Inquinamento, Salute

Avviso ai cittadini: Lo smog accorcia la vita, “annebbia” la mente e rende più stupidi.

Un team di ricerca sino-americano ha dimostrato che l’inquinamento atmosferico ha un impatto negativo e diretto sulle nostre facoltà cognitive, riducendole proporzionalmente in base all’età e ai livelli di esposizione. Gli studiosi hanno condotto un’indagine con 20mila partecipanti sottoposti a test matematici e linguistici.

Lo smog riduce le nostre capacità cognitive e ci rende meno intelligenti. L’effetto dell’inquinamento atmosferico è particolarmente marcato sugli uomini meno istruiti, inoltre cresce proporzionalmente con l’età: più invecchiamo e più diventiamo stupidi a causa dell’aria contaminata che respiriamo. A determinarlo un team di ricerca internazionale composto da studiosi cinesi e americani della Scuola di Statistica dell’Università Pechino e della Scuola di Salute Pubblica dell’Università di Yale. Gli scienziati, coordinati dal professor Xi Chen, docente presso il Dipartimento di Gestione e Politiche della Salute dell’ateneo statunitense, sono giunti a questa conclusione dopo aver analizzato i dati di oltre 20mila cittadini cinesi. Si è trattato del più ampio e approfondito studio di questo genere.

Ma come hanno dimostrato il legame tra smog e impatto sul livello cognitivo? Chen e colleghi hanno innanzitutto calcolato i livelli di inquinamento respirati da tutti i partecipanti sulla base degli indirizzi di residenza. Tra le sostanze prese in esame vi erano il particolato sottile inferiore al PM10 (quello con particelle di 10 micrometri), l’anidride solforosa (biossido di zolfo) e il biossido di azoto; altre come l’ozono e il pericolosissimo monossido di carbonio non sono state invece integrate nei calcoli statistici. Dopo aver determinato effettivamente i livelli di smog respirati da ciascun partecipante, di entrambi i sessi e tutti con un’età uguale o superiore ai 10 anni, hanno sottoposto loro dei test matematici e linguistici (rispettivamente con 24 e 34 domande) per misurarne le capacità cognitive. Dall’analisi dei dati è emerso chiaramente che maggiori erano i livelli di smog e peggiori erano i punteggi nei test cognitivi, con i risultati più scarsi ottenuti dagli uomini più anziani e meno istruiti. Secondo gli scienziati ciò è dovuto al fatto che questa categoria di uomini spesso è impegnata in lavori manuali all’aperto, dunque è più soggetta all’influenza dell’inquinamento atmosferico.

Poiché si è trattato di uno studio di osservazione, Chen e colleghi non hanno trovato un rapporto di causa-effetto tra l’inquinamento e impatto negativo sull’intelligenza, tuttavia i risultati collimano con quelli ottenuti da altre indagini simili. Un team di ricerca dell’Università di Barcellona, ad esempio, aveva dimostrato che lo smog può ‘rallentare’ il cervello dei bambini, riducendo la loro capacità di attenzione e la memoria, mentre un altro studio spagnolo ha evidenziato che i bambini che vanno a scuola a piedi e sono più esposti al particolato sottile PM2.5 manifestano una riduzione nella memoria di lavoro.

L’inquinamento atmosferico, dunque, oltre a essere pericolosissimo per la salute fisica – uccide più di 6 milioni di persone ogni anno, 500mila solo in Europa – deteriora anche quella mentale, anche se non sono ben chiari i meccanismi. La teoria più accredita risiede comunque nel trasporto di tossine nel cervello attraverso il particolato sottile. I dettagli dello studio sino-americano sono stati pubblicati sull’autorevole rivista scientifica PNAS.

Fonte: scienze.fanpage.it (qui)

Inoltre, respirare aria inquinata accorcia la vita di più di un anno, scrive Environmental Science & Technology Letters. Un nuovo studio ha stimato l’impatto delle polveri sottili Pm 2,5 sulle aspettative di vita in 185 paesi, usando i dati del rapporto Global burden of disease. È stata calcolata una riduzione media dell’aspettativa di vita di 1,2 anni a livello globale. I paesi più penalizzati sono Bangladesh, Egitto e Niger, con due anni di vita persi, mentre i migliori sono Svezia, Australia e Nuova Zelanda, con uno o due mesi persi. Inalare polveri sottili aumenta il rischio di tumori, ictus, malattie cardiache e respiratorie.

Fonte: Internazionale 31 agosto 2018.

Ci siamo mai chiesti perché la lotta all’inquinamento è poco convinta? Gli effetti interessano alle élite che mantengono il potere sulle masse “annebbiate”, alle corporation farmaceutiche per tutto l’indotto delle malattie causate dall’inquinamento, alle grandi case automobilistiche che vogliono sfruttare fino in fondo le tecnologie basate sui carburanti tradizionali.

Ricordiamoci queste élite sono contro i popoli.

Innovazione, Politica, Salute

Così l’intelligenza artificiale impara a scovare i tumori. In meno di due ore

Un test, condotto grazie al co-fondatore di una startup e un radiologo, vuole dare un’idea di come funzionino questi “cervelli”. Che presto potrebbero salvarci la vita.

