Politica

Dai modelli ai concetti. La nuova frontiera dell’intelligenza artificiale.

L’evoluzione dei modelli linguistici

L’intelligenza artificiale ha fatto passi da gigante grazie ai Large Language Models (LLMs), come GPT, che ci aiutano a scrivere testi, risolvere problemi e tradurre in molte lingue. Ma c’è una nuova innovazione: i Large Concept Models (LCM). Questi modelli superano il livello del singolo “token” (una parola o una parte di essa) e lavorano a un livello più alto, quello delle “frasi-concetto”.

Cosa sono i modelli a concetti?

Immaginate di parlare o scrivere: non ci concentriamo su ogni singola parola, ma sulle idee che vogliamo esprimere. I LCM fanno la stessa cosa: analizzano e generano testi partendo da frasi intere, considerate unità autonome di significato. Questo sistema promette maggiore coerenza, comprensione e flessibilità, indipendentemente dalla lingua usata.

Cosa cambia rispetto ai modelli attuali?

Gli LCM:

Ragionano a livello concettuale, non solo linguistico.

• Supportano più di 200 lingue, includendo input testuale, vocale e persino la Lingua dei Segni Americana.

• Offrono risultati più coerenti e leggibili, anche per compiti complessi come riassunti o traduzioni.

Un esempio pratico: un riassunto elaborato da un LCM non solo cattura le parole principali, ma mantiene il flusso logico del testo originale, rendendolo comprensibile senza perdere dettagli essenziali.

Pro e contro

Pro: maggiore coerenza, adattabilità a più lingue e formati (testo, voce).

Contro: necessità di elevate risorse computazionali per l’addestramento e limiti nell’applicazione diretta per scenari molto specifici.

È utile per tutti?

Certo! Anche i pensionati potrebbero trovare vantaggi. Ad esempio, immaginate di voler tradurre una lettera da un parente lontano: un LCM non solo traduce, ma cattura il tono e le emozioni del testo. Oppure, potrebbe aiutarvi a scrivere messaggi o lettere in modo chiaro e ben strutturato.

Coerenza e fattibilità

L’approccio descritto è tecnicamente fattibile e allineato con lo stato dell’arte dell’IA. I ricercatori hanno implementato il modello con successo, dimostrando un’elevata capacità di generalizzazione. Tuttavia, rimane da vedere come queste tecnologie saranno integrate in applicazioni quotidiane a basso costo.

Articolo scritto da ChatGPT

Fonte: https://ai.meta.com/research/publications/large-concept-models-language-modeling-in-a-sentence-representation-space/

Intelligenza artificiale, Politica

Intelligenza Artificiale: Rivoluzione Economica e Trasformazione del Mercato del Lavoro

L’emergere dell’intelligenza artificiale generativa (IA) ha sollevato interrogativi su un’accelerazione rapida nell’automazione dei compiti che potrebbe ridurre significativamente i costi del lavoro, aumentare la produttività e incrementare la crescita economica. Se l’IA manterrà le sue promesse, potrebbe trasformare radicalmente il mercato del lavoro e stimolare la crescita della produttività globale nei prossimi decenni.

Produttività e Crescita Economica

Uno degli effetti principali dell’IA è la possibilità di risparmiare sui costi del lavoro e aumentare la produttività. L’adozione diffusa dell’IA generativa potrebbe aumentare la crescita della produttività del lavoro negli Stati Uniti di circa 1,5 punti percentuali all’anno. Questo incremento è paragonabile a quello osservato dopo l’introduzione di tecnologie transformative come il motore elettrico e il computer personale​.

A livello globale, si stima che l’IA potrebbe incrementare il PIL annuale del 7%, evidenziando il suo potenziale economico significativo. Tuttavia, l’impatto effettivo dipenderà dalla capacità dell’IA e dalla velocità con cui verrà adottata​​. Si stima che circa il 18% del lavoro globale potrebbe essere automatizzato dall’IA, con effetti più significativi nelle economie sviluppate rispetto a quelle emergenti​​.

Impatto sul Mercato del Lavoro

L’IA generativa ha la capacità di automatizzare una vasta gamma di compiti, esponendo circa due terzi delle occupazioni attuali a qualche grado di automazione. Nei settori amministrativi e legali, l’esposizione all’automazione potrebbe essere particolarmente alta, con il 46% e il 44% rispettivamente, mentre nei lavori manuali e all’aperto, come la costruzione e la manutenzione, l’impatto sarà probabilmente minore, con esposizioni del 6% e del 4%​.

La Goldman Sachs stima che l’IA generativa potrebbe esporre all’automazione l’equivalente di 300 milioni di posti di lavoro a tempo pieno a livello globale​​.

Dislocazione e Creazione di Nuovi Lavori

Storicamente, la dislocazione dei lavoratori dovuta all’automazione è stata compensata dalla creazione di nuovi ruoli e compiti. Studi accademici indicano che, sebbene l’automazione possa inizialmente ridurre la domanda di lavoro in alcuni settori, nel lungo termine porta alla creazione di nuove occupazioni e aumenta la domanda aggregata di lavoro​.

L’adozione dell’IA potrebbe portare a un boom di produttività, con lavoratori che diventano più produttivi nei loro ruoli esistenti e nuovi posti di lavoro creati in risposta all’aumento della domanda di lavoro e alla maggiore produttività aggregata​​.

