampa francese. Dopotutto, delle misure di questo tipo avrebbero potuto essere incluse negli accordi dell’UE o nei trattati firmati tra l’UE e altri paesi, eppure, mai, i nostri “socialisti”, gli Hollande, Hamon, Moscovici ed altri, ed i loro alleati ecologisti (EELV), ci hanno neanche provato. Eppure, queste persone sono state al potere per molti anni (1997-2002 e 2012-2017). Allo stesso modo, che merito può essere dato a Emmanuel Macron per la sua cosiddetta “difesa del pianeta” (ricordate la sua formula Make our planet great again) quando si scopre che il suo governo è al soldo delle lobby più reazionarie su questo tema, come ha affermato questo 28 agosto il suo ex ministro Nicolas Hulot su France-inter.

Quindi, se possiamo avere ragione a criticare Trump su certe questioni, dobbiamo anche riconoscere quel che c’è di positivo nella sua azione e applaudirlo, perché no, quando mette in discussione la mortificante logica del libero scambio.

Fonte: vocidallestero.it (qui)

[3] Sapir J., La démondailisation, Paris, Le Seuil, 2010.
[8] Voir F. Duchin, « International Trade: Evolution in the Thought and Analysis of Wassily Leontief », 2000, disponible sur www.wassily.leontief.net/PDF/Duchin.pdf, p. 3.
[9] Voir A. MacEwan, Neo-Liberalism or Democracy?: Economic Strategy, Markets and Alternatives For the 21st Century, New York, Zed Books, 1999.
[10] P. Krugman, « A Globalization Puzzle », 21 février 2010, disponible sur
http :www.krugman.blogs.nytimes.com/2010/02/21/a-globalization-puzzle .
[11] Voir R. Hira, A. Hira, avec un commentaire de L. Dobbs, « Outsourcing America: What’s Behind Our National Crisis and How We Can Reclaim American Jobs », AMACOM/American Management Association, mai 2005 ; P. C. Roberts, « Jobless in the USA », Newsmax.com, 7 août 2003, www.newsmax.com/archives/articles/2003/8/6/132901.shtml.
[12] C’est le principe du « protectionnisme altruiste » défendu entre autres par Bernard Cassen.
Austerity, Economia, Europa, Politica

Italia, avviare il New Deal per non morire di Europa. Con buona pace di Cottarelli & Co.

L’ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli è tornato a farsi sentire. Dopo aver visto sfumare la possibilità di sedere a Palazzo Chigi a capo di quello che, in assenza di accordo fra Lega e M5S, sembrava destinato a configurarsi come “governo del presidente”, sembra sempre pronto a fare le pulci alle proposte economiche dell’esecutivo Conte. Ecco quindi che nelle ultime ore, è tornato a definire irrealizzabili il reddito di cittadinanza, la Flat Tax e la riforma della Fornero. “Lo Speciale” ha chiesto un commento all’economista Ilaria Bifarini, “bocconiana redenta”, influencer su Twitter e autrice di libri economici di successo. Quanto di vero o di sbagliato c’è nel pensiero di Cottarelli, già criticato da altri autorevoli economisti come Nino Galloni, Antonio Maria Rinaldi e Giulio Sapelli? «Quello di Cottarelli e di tutti gli economisti “allineati” al pensiero unico neoliberista, che trova nella Ue la sua compiuta realizzazione, è il solito approccio, come da contabile», sostiene Bifarini. «Si guardano unicamente i numeri di bilancio, senza nessuno sguardo sul futuro e sulla crescita del paese. L’unica preoccupazione è quella di rispettare i vincoli dettati da Bruxelles, ignorando che le loro ricette economiche fallimentari non fanno che peggiorare lo stato di salute di tutti i paesi nei quali vengono adottate».

Sul reddito di cittadinanza però sono molti ad avanzare dubbi effettivi sulla sua fattibilità – anche economisti come Sapelli, per esempio, non pregiudizialmente ostili a questo governo. «Per valutare il costo del reddito di cittadinanza occorre tener conto di come verrà realizzato, quanto si riuscirà ad agganciarlo a investimenti pubblici produttivi. Mai come in questo momento – sostiene Ilaria Bifarini – ci rendiamo conto di quanto il nostro territorio abbia bisogno di manutenzione e nuove infrastrutture. Se lo Stato, anche attraverso lo strumento del reddito di cittadinanza, ben strutturato e collegato ai centri territoriali per l’impiego, riuscisse ad avviare un nuovo “New Deal”, offrendo opportunità di lavoro alla enorme schiera di giovani disoccupati nel recupero del territorio e nel rilancio del prezioso settore del turismo, i benefici sul medio e lungo periodo sarebbero senz’altro superiori ai costi». Di fatto, aggiunge l’economista, si innescherebbe un circolo virtuoso capace di riportare l’economia sul sentiero della crescita. Finché invece «si ragiona con la miopia dell’obbedienza ai parametri contabili dell’Ue», si rivela impossibile uscire dal tunnel, nel quale Cottarelli e gli altri sembrano voler imprigionare l’Italia in eterno.

C’è chi vede all’orizzonte un autunno nero con l’assalto dei mercati e lo spread alle stelle? «Lo spread ha andamenti altalenanti che risentono di fattori contingenti, come la fine del quantitative easing e la crisi della Turchia e, ultimo, il giudizio delle agenzie di rating, che hanno provocato dei rialzi temporanei, che non sono comunque allarmanti», risponde Ilaria Bifarini, sempre nell’intervista rilasciata a “Lo Speciale”. «Ad ogni modo – aggiunge – essendo in un sistema a valuta unica in cui la politica monetaria non è prerogativa nazionale, finché il debito continua a salire, la minaccia (reale o presunta) dello spread continuerà a farsi sentire». Il problema, sottolinea Bifarini, è che – come provato dalla teoria e dall’evidenza in tutti i paesi in cui sono state applicate – le politiche di austerity provocano un aumento del debito stesso. «Un esempio plateale è quello della Grecia. Solo introducendo misure anticicliche capaci di stimolare la domanda e l’occupazione si può uscire da questa trappola». In altre parole: «Se vuole sopravvivere, l’Europa deve rivedere completamente le sue politiche di intervento, fornendo sostegno e garanzie a paesi che si trovino ad affrontare situazioni di crisi».

Urge un New Deal europeo, appunto, che permetta di «abbandonare una volta per tutte la logica “fault the victim” di cui la Germania è portatrice». E a proposito della politica di Berlino, direttamente connessa all’impazzimento dello spread italiano proprio quando serviva a detronizzare Berlusconi per imporre il “commissario” Monti, Ilaria Bifarini dichiara: «La crisi dello spread del 2011 è stato un vero e proprio golpe finanziario messo in atto dalla Deutsche Bank e architettato per attuare un cambio di governo in Italia». Oggi, per fortuna, la situazione è molto diversa: «Credo che sia l’attuale governo che il suo elettorato abbiano più esperienza e consapevolezza degli strumenti utilizzati dagli eurocrati per preservare il sistema economico e finanziario». Come dire: l’Italia sembra aver finalmente sviluppato precisi anticorpi politici. «Sarà dunque improbabile che si possa replicare una situazione analoga, anche se i rischi di speculazioni sui mercati sono forti, come ha avvertito lo stesso Giorgetti».

Fonte: libreidee.org

Social network, Web

Facebook, Scoperto un problema di sicurezza riguardante 50 milioni di account. Zuckerberg: “Falla in sicurezza riparata giovedì”.

Facebook ha rivelato una falla nella sicurezza, che ha riguardato “circa 50 milioni di account” e potrebbe aver permesso ad hacker di prendere il controllo dei profili. I team del social network hanno “scoperto un problema di sicurezza riguardante 50 milioni di account. Prendiamo questa situazione estremamente sul serio”, ha scritto il gruppo in un comunicato, aggiungendo che saranno “prese azioni immediate”.

La compagnia ha riferito di aver appreso questa settimana dell’attacco, che ha permesso agli hacker di rubare gli “access token”, l’equivalente delle chiavi digitali per accedere agli account. “E’ evidente che chi ha attaccato ha sfruttato la vulnerabilità del codice di Facebook”, ha dichiarato il vice presidente del product management, Guy Rosen, in un blog, aggiungendo: “Abbiamo corretto la vulnerabilità e informato le forze dell’ordine”.

Zuckerberg: “Falla in sicurezza riparata giovedì” – “La falla è stata riparata ieri (giovedì ndr) sera”. Così il ceo di Facebook, Mark Zuckerberg, in conferenza stampa, parlando della breccia informatica che ha riguardato “circa 50 milioni di account”. E’ un nuovo guaio, la cui dimensione per ora non è chiara, per il gigante della tecnologia e i suoi oltre 2 miliardi di utilizzatori nel mondo. La fiducia degli utenti è già diminuita a seguito di vari scandali sull’uso di informazioni a scopi politici e sulla diffusione di contenuti destinati a influenzare le elezioni di vari Paesi.

Problemi per circa 90 milioni di utenti Facebook: nelle ultime ore sono stati infatti costretti a fare log out e a rientrare nel sistema in seguito ad una delle misure di sicurezza che scattano quando c’è il rischio di compromissione degli account.

