Imprese, Intelligenza artificiale, Microimprese

AI: Dal 2 febbraio 2025 la formazione nelle aziende è obbligatoria.

A partire dal 2 febbraio 2025, le aziende operanti nell’Unione Europea dovranno affrontare una nuova sfida: garantire che i propri dipendenti acquisiscano competenze adeguate sull’intelligenza artificiale (IA). Questo obbligo, introdotto dall’AI Act, rappresenta un passo significativo verso la creazione di un ecosistema lavorativo più consapevole e preparato alle trasformazioni digitali. L’obiettivo è chiaro: assicurare che la forza lavoro europea sia in grado di utilizzare, gestire e sviluppare tecnologie IA in modo etico, sicuro ed efficiente.

Il contesto: l’AI Act e la regolamentazione dell’intelligenza artificiale

L’AI Act, approvato dall’Unione Europea nel 2023, è il primo quadro normativo completo al mondo dedicato alla regolamentazione dell’intelligenza artificiale. Questo regolamento mira a bilanciare l’innovazione tecnologica con la protezione dei diritti fondamentali, garantendo che l’IA sia sviluppata e utilizzata in modo responsabile. Tra le varie disposizioni, una delle più rilevanti è l’obbligo per le aziende di formare i propri dipendenti sulle competenze necessarie per lavorare con e accanto all’IA.

L’introduzione di questo obbligo riflette la crescente consapevolezza dell’impatto trasformativo dell’IA sul mondo del lavoro. Secondo un rapporto della Commissione Europea, entro il 2030, oltre il 50% delle professioni richiederà competenze digitali avanzate, con l’IA che giocherà un ruolo centrale in molti settori, dalla sanità alla finanza, dalla manifattura ai servizi pubblici.

Perché è necessaria la formazione obbligatoria sull’IA?

L’IA sta rivoluzionando il modo in cui lavoriamo, introducendo nuove opportunità ma anche nuove sfide. Automazione, analisi predittiva, machine learning e altre tecnologie IA stanno trasformando processi aziendali, creando nuovi ruoli e rendendo obsoleti altri. Tuttavia, per sfruttare appieno il potenziale di queste tecnologie, è essenziale che i lavoratori abbiano le competenze necessarie per utilizzarle in modo efficace.

Senza una formazione adeguata, c’è il rischio che i dipendenti si trovino impreparati di fronte a queste innovazioni, con conseguenti inefficienze, errori e persino rischi per la sicurezza. Inoltre, la mancanza di competenze digitali potrebbe esacerbare le disuguaglianze nel mercato del lavoro, lasciando indietro coloro che non riescono ad adattarsi alle nuove esigenze.

L’obbligo di formazione sull’IA introdotto dall’AI Act mira a colmare questo divario, garantendo che tutti i lavoratori, indipendentemente dal loro ruolo o settore, abbiano accesso alle conoscenze necessarie per navigare nel nuovo panorama digitale.

Chi deve essere formato?

L’obbligo di formazione non riguarda solo i professionisti direttamente coinvolti nello sviluppo o nella gestione dei sistemi di IA, ma anche i dipendenti che interagiscono con queste tecnologie nel corso delle proprie mansioni quotidiane. Ciò include:

  • Sviluppatori e ingegneri software;
  • Operatori che utilizzano sistemi automatizzati;
  • Manager e dirigenti responsabili delle decisioni strategiche;
  • Persone coinvolte nell’analisi dei dati o nella valutazione dei risultati prodotti dall’IA.

Cosa implica l’obbligo di formazione per le aziende?

A partire dal 2 febbraio 2025, tutte le aziende operanti nell’UE dovranno garantire che i propri dipendenti ricevano una formazione adeguata sull’intelligenza artificiale. Questo obbligo si applica a tutte le imprese, indipendentemente dalle loro dimensioni o settore, sebbene le modalità di attuazione possano variare in base alle specifiche esigenze aziendali.

Le aziende dovranno sviluppare programmi di formazione che coprano una gamma di competenze, tra cui:

  1. Concetti di base dell’IA: comprensione dei principi fondamentali dell’intelligenza artificiale, del machine learning e delle reti neurali.
  2. Applicazioni pratiche dell’IA: come l’IA viene utilizzata in diversi settori e quali sono i suoi potenziali benefici e limiti.
  3. Etica e responsabilità: consapevolezza delle implicazioni etiche dell’IA, inclusi i rischi di bias, discriminazione e violazione della privacy.
  4. Sicurezza e conformità: conoscenza delle normative europee in materia di IA, compresi i requisiti di trasparenza e accountability.
  5. Collaborazione uomo-macchina: sviluppo di competenze per lavorare in sinergia con sistemi IA, migliorando l’efficienza e la produttività.