Tutti sappiamo come si è formato un medico: libri e articoli, ore e ore sul campo. Il modo in cui funziona l’intelligenza artificiale è meno intuitivo. Abbiamo deciso di chiarirlo, anche perché l’AI sarà sempre più importante per la diagnostica. È questo il ragionamento che ha spinto Quartz a fare un esperimento: allenare due algoritmi a riconoscere un cancro ai polmoni. In un paio d’ore.

L’esperimento

Diciamolo subito: un “medico artificiale” efficiente ha bisogno di più tempo e molti più dati. Il test, condotto grazie al co-fondatore della startup MD.ai Leon Chen e al radiologo Luke Oakden-Rayner, vuole dare un’idea di come funzionino questi “cervelli”. Che presto potrebbero salvarci la vita. Se un oncologo impara dai manuali e dall’esperienza, l’intelligenza artificiale apprende solo dai dati: circa 190.000 immagini, bidimensionali e in 3D, con noduli maligni, benigni o privi di qualsiasi formazione. Un nodulo è un piccolo pezzo di tessuto  di tessuto che non è normalmente presente nei polmoni. Già individuarlo non è semplice. Perché è piccolo e spesso poco visibili. E può essere confuso con altre formazioni. Poi il passo successivo: saper distinguere tra un nodulo maligno e uno che non lo è.

Cosa impara l’AI in 75 minuti

Dopo una ventina di minuti e dopo aver digerito le prime 50.000 immagini, l’algoritmo inizia a dare i primi risultati (ancora scarsi). Individua correttamente circa il 46% dei noduli. Ma non ha ancora cognizione di cosa siano di preciso. A volte, infatti, confonde i vasi sanguigni con un possibile cancro. Dopo mezz’ora, gli algoritmi hanno analizzato 95.000 radiografie. Riescono a individuare il 60% dei noduli. E nel 69% sono in grado di dire con esattezza se sono maligni. “In questa fase, il sistema ha un’estrema sicurezza quando rileva noduli di grandi dimensioni (oltre il centimetro di diametro)”. Mentre “non ha ancora imparato alcune nozioni semplici”.

Anzi, molto semplici. È tarato solo per riconoscere i noduli polmonari, ma non sa cosa sia esattamente un polmone. Individua quindi formazioni in zone del corpo dove i “noduli polmonari” non possono esserci. Per il semplice fatto che sono, appunto, polmonari. In altre parole, spiega Quartz: l’intelligenza artificiale è priva di buon senso perché si attiene ai soli dati. A questo stadio, quindi, combina risultati discreti con falle elementari. “Anche un bambino di tre anni sa distinguere pancia e petto”. L’AI invece “non sa cosa siano”. A tre quarti dell’esperimento, dopo quasi un’ora e 143.000 immagini, l’intelligenza artificiale comincia a possedere la materia. Ed evidenzia risultati che Quartz definisce “piuttosto buoni”. Ha ancora difficolta a individuare i noduli (l’accuratezza è del 64%). Anche in questo caso, la pecca è la mancanza di buon senso. Il medico artificiale indica noduli in zone dove è molto raro che ci siano.

Confondendoli spesso con piccole cicatrici. Un medico umano, in questo, è molto più efficiente. Inizia a essere significativa l’accuratezza delle formazioni maligne: 76.38%. Fine dell’esperimento, dopo 75 minuti e oltre 190.000 immagini. L’accuratezza nell’individuazione dei noduli sfiora il 68%. E la capacità di capire quali sono maligni è dell’82.82%. L’intelligenza artificiale è migliorata ancora. Ancora troppo spesso i noduli vengono scambiati con altro. Ma, quando succede, l’AI giudica la formazione benigna. “La risposta terapeutica per il paziente – scrivono gli autori del test – sarebbe quindi simile”.

Conoscenza ed esperienza

“L’intelligenza artificiale funziona molto bene, anche se non è ancora al livello di un radiologo”, conclude Quartz. Molto dipende da un corredo di dati ancora troppo esiguo. Ma se questi sono i risultati ottenuto in meno di due ore e con 190.000 immagini, pensate cosa potrebbe fare un sistema più complesso, con un archivio fatto di centinaia di migliaia di contenuti. Come quelli prodotti ogni giorno da cliniche e ospedali.

Allo stesso tempo, l’esperimento sottolinea i pregi dell’uomo, in grado di usare “le conoscenze pregresse come un’impalcatura”. L’intelligenza artificiale, invece, ha bisogno di costruirla ogni volta. E può farlo solo grazie a una mole enorme di esempi. In questo caso ne sono serviti 50.000 per “insegnare” alle macchine quello che uno studente imparerebbe con un solo manuale. Solo che nessun medico è in grado di leggere un libro in 17 minuti. Il futuro della diagnostica dipenderà dalla capacità di fondere le doti di ognuno: la conoscenza umana con l’esperienza artificiale.

Fonte: agi.it Articolo di P. Fiore dell’8 settembre 2018 (qui)