Falle alla sicurezza della funzione “View As” – Gli hacker, secondo quanto spiegato dalla società, hanno approfittato di una vulnerabilità della funzione “View As” – quella che consente a un utente di vedere cosa vede del suo profilo un altro utente, in base alle sue impostazioni di privacy – per rubare i “token” di accesso, equivalenti alle chiavi digitali, che mantengono attivo il log-in senza dover digitare la propria password ogni volta che si utilizza il social network. Facebook ha reso noto di aver sistemato il problema e di aver resettato i token di accesso di quasi 50 milioni di account, più quelli di altri 40 milioni di account soggetti alla prova “View As” nell’ultimo anno. La funzione al centro dell’incidente è stata sospesa, mentre sono in corso le indagini.

Fonte: tgcom24.mediaset.it (qui)

Politica

Def 2019 con deficit al 2,4%. Renzi: “La Manovra del popolo è una retromarcia. L’Italia smetterà di crescere, di assumere, di intraprendere”. Ma nel 2017: “Deficit al 2,9% per cinque anni”.

L’ex Premier Renzi al Sole24Ore il 9 luglio 2017 (qui):

Oggi Maastricht – paradossalmente – ha cambiato significato. L’avvento scriteriato del Fiscal compact nel 2012 fa del ritorno agli obiettivi di Maastricht (deficit al 3% per avere una crescita intorno al 2%) una sorta di manifesto progressista.

Noi pensiamo che l’Italia debba porre il veto all’introduzione del Fiscal compact nei trattati e stabilire un percorso a lungo termine. Un accordo forte con le istituzioni europee, rinegoziato ogni cinque anni e non ogni cinque mesi. Un accordo in cui l’Italia si impegna a ridurre il rapporto debito/Pil tramite sia una crescita più forte, sia un’operazione sul patrimonio che la Cassa depositi e prestiti e il ministero dell’Economia e delle Finanze hanno già studiato, sebbene debba essere perfezionata; essa potrà essere proposta all’Unione europea solo con un accordo di legislatura e in cambio del via libera al ritorno per almeno cinque anni ai criteri di Maastricht con il deficit al 2,9%.

Il Sen. Renzi su Facebook il 28 settembre 2018 (qui):

Il problema non è l’Europa, amici. Il problema diventa l’Italia. Nei prossimi 12-18 mesi l’economia si bloccherà. I posti di lavoro diminuiranno dopo anni di segno più. Gli investitori stranieri ridurranno gli investimenti.

E ancora

La verità è che la Manovra del popolo è una retromarcia. L’Italia smetterà di crescere, di assumere, di intraprendere.

Economia, Europa, Legge di Bilancio, Politica

Def, Conte: “Spread in salita? Non fa piacere, ma quando i mercati conosceranno la manovra scenderà”. Moscovici: “E’ fuori dai paletti, ma no a crisi con l’Italia”. Risponde Salvini: “La manovra approvata è un passo verso la civiltà, i mercati se ne faranno una ragione”.

 

Il primo a parlare questa mattina, mentre i mercati davano già segnali di fibrillazione, è stato il commissario Ue agli Affari economici Pierre Moscovici. Che ha cercato di non aprire direttamente lo scontro: “Il provvedimento è fuori dai paletti Ue“, ha detto, “ma allo stato attuale non c’è interesse ad aprire una crisi con il governo italiano e nemmeno a far partire una procedura che porti a “sanzioni”. “Ogni euro in più di debito”, è stata però la sua valutazione, “è un euro in meno ai servizi”.

Una posizione cauta a cui ha replicato poco dopo il vicepremier M5s Luigi Di Maio cercando di tenere aperto uno spiraglio di dialogo: “Ora parte l’interlocuzione con l’Ue”, ha detto, “e con i grandi investitori privati e non abbiamo intenzione di andare allo scontro. Considero l’intervento di Moscovici interlocutorio, le preoccupazioni sono legittime ma il governo si è impegnato a mantenere il deficit/pil al 2,4% e vogliamo ripagare il debito”.

Nel primo pomeriggio è arrivato anche il commento di Giuseppe Conte, che ha definito la manovra”seria, meditata e coraggiosa: confidiamo che sia la ricetta giusta per la crescita e lo sviluppo sociale”. “Che lo spread oggi sia salito non fa piacere al presidente del Consiglio ma dobbiamo tenere conto che abbiamo finito ieri sera e non c’è stato neanche il tempo di una conferenza stampa per illustrare le linee essenziali e i dettagli: sono molto confidente che quando i mercati e gli interlocutori potranno conoscere nei dettagli la nostra manovra lo spread sarà coerente con i fondamentali della nostra economia”.

Chi non ha intenzione di mediare, almeno stando alle dichiarazioni di oggi, è il collega del Carroccio Matteo Salvini: “La manovra approvata è un passo verso la civiltà”, ha commentato, “i mercati se ne faranno una ragione”. E pure: “Se Bruxelles ci boccia, noi andiamo avanti“. Il “diritto al lavoro, alla vita, alla salute degli italiani vengono prima delle minacce europee. Tiriamo dritto”. E poco prima a Radio 24 il viceministro dell’Economia Massimo Garavaglia ha dichiarato: “E’ scontata la bocciatura di Bruxelles alla manovra”.

Fonte: ilfattoquotidiano (qui e qui)

Tecnologia

WhatsApp, il co-fondatore pentito Brian Acton: “Ho venduto la privacy degli utenti”

Alla fine dei conti, ho venduto la mia compagnia. Ho venduto la privacy dei miei utenti. Ho fatto una scelta e accettato un compromesso. E ci convivo ogni giorno”. A parlare è Brian Acton, il co-fondatore di WhatsApp. Per la prima volta, in un’intervista a Forbes, ha raccontato la vendita a Facebook e l’addio alla società, avvenuta circa un anno fa.

I motivi dell’addio a Facebook

Acton, da sempre dietro le quinte, si era fatto notare alla fine di marzo twittando #deletefacebook dopo il caso Cambridge Analytica. Un invito a cancellarsi dal social network che lo aveva reso miliardario e per la quale lavorava fino a qualche mese prima. Adesso, dopo l’addio dell’altro co-fondatore Jan Koum e dei padri di Instagram, Acton torna all’attacco. Afferma che “gli sforzi per spingere i ricavi” stavano andando “a scapito della bontà del prodotto”. Un atteggiamento che “mi ha lasciato con l’amaro in bocca”. E che ha portato alle dimissioni. Acton racconta di un rapporto personale mai sbocciato con Zuckerberg (“Non ho molto da aggiungere sul ragazzo”). E di una prospettiva completamente diversa rispetto alla sua. Facebook, contro la volontà dei fondatori, voleva introdurre la pubblicità su WhatsApp. Acton ha raccontato di aver proposto a Sheryl Sandberg un’alternativa: far pagare gli utenti pochi centesimi dopo un certo numero di messaggi. Una soluzione che non avrebbe convinto i vertici di Menlo Park. Secondo Acton perché non avrebbe reso abbastanza. “Loro sono buoni uomini d’affari. Solo che rappresentano – ha affermato il co-fondatore di WhatsApp – pratiche, principi etici e politiche con i quali non sono d’accordo”. Ecco allora i motivi dell’addio. Costato ad Acton 850 milioni di dollari. A tanto equivale l’ultima tranche di azioni che avrebbe ottenuto di lì a qualche mese.

La risposta di Mr Messenger

Facebook non ha risposto ufficialmente. Lo ha fatto però con un post, a titolo personale, David Marcus. Fino a maggio è stato responsabile di Messenger e oggi è a capo dei progetti di Menlo Park sulla blockchain. “Ditemi pure che sono vecchio stile – scrive Marcus – ma credo che attaccare le persone e la compagnia che ti hanno reso miliardario e che ti hanno protetto per anni, sia un colpo basso”. Acton ha sì rinunciato a 850 milioni. Ma ha comunque incassato buona parte di quei 19 miliardi spesi da Facebook per comprare l’app di messaggistica. Lo stesso co-fondatore l’ha definita definisce “un’offerta che non si poteva rifiutare”. Marcus difende direttamente Zuckerberg, per aver “tutelato” e dato “un’autonomia senza precedenti in una grande compagnia” ai fondatori delle società acquisite, come WhatsApp e Instagram. Quanto alle alternative proposte da Acton, Marcus sostiene un’altra versione, trasformandosi in una zavorra con il chiaro intento di “rallentare” l’avanzamento dei progetti.

Fonte: tg24.sky.it (qui), Forbes (qui)

Approfondimenti, Salute

Classifica Bloomberg 2018: sanità italiana al 4° posto nel mondo per efficienza. Secondi in Europa dopo la Spagna. Ultimi, Usa e Bulgaria

Appena pubblicata l’ultima classifica Bloomberg Health Care Efficiency che calcola in base ai dati di Banca Mondiale, Oms, Nazioni Unite e FMI quali sono i sistemi sanitari più efficienti al mondo analizzando il rapporto tra costi e aspettativa di vita. E il nostro Paese ci fa una bella figura guadagnando due posizioni rispetto all’anno precedente. Al top Hong Kong. In Europa ci supera solo la Spagna che è terza nel mondo. Francia al 13° posto. Male Regno Unito (35° posto) e Germania (45° posto). Usa a fondo classifica al 54°, subito prima della Bulgaria.