Le aziende avranno la flessibilità di scegliere come erogare questa formazione, che potrà avvenire attraverso corsi online, workshop, seminari o programmi di apprendimento sul posto di lavoro. Tuttavia, dovranno garantire che la formazione sia accessibile a tutti i dipendenti e che sia adattata alle esigenze specifiche del loro settore.

Le sfide per le aziende

L’implementazione di questo obbligo non sarà priva di sfide. Per molte aziende, specialmente le piccole e medie imprese (PMI), organizzare e finanziare programmi di formazione sull’IA potrebbe rappresentare un onere significativo. Inoltre, la rapida evoluzione delle tecnologie IA richiederà un aggiornamento continuo delle competenze, rendendo la formazione un processo dinamico e in costante evoluzione.

Per affrontare queste sfide, la Commissione Europea ha annunciato una serie di misure di supporto, tra cui finanziamenti dedicati, piattaforme di condivisione delle migliori pratiche e partenariati pubblico-privati per lo sviluppo di programmi di formazione. Inoltre, le aziende potranno beneficiare di collaborazioni con università, centri di ricerca e fornitori di formazione specializzati per garantire che i loro dipendenti ricevano una formazione di alta qualità.

I benefici a lungo termine

Nonostante le sfide, l’obbligo di formazione sull’IA offre numerosi benefici a lungo termine per le aziende, i dipendenti e l’economia europea nel suo complesso.

Per le aziende, investire nella formazione dei dipendenti sull’IA significa aumentare la produttività, migliorare l’innovazione e rimanere competitive in un mercato globale sempre più digitalizzato. Inoltre, aziende con una forza lavoro ben formata saranno meglio attrezzate per adottare nuove tecnologie e rispondere alle esigenze dei clienti in modo più efficace.

Per i dipendenti, acquisire competenze sull’IA significa migliorare la propria occupabilità e aprire nuove opportunità di carriera. In un mondo del lavoro in rapida evoluzione, la capacità di lavorare con l’IA sarà un asset sempre più prezioso, che consentirà ai lavoratori di rimanere rilevanti e competitivi.

A livello macroeconomico, la diffusione di competenze digitali avanzate contribuirà a rafforzare la posizione dell’Europa come leader globale nell’innovazione tecnologica. Una forza lavoro ben formata sull’IA sarà essenziale per guidare la transizione digitale e garantire una crescita economica sostenibile e inclusiva.

Conclusioni

L’obbligo di formazione sull’intelligenza artificiale introdotto dall’AI Act rappresenta un passo fondamentale verso la creazione di un futuro del lavoro più equo, sicuro e innovativo. Mentre le aziende si preparano a implementare questa nuova normativa, è essenziale che collaborino con istituzioni, educatori e esperti per garantire che i programmi di formazione siano efficaci, accessibili e all’avanguardia.

In un mondo sempre più dominato dalla tecnologia, investire nelle competenze dei dipendenti non è solo una questione di conformità normativa, ma una strategia vincente per costruire un futuro prospero e sostenibile. L’Europa, con questa iniziativa, si posiziona come pioniere nella regolamentazione e nella promozione di un uso responsabile e consapevole dell’intelligenza artificiale, gettando le basi per una società digitale più inclusiva e preparata alle sfide del domani.

Articolo generato dall’IA.

Imprese, Intelligenza artificiale, Lavoro, Licenziamenti

L’IA ha innescato una nuova rivoluzione industriale. Lavoratori più esposti ai licenziamenti collettivi.

Il CEO di Klarna, Sebastian Siemiatkowski, ha lanciato un messaggio chiaro che alimenta le crescenti preoccupazioni per il futuro del lavoro nell’era dell’intelligenza artificiale (IA). Parlando al Financial Times, ha esaltato i benefici dell’IA nel contesto della sua azienda, una fintech che aveva raggiunto una valutazione stellare di quasi 50 miliardi di dollari nel 2021, prima che la realtà economica del rialzo dei tassi e la conseguente cautela degli investitori la ridimensionassero a meno di 10 miliardi.