In conclusione, mentre l’intelligenza artificiale presenta sfide significative per il mercato del lavoro, il suo potenziale per migliorare la produttività e stimolare la crescita economica è enorme. La chiave sarà gestire la transizione in modo che i benefici superino i costi a breve termine, garantendo che la forza lavoro sia adeguatamente preparata per i nuovi tipi di lavoro che emergeranno.

Fonte: Goldmansachs.com

Innovazione, Politica, Salute

Così l’intelligenza artificiale impara a scovare i tumori. In meno di due ore

Un test, condotto grazie al co-fondatore di una startup e un radiologo, vuole dare un’idea di come funzionino questi “cervelli”. Che presto potrebbero salvarci la vita.

Tutti sappiamo come si è formato un medico: libri e articoli, ore e ore sul campo. Il modo in cui funziona l’intelligenza artificiale è meno intuitivo. Abbiamo deciso di chiarirlo, anche perché l’AI sarà sempre più importante per la diagnostica. È questo il ragionamento che ha spinto Quartz a fare un esperimento: allenare due algoritmi a riconoscere un cancro ai polmoni. In un paio d’ore.

L’esperimento

Diciamolo subito: un “medico artificiale” efficiente ha bisogno di più tempo e molti più dati. Il test, condotto grazie al co-fondatore della startup MD.ai Leon Chen e al radiologo Luke Oakden-Rayner, vuole dare un’idea di come funzionino questi “cervelli”. Che presto potrebbero salvarci la vita. Se un oncologo impara dai manuali e dall’esperienza, l’intelligenza artificiale apprende solo dai dati: circa 190.000 immagini, bidimensionali e in 3D, con noduli maligni, benigni o privi di qualsiasi formazione. Un nodulo è un piccolo pezzo di tessuto  di tessuto che non è normalmente presente nei polmoni. Già individuarlo non è semplice. Perché è piccolo e spesso poco visibili. E può essere confuso con altre formazioni. Poi il passo successivo: saper distinguere tra un nodulo maligno e uno che non lo è.

Cosa impara l’AI in 75 minuti

Dopo una ventina di minuti e dopo aver digerito le prime 50.000 immagini, l’algoritmo inizia a dare i primi risultati (ancora scarsi). Individua correttamente circa il 46% dei noduli. Ma non ha ancora cognizione di cosa siano di preciso. A volte, infatti, confonde i vasi sanguigni con un possibile cancro. Dopo mezz’ora, gli algoritmi hanno analizzato 95.000 radiografie. Riescono a individuare il 60% dei noduli. E nel 69% sono in grado di dire con esattezza se sono maligni. “In questa fase, il sistema ha un’estrema sicurezza quando rileva noduli di grandi dimensioni (oltre il centimetro di diametro)”. Mentre “non ha ancora imparato alcune nozioni semplici”.

Anzi, molto semplici. È tarato solo per riconoscere i noduli polmonari, ma non sa cosa sia esattamente un polmone. Individua quindi formazioni in zone del corpo dove i “noduli polmonari” non possono esserci. Per il semplice fatto che sono, appunto, polmonari. In altre parole, spiega Quartz: l’intelligenza artificiale è priva di buon senso perché si attiene ai soli dati. A questo stadio, quindi, combina risultati discreti con falle elementari. “Anche un bambino di tre anni sa distinguere pancia e petto”. L’AI invece “non sa cosa siano”. A tre quarti dell’esperimento, dopo quasi un’ora e 143.000 immagini, l’intelligenza artificiale comincia a possedere la materia. Ed evidenzia risultati che Quartz definisce “piuttosto buoni”. Ha ancora difficolta a individuare i noduli (l’accuratezza è del 64%). Anche in questo caso, la pecca è la mancanza di buon senso. Il medico artificiale indica noduli in zone dove è molto raro che ci siano.

Confondendoli spesso con piccole cicatrici. Un medico umano, in questo, è molto più efficiente. Inizia a essere significativa l’accuratezza delle formazioni maligne: 76.38%. Fine dell’esperimento, dopo 75 minuti e oltre 190.000 immagini. L’accuratezza nell’individuazione dei noduli sfiora il 68%. E la capacità di capire quali sono maligni è dell’82.82%. L’intelligenza artificiale è migliorata ancora. Ancora troppo spesso i noduli vengono scambiati con altro. Ma, quando succede, l’AI giudica la formazione benigna. “La risposta terapeutica per il paziente – scrivono gli autori del test – sarebbe quindi simile”.

Conoscenza ed esperienza

“L’intelligenza artificiale funziona molto bene, anche se non è ancora al livello di un radiologo”, conclude Quartz. Molto dipende da un corredo di dati ancora troppo esiguo. Ma se questi sono i risultati ottenuto in meno di due ore e con 190.000 immagini, pensate cosa potrebbe fare un sistema più complesso, con un archivio fatto di centinaia di migliaia di contenuti. Come quelli prodotti ogni giorno da cliniche e ospedali.

Allo stesso tempo, l’esperimento sottolinea i pregi dell’uomo, in grado di usare “le conoscenze pregresse come un’impalcatura”. L’intelligenza artificiale, invece, ha bisogno di costruirla ogni volta. E può farlo solo grazie a una mole enorme di esempi. In questo caso ne sono serviti 50.000 per “insegnare” alle macchine quello che uno studente imparerebbe con un solo manuale. Solo che nessun medico è in grado di leggere un libro in 17 minuti. Il futuro della diagnostica dipenderà dalla capacità di fondere le doti di ognuno: la conoscenza umana con l’esperienza artificiale.

Fonte: agi.it Articolo di P. Fiore dell’8 settembre 2018 (qui)