“Vuoi assistenza medica senza prosciugare rapidamente la tua fortuna? Prova Singapore o Hong Kong come i ‘paradisi più sani”. Presenta così Bloomberg la sua ultima classifica Health Care Efficiency che misura il rapporto tra la spesa per la sanità e l’aspettativa di vita in base ai dati 2015 di 56 paesi (fonte: Banca Mondiale, Oms, Nazioni Unite, Fondo Monetario Internazionale) attraverso cui è stato creato un indice di efficienza sanitaria per classificare i paesi che hanno una vita media di almeno 70 anni, un PIL pro-capite superiore a 5,000 dollari e una popolazione minima di 5 milioni.

I risultati. Il podio si conferma anche per quest’anno con Honk Kong, Singapore e Spagna ai primi tre posti. Ma sorpresa al 4° posto è salita l’Italia che rispetto alla precedente valutazione ha guadagnato due posizioni. Italia che ricorda Bloomberg, in un’altra classifica è prima al mondo per popolazione sana.

Al 5° posto c’è la Corea del Sud (che ha perso una posizione), seguita da Israele, Giappone, Australia, Taiwan e Emirati Arabi che chiudono la top ten. Tra gli altri Paesi europei la Norvegia è undicesima, Irlanda al 13° posto e Grecia al 14°. La Francia si attesta al 16° posto mentre il Regno Unito è al 35° (crollo di 14 posizioni) che ha fatto uscire il paese dalla top ten europea.

“Il Regno Unito – scrive Bloomberg –  nel 2016 (anno successivo alla rilevazione) ha votato l’uscita dalla Ue anche a causa del tema degli alti costi e dell’efficienza del servizio sanitario”. Ricordiamo gli slogan durante il referendum della Brexit in cui si prometteva di reinvestire nel Nhs i soldi che non sarebbero più stati trasferiti a Bruxelles. Male anche la Germania che è al 45° posto (in calo di sei posizioni). Da notare come la Thailandia è salita di ben 14 posizioni attestandosi al 27° posto, facendo segnare il maggiore miglioramento annuale, in virtù del fatto che la spesa pro capite è diminuita del 40% a soli 219 dollari, mentre l’aspettativa di vita è salita a 75,1 anni. Inoltre, rileva Bloomberg “l’industria del turismo medico è tra i settori in più rapida crescita”.

A fondo classifica gli Stati Uniti (54° posto). “L’indice Bloomberg riflette il secondo anno intero di ‘Obamacare’, che ha ampliato l’accesso all’assicurazione sanitaria e ha fornito sussidi di pagamento a partire dal 1°gennaio 2014”. Ma questo non sembra essere sufficiente a far crescere l’efficienza del sistema Usa. E la ricerca lo spiega con un esempio eloquente: “Rispetto ai residenti della Repubblica Ceca, che hanno un’aspettativa di vita media quasi in parità con gli Stati Uniti, gli americani spendono più del doppio dell’assistenza sanitaria rispetto al PIL, il 16,8% contro il 7,3%”.


Fonte: quotidianosanita.it (qui). bloomberg.com (la lista completa) (qui).

Emergenza, Salute, Territorio bresciano

Polmonite, contagio fermo da due giorni. Intanto il caso approda in Parlamento. Interrogazione dell’On. Eva Lorenzoni.

 

L’epidemia di polmonite approda in Parlamento. I tanti dubbi attorno all’origine degli oltre 550 casi registrati da inizio mese sono finiti dentro un’interrogazione della Lega Nord rivolta al ministro della Salute Giulia Grillo. Un’interrogazione scritta dalla deputata leghista Eva Lorenzoni e che porta anche la firma di altri parlamentari del Carroccio, Paolo Formentini, Simona Bordonali, Giuseppe Donina e Andrea Dara.

Una richiesta che mette nero su bianco i tanti dubbi emersi in queste tre settimane sull’origine dell’infezione polmonare e che sprona Roma a «supportare Regione Lombardia con ulteriori risorse e le verifiche del caso».

Ma la vicenda non ha solo risvolti politici. Anche il Codacons si è infatti mosso per sollecitare i soggetti colpiti dall’epidemia «a far valere i propri diritti nel procedimento penale». La Procura, si sa, ha infatti aperto un fascicolo contro ignoti per epidemia colposa ed è in attesa dei risultati delle autopsie disposte sugli ultime due morti sospette. Di certo c’è che l’epidemia rallenta ma non si ferma.

L’Istituto Superiore di Sanità ha definito quello bresciano un caso mai visto al mondo, non tanto per la gravità del fenomeno, ma per il numero di malati e l’ampia estensione territoriale. «L’Assessorato regionale al Welfare – continua Lorenzoni – si è mosso celermente, mobilitando immediatamente l’Ats il cui lavoro d’indagine prosegue senza sosta per rintracciare le cause precise di questa epidemia. La pista principale – proseguen – resta infatti la legionella, ma ad oggi ancora non si escludono concause».

Nel frattempo il Codacons, il Coordinamento delle associazioni per la tutela dell’ambiente e la tutela dei diritti dei consumatori, ha deciso di muoversi. L’azione collettiva è rivolta in primis ai casi di legionella, ad oggi 48 quelli accertati su oltre 550 casi di polmonite. «Ma tutti i malati di polmonite sono casi sospetti che potrebbero aver contratto la malattia dal batterio – spiega il referente del Codacons di Brescia Nicola Castiglioni -. Ecco perché ci rivolgiamo a tutti coloro che si sono ammalati in queste tre settimane».

L’Associazione, «per tutelare tutti i residenti nella Provincia di Brescia che sono stati contagiati dal batterio», mette a disposizione la nomina di persona offesa da inviare alla Procura della Repubblica di Brescia. «È il primo atto che permette di segnalare la propria posizione agli inquirenti – spiega una nota -. In caso di rinvio a giudizio tutti gli aderenti all’iniziativa del Codacons saranno ricontattati per effettuare la costituzione di parte civile allo scopo di ottenere il risarcimento dei danni subiti».

Intanto…

I numeri dei contagi da legionella sono fermi da due giorni. Questo emerge dai report  sull’emergenza sanitaria che si è sviluppata da inizio settembre nella Bassa Bresciana Orientale.

I casi di polmonite sono fin qui 500, 45 quelli di legionella, una morta accertata per legionella, mentre le quattro autopsie disposte su pazienti deceduti nelle scorse settimane sono risultate negative al batterio. La curva dell’emergenza è in ribasso, anche se ancora ad oggi non è chiara la natura dell’epidemia. Restano nel mirino le torri di raffreddamento di alcune aziende bresciane, ma al momento le presunte responsabilità non sono state accertate.

Al 27 settembre non risultano nuovi casi di positività alla legionella. Nel dettaglio, il numero di nuovi accessi al Pronto soccorso sono 13 (di cui 1 di ATS Valpadana), 5 ricoveri (di cui 1 di ATS Valpadana) e 106 degenti.

Fonte: giornaledibrescia.it (qui) e (qui).

Approfondimenti, Salute

Tumori. In Italia 373.000 nuovi casi nel 2018. Al Nord (Emilia Romagna e Toscana al top) si sopravvive di più, Sud in coda

Presentata al Ministero della Salute l’ottava edizione del volume sui numeri del cancro, frutto della collaborazione tra gli oncologi, gli epidemiologi dell’Airtum, Fondazione Aiom e Passi (qui). La neoplasia della mammella è la più frequente (52.800), in calo colon-retto e stomaco. Boom di fumatrici tra le 25-34enni nel Meridione. Stefania Gori, presidente Aiom: “Il 63% delle donne e il 54% degli uomini sono vivi a 5 anni dalla diagnosi. Scarsa adesione agli screening e stili di vita scorretti causano le differenze regionali”

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Il tumore più frequente in Italia è diventato quello della mammella: nel 2018 sono stimati 52.800 nuovi casi (erano 51.000 nel 2017). Seguono il cancro del colon-retto (51.300, erano 53.000 nel 2017), che lo scorso anno era il più diagnosticato e del polmone (41.500, erano 41.800 nel 2017).

Complessivamente, quest’anno nel nostro Paese sono stimati 373.300 nuovi casi di tumore (194.800 uomini e 178.500 donne), con un aumento, in termini assoluti, di 4.300 diagnosi rispetto al 2017. E quasi 3 milioni e quattrocentomila cittadini vivono dopo la scoperta della malattia (3.368.569, erano 2 milioni e 244 mila nel 2006), il 6% dell’intera popolazione: un dato in costante aumento. Ma le percentuali sulla sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi fotografano un Paese spaccato in due: al Nord si registrano i tassi migliori, in particolare nelle prime tre posizioni si collocano Emilia-Romagna, Toscana (56% uomini e 65% donne in entrambe le Regioni) e Veneto (55% e 64%).

In coda invece il Sud, con Sicilia (52% uomini e 60% donne), Sardegna (49% e 60%) e Campania (50% e 59%). Differenze che possono essere spiegate soprattutto con la scarsa adesione in queste aree ai programmi di screening che consentono di individuare la malattia in stadio iniziale, quando le possibilità di guarigione sono più alte, e con la preoccupante diffusione in queste Regioni di fattori di rischio come fumo, sedentarietà ed eccesso di peso.