Ora, mentre Klarna punta a una nuova valutazione di 15-20 miliardi in vista di una possibile quotazione in borsa, Siemiatkowski ha chiarito che il rilancio dell’azienda passerà attraverso un uso intensivo dell’IA, che ha già contribuito a ridurre drasticamente la forza lavoro da 5.000 a 3.800 dipendenti e potrebbe portare a ulteriori tagli fino a 2.000 dipendenti nei prossimi anni. L’introduzione dell’IA in settori chiave come il servizio clienti e il marketing, ha spiegato il CEO, permette a Klarna di fare “molto di più con meno”, aumentando il fatturato medio per dipendente e riducendo i costi operativi.

Tuttavia, questa strategia di “ottimizzazione” ha un prezzo: migliaia di posti di lavoro sono stati già tagliati, e molti altri potrebbero seguirli. Per Siemiatkowski, le conseguenze sociali e occupazionali di queste scelte non sono un problema dell’azienda, ma dei governi, sollevando così una questione critica su chi debba farsi carico dell’impatto umano delle innovazioni tecnologiche.

Mentre Klarna registra un incremento del fatturato per dipendente, raggiungendo i 700.000 dollari all’anno, rimane aperto il dibattito su quale sarà il futuro per i lavoratori, sempre più marginalizzati da una logica aziendale che premia l’efficienza a scapito della forza lavoro. Il mantra di Siemiatkowski è chiaro: meno costi per il personale, ma stipendi elevati per i pochi che rimangono. Un messaggio che getta un’ombra preoccupante sul futuro del lavoro in un mondo sempre più dominato dall’intelligenza artificiale.

L’AI consentirà sempre più alle aziende di risanarsi o di essere sempre più competitive. Saranno i lavoratori che perdendo il lavoro risaneranno le imprese in crisi. Ma in realtà questi fenomeni saranno più accentuati con le grandi aziende che taglieranno importanti numeri della propria forza lavoro. Le piccole e micro imprese, invece, potrebbero avere difficoltà ad accedere a queste tecnologie per la carenza di profili professionali dedicati, mentre l’outsorcing sarà sempre più oneroso. L’impatto dell’IA sulle imprese ne cambierà la fisionomia riducendo i players dei mercati e costringendo soprattutto le micro e piccole imprese, per la loro soppravivenza, ad allearsi in rete. Le grandi prospereranno ed i costi dei licenziamenti saranno a carico della collettività. Senza una legislazione che obblighi forme di disincentivazione della pratica del licenziamento selvaggio dovute all’uso dell’intentelligenza artificiale.

Sono necessari ammortizzatori sociali che aiutino la transizione dovuta al disallineamento tra la velocità della trasformazione digitale e tecnologica e il tempo necessario ai lavoratori di acquisire le nuove conoscenze per rimanere nel mercato del lavoro. La politica deve necessariamente introdurre strumenti operativi per la nuova economia e governare il fenomeno invece di tentare di impedire l’uso di tecnologie che non sono altro che la nuova economia dovuta alla rivoluzione tecnologica in atto. L’iperregolamentazione europea o forme di rifiuto avranno solo l’esito di impedire al nostro Paese di restere tra le più grandi economie del mondo.

Imprese, Innovazione, Intelligenza artificiale

Robot e lavoro in Italia: le aziende dicono sì all’intelligenza artificiale

Per l’89% delle aziende i robot e l’intelligenza artificiale non potranno mai sostituire del tutto il lavoro delle persone e hanno un impatto migliorativo del lavoro.

Il 61% delle aziende italiane è pronto ad introdurre sistemi di intelligenza artificiale e robot nelle proprie organizzazioni. Solo l’11% si dichiara totalmente contrario. Tra le ragioni principali che spingo le aziende favorevoli ad introdurre tali sistemi la convinzione che il loro utilizzo rende il lavoro delle persone meno faticoso e più sicuro (93%), fa aumentare l’efficienza e la produttività (90%) e ha portato a scoperte e risultati un tempo impensabili (85%). Questi alcuni dei dati di fondo emersi dal Primo Rapporto AIDP-LABLAW 2018 a cura di DOXA su Robot, Intelligenza artificiale e lavoro in Italia, che verrà presentato a Roma domani 23 ottobre 2018 presso il CNEL.