È questo il censimento ufficiale, giunto all’ottava edizione, che descrive l’universo cancro in tempo reale grazie al lavoro dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom), dell’Associazione Italiana Registri Tumori (Airtum), di Fondazione Aipom e di Passi (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia) raccolto nel volume “I numeri del cancro in Italia 2018”, presentato oggi all’Auditorium del Ministero della Salute in un convegno nazionale (disponibile nella versione per operatori e in quella per pazienti e cittadini).

“Nel nostro Paese ogni giorno circa 1.000 persone ricevono una nuova diagnosi – afferma Stefania Gori, Presidente nazionale Aiom e Direttore dipartimento oncologico, Irccs Ospedale Sacro Cuore Don Calabria-Negrar -. Negli uomini, continua il calo dei tumori del polmone e della prostata e nelle donne dell’utero e dell’ovaio. Nella popolazione generale, diminuiscono le neoplasie dello stomaco e del colon-retto. Crescono però quelle del pancreas, della tiroide e il melanoma, e, nelle donne, i tumori della mammella e del polmone, quest’ultimo per la sempre maggiore diffusione dell’abitudine al fumo nella popolazione femminile. L’ampliamento della popolazione target dello screening mammografico in alcune Regioni (tra cui Emilia-Romagna e Piemonte) spiega l’aumento significativo dell’incidenza del carcinoma della mammella nelle 45-49enni, dove peraltro la mortalità si abbassa dell’1%”.

“I tumori non solo sono curabili ma anche guaribili, grazie a terapie sempre più efficaci e alle campagne di prevenzione – continua la Presidente Gori -. Infatti, il 27% dei pazienti vivi dopo la diagnosi torna ad avere (dopo un periodo di tempo diverso in base al tipo di tumore, al sesso, all’età di insorgenza) la stessa aspettativa di vita della popolazione generale: nel 2010 erano 704.648, nel 2018 sono 909.514, con un incremento del 29%”.

“I pazienti oncologici sono i finali beneficiari del miglioramento sostanziale che le informazioni contenute in questo volume potranno generare, qualora adeguatamente utilizzate, in ambito di prevenzione, diagnosi e terapia dei tumori – spiega il Sottosegretario alla Salute, Armando Bartolazzi, nella Prefazione del libro -. Il fine ultimo di questo sforzo intellettuale è infatti quello di migliorare sempre più la sopravvivenza e la qualità di vita dei pazienti oncologici. Allo stesso tempo le dettagliate informazioni riportate nel testo, gli indici epidemiologici relativi all’incidenza, alla prevalenza, alla percentuale di guarigione, ai confronti geografici nazionali, al monitoraggio delle campagne di screening e molti altri ancora, consentono di verificare l’adeguatezza e l’efficacia delle prestazioni erogate dal nostro Servizio Sanitario Nazionale in ambito oncologico, dalla prevenzione alla diagnosi precoce, alla cura. L’analisi conoscitiva dei dati epidemiologici riguardanti le neoplasie in Italia permette di pianificare su criteri oggettivi gli interventi di programmazione sanitaria da effettuare in ciascuna Regione”.

I tumori colpiscono meno nel Meridione, infatti il tasso d’incidenza è più basso del 13% tra gli uomini e del 16% tra le donne al Sud rispetto al Nord. Le tre Regioni con il più alto numero di diagnosi stimate nel 2018 sono Lombardia (64.200), Lazio (33.850) e Veneto (31.850). “Le stime dei casi attesi sono importanti anche a livello regionale, perché i servizi diagnostici e terapeutici devono essere programmati su questi ordini di grandezza – afferma Lucia Mangone, presidente Airtum -. Oggi in Italia il 63% delle donne e il 54% degli uomini sono vivi a 5 anni dalla diagnosi. Il nostro Paese, se valutato nel complesso, presenta un quadro di sopravvivenza pari o superiore alla media europea, ma, scendendo nel dettaglio regionale, la residenza diventa un determinante prognostico importante che indica una disomogeneità nell’accesso a programmi di diagnosi precoce e a cure di alta qualità, con una discriminazione dei cittadini del Meridione purtroppo ancora presente, sebbene la tendenza sia in miglioramento rispetto al passato”.

Inoltre nel Sud, dove gli screening oncologici sono ancora poco diffusi, non si registra la riduzione della mortalità e dell’incidenza dei tumori della mammella, del colon-retto e della cervice uterina, osservata invece nelle altre Regioni in cui l’adesione a questi programmi è più alta. Nel 2015 (ultimo anno disponibile) nel nostro Paese sono stati 178.232 i decessi attribuibili al cancro. La prima causa di morte oncologica è costituita dal carcinoma del polmone (33.836 decessi nel 2015), seguito dal colon-retto (18.935), mammella (12.381), pancreas (11.463) e fegato (9.675).

Sull’esempio della scorsa edizione, il volume contiene approfondimenti sugli stili di vita, a sottolineare quanto le misure di prevenzione possano incidere sui numeri della malattia. Il fumo di sigaretta rappresenta il principale fattore di rischio. In Italia sono attribuibili a questa pericolosa abitudine ogni anno circa 93mila morti (il 14% di tutte le persone decedute) e le sigarette costituiscono la prima causa di perdita di anni di vita in buona salute. Il fumo di tabacco è fortemente associato ai tumori del polmone, del cavo orale e gola, esofago, pancreas, colon, vescica, prostata, rene, seno, ovaie e ad alcuni tipi di leucemie. Il 26% degli italiani fuma e le generazioni di giovani adulti sono le più esposte a questa pericolosa abitudine. Fra gli uomini, la quota maggiore di fumatori si registra fra i più giovani, con meno di 35 anni, più elevata fra i 25-34enni rispetto ai giovanissimi (18-24 anni). È proprio la diminuzione dei tabagisti in queste classi di età a determinare il calo complessivo dei fumatori in Italia.

“Preoccupa però la situazione nel Meridione che vede un significativo aumento delle fumatrici fra le 25-34enni e una sostanziale stazionarietà di questa abitudine nelle nuove generazioni delle 18-24enni – sottolinea Maria Masocco, Responsabile Coordinamento Nazionale Passi -. In generale, nelle giovani donne che vivono nelle Regioni del Sud si registra, negli ultimi anni, un preoccupante incremento di fumatrici tale da annullare il vantaggio storico, per bassa prevalenza di questa abitudine, rispetto alle donne delle Regioni del Centro-Nord. A questo quadro si aggiungono in queste aree le alte percentuali di altri fattori di rischio (sedentarietà ed eccesso di peso) e una bassa copertura degli screening oncologici per la diagnosi precoce dei tumori della mammella, del colon-retto e della cervice uterina. Per questo è fondamentale investire in campagne di prevenzione”.

Fra gli altri fattori di rischio, il 17% degli italiani consuma alcol in quantità o modalità di assunzione a maggior rischio per la salute, il 32,5% è sedentario e il 42,2% risulta in eccesso ponderale (il 31,7% è in sovrappeso e il 10,5% obeso). Al Centro-Sud la quota dei sedentari è significativamente più elevata e raggiuge il 50% in diverse Regioni (toccando il 71% in Basilicata). Inoltre la Campania continua a detenere il primato per la percentuale più alta di persone in eccesso ponderale (51%), seguita da Sicilia (48,1%), Molise (47,8%) e Puglia (45,5%) con valori non molto distanti.

“L’indagine sugli stili di vita è stata estesa anche alle persone che hanno ricevuto una diagnosi di tumore – conclude Fabrizio Nicolis, presidente Fondazione Aiom -. Questi cittadini presentano alte percentuali di fattori di rischio legate ad abitudini non salutari, mai abbandonate, talvolta più elevate rispetto alle persone ‘sane’. Il 20% è fumatore abituale, l’11% fa un consumo di alcol rischioso per la salute ed è relativamente bassa la quota (14%) di coloro che consumano più di 5 porzioni di frutta e verdura. Inoltre il 38% è sedentario e il 15% è obeso, tassi maggiori rispetto alla popolazione libera da tumore. Fra i pazienti oncologici sono più frequenti le azioni di contrasto ai fattori aggravanti, anche se resta ancora troppo bassa la quota di persone che tentano di smettere di fumare (42%) o che seguono una dieta per perdere peso (30%). Per questo vanno promosse campagne di prevenzione per far comprendere a questi pazienti l’importanza degli stili di vita sani anche per impedire lo sviluppo di eventuali recidive”.

Fonte: quotidianosanita.it (qui)

Economia, Legge di Bilancio, Politica

Vertice di Governo. Accordo con deficit/pil al 2,4%. Superamento della Legge Fornero, reddito di cittadinanza, tasse per gli autonomi al 15%, nessun aumento IVA. Pace fiscale.

Un lungo pomeriggio di stallo, in attesa del consiglio dei ministri convocato alle 20 per varare la Nota di aggiornamento al Def, il documento con il quadro macroeconomico in cui si inserirà la legge di Bilancio, e slittato di oltre un’ora. Poi, poco dopo le 21, l’intesa: il deficit nel 2019 salirà al 2,4% del pil, il livello chiesto dai vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini e rispetto al quale  il ministro dell’Economia Giovanni Tria ha cercato per giorni di fare argine fissando un tetto a quota 1,9%. “Accordo raggiunto con tutto il governo sul 2,4%. Siamo soddisfatti, è la manovra del cambiamento”, esultano i due leader di M5s e Lega.

“Abbiamo portato a casa la manovra del popolo che per la prima volta nella storia di questo Paese cancella la povertà grazie al reddito di cittadinanza per il quale ci sono 10 miliardi”, ha dichiarato Di Maio. “E rilancia il mercato del lavoro anche attraverso la riforma dei centri per l’impiego. Restituiamo futuro a 6 milioni e mezzo di persone. Via libera anche alla pensione di cittadinanza che dà dignità ai pensionanti. E con il superamento della Fornero, chi ha lavorato una vita può finalmente andare in pensione liberando posti di lavoro per i nostri giovani, non più costretti a lasciare il nostro Paese per avere un’opportunità. Non restano esclusi i truffati delle banche, che saranno risarciti con un Fondo ad hoc di 1,5 miliardi. Per la prima volta lo Stato è dalla parte dei cittadini, per la prima volta non toglie ma dà”.

Tasse abbassate al 15% per più di un milione di italiani“, ha aggiunto Salvini, “diritto alla pensione per almeno 400mila persone e altrettanti posti di lavoro a disposizione dei nostri giovani superando la legge Fornero, chiusura delle cartelle di Equitalia, investimenti per scuole, strade e Comuni. Nessun aumento dell’Iva. Pienamente soddisfatto degli obiettivi raggiunti”.

La bozza del Piano nazionale di riforme – Nel pomeriggio le agenzie hanno anche diffuso una bozza del piano nazionale di riforme che il governo dovrebbe presentare, insieme alla Nota, nel consiglio dei ministri. Il documento viene solitamente varato ad aprile insieme al Def, che però quest’anno è stato licenziato dal governo uscente che si è quindi limitato a compilare la parte tendenziale. Fonti di governo hanno però riferito che “il testo che gira è una bozza già ampiamente superata. Quindi molti punti che vengono anticipati non corrispondono al testo definitivo”. Tra i punti principali della bozza ci sono introduzione del reddito di cittadinanza e innalzamento delle pensioni minime a 780 euro, ‘quota 100‘ come somma di età anagrafica e contributiva per lasciare il lavoro ma con restrizioni per garantire la sostenibilità del sistema, pace fiscale per chi ha liti con l’erario di valore non superiore a 100mila euro, riduzione delle aliquote Irpef da cinque a tre nel 2020 e poi due nel 2021: 23% per i redditi fino a 75mila euro e del 33% sopra quel livello.

Reddito di cittadinanza e ristrutturazione centri per l’impiego – “Il governo è fortemente impegnato in una azione dimiglioramento dell’inclusione sociale, lotta al precariato, incentivazione del lavoro giovanile e femminile e promozione di una maggiore equità del sistema pensionistico”, si legge nella bozza. E dunque “l’introduzione del Reddito di Cittadinanza ha un duplice scopo: sostenere il reddito di chi si trova al di sotto della soglia di povertà relativa individuata dall’Eurostat per l’Italia (pari a 780 euro mensili); fornire un incentivo a rientrare nel mercato del lavoro, attraverso la previsione di un percorso formativo vincolante, e dell’obbligo di accettare almeno una delle prime tre proposte di lavoro eque e non lontane dal luogo di residenza del lavoratore”. Quanto alla ristrutturazione dei centri per l’impiego “dovrà puntare a rendere omogenee le prestazioni fornite, e realizzare una rete capillare in tutto il territorio nazionale. Il Governo intende attuare un piano di assunzioni di personale qualificato, in aggiunta a quanto già definito nella Legge di Bilancio per il 2018, sarà inoltre dedicata particolare attenzione alla realizzazione del Sistema Informativo Unitario e allo sviluppo di servizi avanzati per le imprese”. Si introdurranno anche “le pensioni di cittadinanza, che integreranno le pensioni esistenti al valore della soglia di povertà relativa di 780 euro. Una parte delle risorse destinate alla realizzazione di misure verrà dall’abolizione delle pensioni di privilegio, con un taglio degli importi superiori a 4000 euro netti mensili, non corrispondenti alle effettive contribuzioni“.

Entro fine legislatura due aliquote Irpef – La flat tax, viene assicurato, sarà realizzata in due anni, entro il 2020. Il timing di due anni vale anche per la revisione delle tax expenditures, lo spostamento della tassazione dalle persone alle cose, la riduzione delle controversie tributarie per migliorare l’efficacia della riscossione. Tra le priorità figura la ‘pace fiscale‘. Un provvedimento “da inquadrare nell’ambito di una riforma strutturale del fisco”, che “coinvolgerà i contribuenti con cartelle esattoriali e liti fiscali, anche pendenti fino al secondo grado fino a 100mila euro”. Per quanto riguarda la tassazione per le persone fisiche, si passerà inizialmente dalle attuali cinque aliquote a tre aliquote e quindi a due a partire dal 2021. Il livello delle aliquote verrà gradualmente ridotto, fino ad arrivare ad un’unica aliquota del 23 per cento per i redditi fino a 75mila euro e del 33 per cento sopra a tale livello entro la fine della legislatura.

Per quanto riguarda il sistema previdenziale, “verrà introdotta una nuova finestra per i pensionamenti anticipati senza il requisito anagrafico, attualmente in vigore per chi ha maturato un’anzianità contributiva di 41 anni. A questo si aggiunge il requisito di ‘quota 100’ come somma di età anagrafica e contributiva, con alcune restrizioni funzionali alla sostenibilità del sistema previdenziale”. “Un’attenzione particolare sarà rivolta alle donne, caratterizzate da una carriera discontinua“, si legge nel testo.

Infine le grandi opere: “il governo intende sottoporre ad un riesame, attraverso un’attenta analisi costi-benefici, le grandi opere in corso (i.e. la Gronda autostradale di Genova, la Pedemontana lombarda, il terzo valico, il collegamento tra Brescia e Padova e la tratta Torino-Lione). L’analisi sarà elaborata dalla Struttura Tecnica di Missione del Mit, che svolge funzioni di alta sorveglianza, promuove le attività tecniche ed amministrative non solo per l’adeguata e sollecita progettazione e approvazione delle infrastrutture, ma anche per la vigilanza sulla realizzazione delle infrastrutture stesse”.

Fonte: ilfattoquotidiano.it (qui)

Banche, Politica, Separazione Bancaria

Movisol, Glass-Steagall. “Dieci anni dopo Lehman, la separazione bancaria è più urgente che mai”.

Dopo lo scoppio della crisi finanziaria, i mercati finanziari sono stati in grado di ricattare le nazioni e costringere i governi a salvare le megabanche con l’argomentazione che, se fossero fallite, la gente comune avrebbe perso i propri risparmi. Tuttavia, la separazione tra le banche commerciali (di deposito) e quelle d’affari (speculative) avrebbe impedito e potrebbe impedire ancor oggi che una crisi finanziaria si trasformi in uno tsunami per l’economia reale, le imprese e le famiglie.

Lyndon LaRouche e MoviSol sollecitano tale riforma, il cui modello storico è la legge Glass-Steagall del 1933 negli Stati Uniti, sin dallo scoppio della crisi nel 2008. In occasione del decennale del fallimento della Lehman Brothers si sono levate molte voci a favore della stessa. Ecco le più significative e recenti in Europa:

In un’intervista pubblicata il 15 settembre su Euronews, il rinomato economista Giulio Sapelli (foto) ha ammonito che “La morale che si deve trarre oggi è che l’autoregolazione e la buona governance che comincia nell’impresa piuttosto che nello Stato è la regola per evitare le crisi, unitamente alla divisione tra banche d’investimento e banche d’affari, con la fine delle banche universali. Punto”.

Il fenomeno dei cosiddetti subprime “non è mai finito”, ha asserito; “oggi abbiamo diversi trilioni di derivati, il cosiddetto valore di capitalizzazione è di decine di volte superiore al valore del PIL mondiale. E quindi non è mai finita la collateralizzazione, quello che Sir Mervyn King, nel suo meraviglioso libro ‘The end of alchemy’, ex governatore della Banca d’Inghilterra e mio amico e collega a Oxford tanti anni orsono, ha definito appunto questa straordinaria invenzione alchemica per cui le banche – non le banche centrali, ma qualsiasi banca o operatore finanziario – batte moneta. Dove la moneta cos’è?”

“È l’over the counter, è il derivato, è lo strumento di distruzione di massa che consente di iscrivere il debito non più al passivo ma all’attivo perché io vendo il debito attraverso la collateralizzazione e la leva finanziaria”.

“Quindi è molto peggio oggi di quando è fallita la Lehman Brothers. Anche perché non credo che un intervento massiccio delle banche centrali possa evitare, così come allora, perché dovette intervenire lo Stato. E mi pare che tutti gli Stati sono in enorme debolezza, soprattutto lo Stato americano, così diviso”. Perciò, “L’unica via è l’accordo di eliminare le banche universali ed eliminare i derivati. Ma questa mi pare una scelta politica che nessuno… o meglio: tutti i partiti politici, in un modo o in un altro, sono influenzati dal soft power – o dallo sharp power – delle grandi banche d’affari”.