Le aziende e i manager sono convinti a stragrande maggioranza (89%) che i robot e l’IA non potranno mai sostituire del tutto il lavoro delle persone e che avranno un impatto positivo sul mondo del lavoro e delle aziende: permetterà, infatti, di creare ruoli, funzioni, e posizioni lavorative che prima non c’erano (77%); stimolerà lo sviluppo di nuove competenze e professionalità (77%); consentirà alle persone di lavorare meno e meglio (76%). Avrà un impatto molto forte nei lavori a più basso contenuto professionale: favorirà, infatti, la sostituzione dei lavori manuali con attività di concetto (per l’81% del campione). I manager e gli imprenditori ritengono, infatti, che al di là dei benefici in termini organizzativi, l’introduzione di queste tecnologie, potrà avere effetti negativi sull’occupazione e l’esclusione dal mercato del lavoro di chi è meno scolarizzato e qualificato. In quest’ottica va letto il dato negativo sulle conseguenze in termini di perdita di posti di lavoro indicata dal 75% dei rispondenti.

Un dato di grande interesse riguarda le modalità con cui i sistemi di intelligenza artificiale e robot si sono «integrati» in azienda. Per il 56% delle aziende l’impiego di queste tecnologie è stato a supporto delle persone, a riprova che queste sono da considerarsi principalmente un’estensione delle attività umane e non una loro sostituzione. Per il 33%, inoltre, tali sistemi sono stati impiegati per svolgere attività nuove mai realizzate in precedenza. Per il 42% delle aziende, invece, l’IA e i robot hanno sostituito mansioni prima svolte da dipendenti. Questi dati confermano la rivoluzione in atto nelle organizzazioni del lavoro e nelle attività di guida di tali processi che i direttori del personale saranno chiamati a svolgere ed è questa una delle ragioni principali che ha spinto l’AIDP ad investire nella realizzazione annuale di un rapporto che fornisca dati e informazione utili a capire meglio il futuro del lavoro nell’era dei robot e dell’intelligenza artificiale.

In generale l’intelligenza artificiale e i robot migliorano molti aspetti intrinseci del lavoro dipendente perché hanno favorito una maggiore flessibilità dell’orario di lavoro in entrata e in uscita (38%); la riorganizzazione degli spazi di lavoro/uffici (35%); la promozione di servizi di benessere e welfare per i lavoratori (31%); il lavoro a distanza e smart working (26%); la riduzione dell’orario di lavoro (22%).

Le differenze tra percezione e realtà. Il Rapporto AIDP-LABLAW 2018, inoltre, ha messo a confronto l’opinione delle aziende che hanno già introdotto sistemi di Robot e intelligenza artificiale con quelle che non lo hanno ancora fatto. Le differenza principali che emergono riguarda l’atteggiamento verso queste tecnologie: molto positivo (75%) da parte delle aziende robotizzate, meno positivo (47%) per le aziende non robotizzate. In generale le aziende che non hanno introdotto sistemi di Robot e IA tendono a «sovrastimare» una serie di conseguenze negative che la pratica delle aziende robotizzate, invece, smentisce nei fatti. C’è quindi un tema di percezione delle criticità legate all’introduzione di queste tecnologie eccessivamente elevata rispetto alla condizione reale delle aziende chi le utilizza che al contrario, evidenzia soprattutto gli aspetti positivi.

«I risultati della ricerca, fanno capire che la digitalizzazione non è mai solo una questione tecnologica ma strategica – spiegaIsabella Covili Faggioli, Presidente AIDP -. C’è sempre più la consapevolezza che a nulla serviranno le tecnologie se non ci riappropriamo del pensiero che nulla succede se le persone no lo fano accadere e che sono le persone che fanno la differenza, sempre e comunque, ottimizzando le innovazioni e dando loro il ruolo che hanno, un ruolo di supporto e di miglioramento della qualità della vita. Sono tre secoli che il rapporto uomo macchina è complicato perché basato sulla paura. Paura che le macchine, in questo caso i robot, sostituiranno le persone mentre si è poi sempre verificato che è solo migliorata la qualità della vita e che si sono venute a creare nuove professionalità.» 

«A fronte dei risultati della ricerca AIDP-LABLAW emerge chiaramente un tema di nuove relazioni industriali, di nuovi rapporti tra imprese e lavoratori – spiega Francesco Rotondi, Giuslavorista e co-founder di LabLaw –. Ci troviamo di fronte la possibilità di un’integrazione tra processi fisici e tecnologia digitale mai vista in precedenza. Il processo in atto lascia presagire la nascita di un modello nel quale l’impresa tenderà a perdere la propria connotazione spazio-temporale, in favore di un sistema di relazioni fatto di continue interconnessioni tra soggetti (fornitori, dipendenti, clienti, chiamati ad agire in un ambito territoriale che superi la dimensione aziendale e prescinda dal rispetto di un precostituito orario di lavoro ».

Fonte: diariodelweb.it (qui) Articolo di V. Ferrero del 23 ottobre 2018.