Guenter Grzega, ex presidente della Sparda Bank, una cassa di risparmio di Monaco, ha identificato nella “deregulation” delle banche la causa della crisi finanziaria e ha proposto la separazione bancaria “per evitare una ripetizione della crisi”. Le sue dichiarazioni sono state raccolte dal sito austriaco kontrast.at. Lo stesso tema è stato affrontato da Finanzmarktwelt, il cui autore Claudio Kummerfeld ha proposto una separazione bancaria sul modello della Glass-Steagall. Parlando del pericolo di crisi sistemica rappresentato dalla situazione di Deutsche Bank, egli ha fatto notare che, in un regime di separazione, la banca d’affari potrebbe essere scorporata in una sussidiaria a Londra e subire perdite senza conseguenze per “i depositi in una banca principale separata e residente in Germania”. Ciò lascerebbe la Germania senza un global player nella sfera bancaria, ma metterebbe il sistema al sicuro dal prossimo choc finanziario. Coloro che credono di non poter vivere senza banche d’affari, potrebbero servirsi della banca londinese.

Fonte: movisol.org (qui).

Montichiari, Politica locale

Trasparenza tradita. Il Sindaco risponde, ma non conosce le norme. Bocciato!

Su questo blog ho sollevato il tema del rispetto delle norme sulla trasparenza della pubblica amministrazione da parte dell’Amministrazione comunale di Montichiari sostenuta dal Partito democratico (qui). Il Sindaco Fraccaro dalla sua pagina Facebook tenta di replicare alle accuse. Analiziamo il suo post che si riporta integralmente. Il Sindaco afferma:

Sul bilancio 2015 la verità è una sola: non vi sono rilievi mossi dalla Corte dei Conti, ma solo inviti.

L’invito della Corte dei Conti in relazione ai rilievi contenuti nella deliberazione n. 73/2018 è riferito al fatto che l’Amministrazione comunale non ha applicato correttamente le nuove norme sulla contabilità degli enti locali producendo una inattendibilità dei risultati della gestione per l’esercizio 2015. E’ comprensibile anche ai profani che se i valori delle entrate o della spesa sono quantificati, senza rispettare le regole previste dalla legge, anche la somma algebrica di detti valori errati  determina un risultato inattendiile.

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Stralcio della delibera n. 73/2018 della Corte dei Conti

Ed è ciò che osserva la Corte. Fa piacere sapere che le osservazioni della Corte dei Conti rappresentano inviti. Lo stesso Sindaco nel passato ha invece utilizzato tali inviti rivolti, per altre questioni alle Amministrazioni leghiste, quali attestati di cattiva amministrazione, ma così non era. Resta comunque chiaro a tutti che la Corte dei Conti, non ha eccepito sull’opportunità di una scelta amministrativa, ha affermato l’inattendibilità del risultato del bilancio consuntivo 2015.

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Stralcio della delibera n. 73/2018 della Corte dei Conti

Che è ben altra questione. Vedremo se arriveranno altri rilievi sulle gestioni successive. Il post del primo cittadino presegue con il solito storytelling:

Il bilancio è sano e abbiamo finalmente chiuso con una gestione, quella leghista, che ha visto la messa a bilancio di importi irrealizzabili come, ad esempio, somme da incassare mai avvenute (si pensi alle discariche) pari a oltre 1,7 milioni di euro.

Altra affermazione priva di fondamento è il fatto che il bilancio dell’attuale gestione è sana (quasi per dire che le gestioni del passato non lo fossero). Infatti lo erano anche le gestioni precedenti. Mai alcun rilievo la Corte dei Conti ha elevato nei confronti dei bilancio precedenti in relazione a fantomatici buchi di bilancio presenti solo nello storytelling dell’attuale amministrazione comunale per giustificare nel 2014 l’introduzione dell’addizionale comunale Irpef a fronte dei tagli dell’allora Governo Renzi. Mentre in riferimento alle somme da incassare relativamente ai proventi delle discariche tali entrate sono state compensate da risparmi di spesa delle medesime gestioni per nulla gravati sui bilanci dell’attuale amministrazione. Anzi nei bilanci 2015 e 2015 la giunta Fraccaro ha beneficiato di entrate generate per l’azione amministrativa delle precedente Giunta Zanola.

Quanto al ricorso alle anticipazione di tesoreria, anche in questo caso la nostra giunta ha sistemato situazioni del passato: semmai è da rilevare come le giunte leghiste abbiano fatto ricorso ad essa in maniera costante nonostante le preoccupazioni più volte espresse a suo tempo dalla Corte dei Conti.

Il ricorso alla tesoreria è stato nel passato, come ora, necessario per governare la dinamica delle riscossioni dell’imposta più importante dell’Ente l’Imposta sugli Immobili (ICI, IMU e TASI). Notoriamente tale imposta è incassata dal Comune a Giugno e a Dicembre. La spesa corrente ha invece una dinamica più costante in aggiunta alla spesa in conto capitale che invece risente della dinamica dalla spesa per gli investimenti condizionati dagli stati d’avanzo delle opere. In questa situazione può avvenire che durante l’anno vi siano più spese che entrate e temporaneamente si possano verificare saldi negativi del conto di tesoreria. Fermo restando che a dicembre il Comune ha sempre rilevato un saldo del conto tesoreria positivo. Il Sindaco Fraccaro si loda del fatto che tale problematica è stata da lui migliorata. Come? L’introduzione dell’addizionale comunale Irpef, imposta assente a Montichiari fino a settembre 2014, ha consentito un miglioramento della situazione di cassa.

Infine, riguardo alla mancata trasparenza di cui siamo accusati dall’opposizione ritengo utile ribadire che come sindaco ho trasmesso l’intera delibera della Corte dei Conti al consiglio comunale affinché tutte le rappresentanze politiche fossero a conoscenza e potessero valutare l’assoluta correttezza e salute del bilancio 2015, anche se la Corte dei Conti richiedeva solo una semplice comunicazione.

La trasmissione alle rappresentanze politiche della deliberazione della Corte dei Conti non sana l’assenza dell’atto nell’apposita sezione dell’Amministrazione Trasparente presente sul sito del Comune. Il Sindco ignora la norma, ma per questo conferma la violazione della legge di cui ne risulta responsabile.

Di seguito il post #Bilancio2015 #Trasparenza del Sindaco Fraccaro su Facebook.

Montichiari

Vandali di notte al Giardino dei Giusti a Montichiari.

Sabato qualcuno ha raggiunto l’area verde sul monte di San Pancrazio e scagliandosi su alberi e cippi a figure che si sono distinte nel meglio per altri.

Nella notte tra sabato 22 e domenica 23 settembre si è verificato uno spregevole atto di vandalismo a Montichiari, nel bresciano. Qualcuno ha raggiunto il monte di San Pancrazio, a due passi dalla Pieve, per entrare nel Giardino dei Giusti. Si tratta di un’area verde che il Comune aveva fatto allestire e dedicato a quanti si sono distinti con atti meritori.

Non a caso sono rappresentati il premio Nobel per la Pace Elie Wiesel, un’imprenditrice di Castenedolo e un medico ebreo che aveva operato a Montichiari. Ciascuno ha un albero e un cippo a ricordo, ma questi, come dà notizia il Giornale di Brescia, sono stati divelti e vandalizzati. Dal Comune parlano di un atto inqualificabile e si chiede la collaborazione di tutti per evitare altri episodi simili. Tra l’altro il paese era già stato colpito nei simboli, come il doppio raid al parco Caduti di Nassiriya dedicato ai carabinieri.

Fonte: quibrescia.it (qui)

Media, Politica

Marcello Foa presidente Rai con i voti di Silvio Berlusconi

Passa in Vigilanza con 27 Sì. “Non ho mai militato nei partiti, sarò garante del pluralismo”.

Marcello Foa è il nuovo presidente della Rai. Il giornalista italo-svizzero ha ottenuto il via libera della commissione di Vigilanza con i voti favorevoli di Lega, M5S, Forza Italia e Fratelli d’Italia. Non hanno partecipato al voto in segno di protesta i parlamentari del Pd e Pier Ferdinando Casini. LeU ha votato no. Per l’elezione serve la maggioranza dei due terzi dei componenti della commissione (27 su 40). Lo scrutinio è segreto.

“Domenica è il mio compleanno, chissà che non riceva un bel regalo”. Marcello Foa va in audizione in Commissione di Vigilanza Rai e i partiti sono pronti a infiocchettare il dono della presidenza di Viale Mazzini. Oltre a Lega e M5S, che sostengono dall’inizio la sua candidatura, si aggiunge anche Forza Italia, che si è astenuta in Cda e ora annuncia voto favorevole in Vigilanza. “Sui vari temi Foa mi ha rassicurato rispetto a una funzione che sarà di garanzia del pluralismo informativo e quindi del compito che spetta al presidente della Rai. Forte di questo, l’orientamento è quindi di votare la sua nomina” ha affermato Giorgio Mulè, capogruppo di Forza Italia in Vigilanza.

Prima dell’audizione, una piccola gaffe. “Alle ore 13 inizierà la mia deposizione davanti alla Commissione di Vigilanza RAI. Chi avesse piacere potrà seguirla in streaming”, aveva scritto sui social. “Naturalmente audizione e non deposizione, come ho scritto su Facebook. Scusate, non è una mattinata come le altre e un po’ di emozione ci sta”, ha poi spiegato.

Poi le parole in Vigilanza. “Sono consapevole dei doveri del ruolo di garante del pluralismo e della qualità del giornalismo, ai quali mi ispirerò nei prossimi tre anni, sempre se riceverò la vostra fiducia” ha detto Marcello Foa nel corso dell’audizione, definendosi “un liberale di cultura antica, della scuola di Montanelli. Ritengo molto importante difendere la qualità dell’informazione”. Ed ancora: “Il mio obiettivo è far crescere la Rai, sviluppare un’informazione corretta, oggettiva, premiare la professionalità e la meritocrazia, promuovere e ampliare la straordinaria missione culturale della Rai: obiettivo che condivido con l’ad Fabrizio Salini che ho avuto modo di apprezzare per rigore morale, professionalità e serietà”. Foa ha chiarito si saper bene che “il ruolo di presidente è diverso da quello di ad: non mi permetterò di andare oltre le mie competenze, al mandato di presidente mi atterrò scrupolosamente”.

Foa ha inoltre sottolineato di non aver “mai militato in un partito politico, non ho mai cercato un appoggio politico per fare carriera. Il mandato a me accordato dal Governo non è politico, ma professionale”… “In questi due mesi difficili anche dal punto di vista personale – ha aggiunto -ho mantenuto il silenzio in segno di rispetto per le istituzioni e tutte le persone coinvolte”.Foa ha quindi ricordato di aver voluto lui la collaborazione di De Bortoli nel gruppo che dirigeva. “Sono abituato a discernere tra le mie opinioni e i doveri del mio ruolo di garante del pluralismo e della qualità del giornalismo, principi a cui mi ispirerò se mi sceglierete. Non ho mai militato in un partito politico, non ho mai preso una tessera, non ho mai cercato appoggi politici per far carriera”. “Il mandato che ho ricevuto dal governo non è politico, ma professionale”, “fa appello al mio percorso professionale, e io intendo onorarlo in nome dei valori del giornalismo”.

Un riferimento inevitabile poi ai post, che avevano suscitato polemica, sul presidente della Repubblica. Foa ha tenuto a precisare: “Non è mai stata intenzione offendere mancare di rispetto al Presidente Mattarella: non è nel mio costume, raramente attacco e manco di rispetto, men che meno nei confronti della massima carica dello Stato, per il sentimento di stima nei suoi confronti, per il rispetto per il suo ruolo di servitore dello Stato e per la sua storia, che ha visto il sacrificio supremo di un membro della sua famiglia. Non è mai stata né sarà mai mia intenzione mancare di rispetto al Presidente”.

Fonte: huffingtonpost.it (qui)

Montichiari, Politica locale

Trasparenza tradita/2. Centro Fiera a trasparenza zero! CBBO SpA e Montichiari Multiservizi Srl pubblicano i bilanci, Immobiliare Fiera e Centro Fiera inadempienti.

E’ obbligatorio per le società partecipate o controllate da enti pubblici adempiere alla normativa sulla trasparenza. In particolare il 21/11/2017 sono state pubblicate dall’Autorità nazionale anticorruzione le nuove linee guida per l’attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza da parte delle società e degli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici economici.

Al documento è allegata una tabella dove sono riportate tutte le tipologie di documenti che devono essere pubblicati nella sezione Società / Amministrazione trasparente dei siti internet. Per tutti gli adempimenti indicati il termine era fissato al 31 gennaio 2018, in concomitanza con la scadenza del termine per l’adozione dei Piani triennali per la prevenzione della corruzione (PTPC). A decorrere dalla stessa data, l’Anac esercita i propri poteri di vigilanza sul rispetto degli obblighi, così come definiti dalle Linee guida.

In riferimento è alla determinazione ANAC n. 1134 del 8/11/2017 (qui) pubblicata nella Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n. 284 del 5 dicembre 2017.

ObbligoTrasparenzaBilanciSocieta
Allegato 1 della Determinazione n. 1134/2017

E’ necessario far notare che se le società a partecipazione pubblica Montichiari Multiservizi S.r.l. e CBBO S.r.l. prevedono sul proprio sito la sezione Amminstrazione Trasparente ove è possibile consultare i bilanci di esercizio, per quanto riguarda Centro Fiera S.p.A. non vi è traccia non solo dei bilancio, oltre a quelli dell’incorporata Immobiliare Fiera Montichiari S.p.A., ma nemmeno della sezione dedicata alla trasparenza obbligatoria per legge dal 31 gennaio 2018.

Ma chi dovrebbe dovuto seguire l’attuazione della legge e vigilare per garantire trasparenza? Il Vice Sindaco Basilio Rodella che tra le altre deleghe, attribuitegli dal Sindaco nell’atto di nomina, annovera anche quella delle Società partecipate e lo stesso Sindaco che al primo consiglio comunale di insediamento della sua amministrazione dichiarò in modo solenne: “Partecipazione, trasparenza e democrazia sono alcune tra le colonne portanti del nostro piano di amministrazione per i prossimi cinque anni” (Fonte: qui).

Intanto rimane lettera morta la denuncia pubblica avanzata da questo blog sulla mancata pubblicazione dei rilievi della Corte dei Conti al Bilancio consuntivo 2015, dichiarato inattendibile lo scorso marzo (per saperne di più clicca qui).

Montichiari, Polmonite, Territorio bresciano

Emergenza polmonite, continuano le indagini sulle torri di raffreddamento. Altre due aziende individuate. Intanto altri 11 ricoverati.

Ecco il servizio di Teletutto.

La novità delle ultime ore – mentre l’epidemia non accenna a ridursi – è la conferma della presenza del batterio della legionella nelle torri di raffreddamento di due aziende delle tre inizialmente prese in esame da Ats, tutte caratterizzate da emissioni a temperatura inferiore ai 70°C, condizione ambientale imprescindibile per la sopravvivenza della legionella che si attesta fra i 25 e i 55 °C.

Prosciolta la Cartiera di Montichiari, i restanti otto campionamenti si sono rivelati tutti positivi: sono quelli relativi alle torri dell’Acciaieria di Calvisano e della Gkn Wheels di Carpenedolo. Entrambe le aziende, già dopo i primi test, aveva provveduto alla sanificazione. Ora altre due imprese sono state oggetto nelle scorse ore dei controlli effettuati da personale di Ats e dai Vigili del Fuoco del Nucleo Nbcr: tra queste la Ofar di Visano.

Le torri sono state individuate in base alla mappatura degli impianti della Bassa alla cui definizione nei giorni scorsi ha concorso anche l’elicottero dei Carabinieri di Orio che ha operato una ricognizione fotografica dal cielo con una potente videocamera. Certo le industrie non sono in ogni caso presenti da ieri e possono tutt’al più aver concorso a diffondere il batterio, abitualmente presente, non a generarne una inconsueta concentrazione. Senza dimenticare che Ats punta anche su altre ipotesi: la legionella è attestata in soli 45 degli oltre 500 casi. Per questo si cerca un secondo batterio che sia alla base di tutti gli altri episodi di questa epidemia ancora tutta da capire.

Intanto l’Ats ha aggiornato il dato dei casi di polmonite.

Questo martedì risultano tre nuovi casi di positività alla legionella (di cui 2 Ats Brescia e 1 Ats Valpadana, quest’ultimo ricoverato e, solo in seguito agli accertamenti, è stato rilevato il batterio).

Ma non è l’unico dato: seppur in calo questo martedì sono stati 17 i nuovi casi di persone con sintomi da polmonite arrivati in pronto soccorso, 11 ricoverati. In tutto i degenti sono 132.

Fonte: giornaledibrescia.it (qui), teletutto.it (qui).

Pensioni

Manovra, quota 100 (62+38): previste 450 mila uscite. 180mila dalla Pa e 270mila nel settore privato.

I tecnici della Lega e quelli del Tesoro a lavoro sullo schema 62+38 per 450mila beneficiari. Requisito minimo di 36 anni di contributi.

Per la versione definitiva bisognerà aspettare ancora, sicuramente dopo la presentazione della Nota di aggiornamento al Def, prevista per giovedì, ma la proposta della quota 100 per le pensioni registra un avanzamento importante, soprattutto nelle stime delle uscite anticipate previste, il cuore dell’obiettivo politico di Matteo Salvini e Luigi Di Maio per superare la riforma Fornero. Al tavolo del Tesoro oggi si sono seduti i tecnici della Lega e quelli del Mef e il numero messo nero su bianco è 450mila: 180mila dalla Pubblica amministrazione, 270mila dal settore privato.

Le stime delle uscite poggiano su uno schema che parte dalla combinazione 62+38 (età anagrafica sommata agli anni di contributi versati) per poi declinarsi ancora su 63+37 e 64+36. Non sarà possibile, invece, andare in pensione in anticipo rispetto ai parametri che entreranno in vigore nel 2019 (67 anni di età per uomini e donne) con la combinazione 65+35.

Questo lo stato dell’arte del pacchetto pensioni a oggi. Costo: 8,6 miliardi. Restano in piedi, ma in secondo ordine, altre tre ipotesi. Nel caso il requisito minimo per gli anni contributivi fosse 35, permettendo quindi di arrivare fino alla combinazione 65+35, la platea totale salirebbe a 492mila. Scegliendo, invece, paletti più larghi rispetto a quello dell’ipotesi più accreditata, i beneficiari sarebbero di meno: con 37 anni minimi di contributi, infatti, si arriverebbe a 420mila, con 38 anni di contributi a 400mila.

Fonte: huffingtonpost.it Articolo di G. Colombo (qui).

Banche, Montichiari

Il governo Conte metterà mano a popolari e Bcc. Stoppare la riforma. Per salvare le banche del territorio.

La riforma delle Banche di credito cooperativo voluta dal Governo Renzi-Gentiloni su indicazione dell’Unione europea e della Banca Centrale Europea. Il punto di vista di Valerio Malvezzi.

Proprio questa riforma funzionale alle grandi corporation bancarie è oggetto di tutela del Governo Conte che su impulso della Lega ha l’obiettivo di riportare le Banche di credito cooperativo alla funzione mutualistica e cooperativa al servizio dei territori. Anche la Banca di Credito Cooperativo di Montichiari, la BCC del Garda, rischia di essere fagocitata dai grandi istituti.

Il premier ha confermato anche l’intenzione di procedere con la separazione tra banche di investimento e di credito al pubblico. Nelle scorse settimane, la Lega ha presentato due mozioni in Camera e Senato per impegnare il governo a rinviare, senza limiti temporali, il termine per la costituzione della capogruppo dei futuri poli di credito cooperativo.

Il governo Conte rivedrà la disciplina su banche popolari e credito cooperativo. La volontà di intervenire sul settore è stata annunciata dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, nella replica ai deputati nel corso del dibattito alla Camera sulla fiducia da accordare al suo esecutivo. Il premier ha aggiunto quindi un nuovo tassello a uno dei punti programmatici del contratto di governo tra Lega e Movimento Cinque Stelle ossia la separazione tra banche d’investimento e gli istituti di credito al pubblico, per quanto riguarda sia l’ambito di attività sia i livelli di sorveglianza.

In particolare il presidente del Consiglio ha fatto riferimento alle banche con un forte radicamento territoriale, che finanziano piccole e medie imprese locali. Agganciandosi a questo passaggio Conte ha quindi parlato della volontà di rivedere i recenti interventi in materia bancaria. Va ricordato che nelle scorse settimane, la Lega ha presentato due mozioni in Camera e Senato per impegnare il governo a rinviare, senza dare limiti temporali, il termine per la costituzione della capogruppo dei futuri poli di credito cooperativo.

In una nota congiunta, i presidenti di Federcasse (l’Associazione Nazionale delle BCC e Casse Rurali) Augusto dell’Erba e della Confederazione delle Cooperative Italiane Maurizio Gardini, in merito alle dichiarazioni di Conte relative all’ipotesi di revisione dei provvedimenti normativi riguardanti il Credito Cooperativo italiano, fanno sapere di essere disponibili, «come nelle precedenti stagioni di riforma», a dare «in caso di iniziative legislative, il nostro apporto costruttivo alla migliore definizione possibile di eventuali nuovi assetti normativi. La categoria è oggi impegnata a costruire Gruppi Bancari Cooperativi solidi ed efficienti, come previsto dalla normativa in vigore. L’obiettivo del Credito Cooperativo è comunque quello di accrescere la capacità di servizio di ciascuna BCC all’economia reale ed allo sviluppo responsabile delle comunità locali, salvaguardando e valorizzando la finalità mutualistica»

Fonte: milanofinanza.it (qui), byoblu.com (qui)

Immigrazione, Politica, Sicurezza

Tutte le norme contenute nel decreto su immigrazione e sicurezza. L’intervista al Ministro Salvini.

Il piano del governo per contrastare l’immigrazione illegale e migliorare la sicurezza pubblica. Cosa prevede il decreto-legge (BozzaDLSalvini) del ministro dell’Interno Salvini e del premier Conte, approvato dal Consiglio dei ministri.

Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (decreto-legge). È quanto si legge nel comunicato finale al termine del Cdm.

Il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente Giuseppe Conte e del Ministro dell’Interno Matteo Salvini, ha approvato un decreto-legge che introduce disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, di sicurezza pubblica e misure per la funzionalità del Ministero dell’Interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, nonché in materia di giustizia sportiva e di regolare svolgimento delle competizioni sportive.

In particolare, il decreto prevede misure volte a:

  1. contrastare più efficacemente l’immigrazione illegale, garantendo l’effettività dell’esecuzione dei provvedimenti di espulsione;
  2. disciplinare i casi speciali di permesso di soggiorno temporaneo per motivi umanitari e definire nuove regole in materia di revoca dello status di protezione internazionale in conseguenza dell’accertamento della commissione di gravi reati;
  3. scongiurare il ricorso strumentale alla domanda di protezione internazionale e razionalizzare il ricorso al Sistema di protezione per i titolari di protezione internazionale e per i minori stranieri non accompagnati;
  4. prevedere la revoca della cittadinanza acquisita dagli stranieri condannati in via definitiva per reati di terrorismo;
  5. rafforzare i dispositivi a garanzia della sicurezza pubblica, con particolare riferimento alla minaccia del terrorismo e della criminalità organizzata di tipo mafioso, a migliorare il circuito informativo tra le Forze di polizia e l’Autorità giudiziaria e pervenire e contrastare le infiltrazioni criminali negli enti locali;
  6. introdurre strumenti finalizzati a migliorare l’efficienza e la funzionalità dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, anche attraverso il rafforzamento della sua organizzazione.

Misure sull’immigrazione e la protezione internazionale. Cosa cambia

In dettaglio, il provvedimento interviene primariamente sulla maggiore criticità dell’attuale sistema, individuabile nell’anomala sproporzione tra il numero di riconoscimenti delle forme di protezione internazionale espressamente disciplinate a livello europeo (status di rifugiato e protezione sussidiaria) e il numero di permessi di soggiorno rilasciati per motivi umanitari.

In particolare, si elimina l’attuale esercizio discrezionale nella concessione della tutela umanitaria, con l’introduzione di una tipizzazione dei casi di tutela complementare, con precisi requisiti per i soggetti interessati. Viene fatto salvo, comunque, il potere-dovere delle Commissioni territoriali di valutare l’eventuale sussistenza dei presupposti del principio di non respingimento (non-refoulement), individuando i profili di rischio in cui il richiedente asilo incorrerebbe in caso di esecuzione del provvedimento di espulsione.

Per assicurare una efficace e più rapida gestione delle procedure per il riconoscimento della protezione internazionale, si introducono alcune disposizioni intese a contrastare il ricorso strumentale alla domanda di protezione, intervenendo, nel rispetto delle norme europee, sulle domande reiterate al solo scopo di impedire l’esecuzione imminente di un provvedimento di allontanamento.

Si introduce poi una specifica procedura per le domande presentate in frontiera dopo che il cittadino straniero è stato fermato per avere eluso o tentato di eludere i controlli e si prevede l’ipotesi di trattenimento dei richiedenti asilo, strumentale all’accertamento dell’identità o della cittadinanza del richiedente.

Ancora in materia di protezione internazionale, si interviene per ampliare il catalogo di reati che, in caso di condanna definitiva, comportano il diniego o la revoca della protezione internazionale, inserendovi ipotesi delittuose di particolare gravità e che destano allarme sociale. Per tali reati si prevede, inoltre, in caso di condanna in primo grado, la sospensione del procedimento per la concessione della protezione e l’espulsione del cittadino straniero. Identica procedura è prevista nel caso in cui il soggetto imputato per tali reati, benché non ancora condannato, sia ritenuto di particolare pericolosità sociale.

Il provvedimento introduce poi misure necessarie e urgenti per assicurare l’effettività dei provvedimenti di rimpatrio di coloro che non hanno titolo a soggiornare nel territorio nazionale, prolungando da 90 a 180 giorni la durata massima del trattenimento dello straniero nei Centri di permanenza per il rimpatrio e prevedendo la possibilità di procedere per l’esecuzione dei lavori di costruzione o ristrutturazione dei Centri per i rimpatri attraverso procedure negoziate, per lavori di importo inferiore alle soglie comunitarie in un arco temporale di tre anni.

Misure sulla sicurezza. Cosa prevede il decreto

Tra le misure principali, il decreto prevede specifici interventi che vanno dalla estensione dei controlli attraverso dispositivi elettronici per particolari fattispecie di reato (maltrattamenti e stalking), alle prescrizioni in materia di contratti di noleggio di autoveicoli per la prevenzione di atti di terrorismo, alla estensione dell’ambito di applicazione del divieto di accesso urbano (DASPO urbano), nonché alla applicazione di quello relativo alle manifestazioni sportive anche a coloro che siano indiziati per reati di terrorismo.

Si prevede, altresì, un’apposita disposizione finalizzata a consentire anche alla Polizia municipale di utilizzare in via sperimentale armi comuni ad impulso elettrico. Si predispongono poi misure finalizzate al contrasto del fenomeno delle occupazioni arbitrarie di immobili, attraverso l’inasprimento delle pene fissate nei confronti di promotori o organizzatori dell’invasione, nonché con la possibilità, nei confronti degli stessi, di disporre intercettazioni.

Si introducono anche disposizioni volte a migliorare l’efficienza e la funzionalità dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC), anche attraverso il rafforzamento della sua organizzazione.

Fonte: agi.it Articolo di S. Ronda del 25 settembre 2018 (qui), Facebook Il decreto spiegato dal Ministro dell’Interno Salvini (qui)