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Se il lavoro arriva dall’algoritmo

In Austria un software calcolerà la probabilità di un disoccupato di trovare un impiego e stabilirà quali oferte proporgli. Molti temono discriminazioni verso le donne e gli stranieri.

In Austria farà presto parte della quoti- dianità un sistema che valuta i disoccupati e li divide in gruppi. L’Arbeits- marktservice (Ams), l’agenzia governativa del lavoro, userà un algoritmo per calcolare la probabilità che un disoccupato trovi un lavoro. Molti, però, temono che il software possa discriminare le donne, gli anziani e gli stranieri. Il programma funzio- na grazie alla combinazione di diversi dati personali, tra cui informazioni sul livello d’istruzione e sulle esperienze lavorative, ma contano anche l’età, il genere e la citta- dinanza. Quando qualcuno cerca un lavoro, l’algoritmo calcola la sua probabilità di suc- cesso, fornendo una percentuale. In seguito, sulla base di questo valore, il programma divide le persone in tre gruppi: chi ottiene dal 66 per cento in su è inserito in una fascia “alta”, che ha buone opportunità; chi ha un valore inferiore al 25 per cento inisce nella fascia “bassa”; tutti gli altri entrano nella fascia “media”. In un documento dell’Ams si possono leggere le caratteristiche che l’algoritmo giudica negative o positive. Le donne e le persone più anziane, per esempio, hanno un indice negativo. Su questo punto sono scoppiate le critiche più accese. L’obiettivo principale del programma è aumentare l’eicienza dell’Ams. Ma valutare un genere, una certa età o la provenienza come potenziali svantaggi per la ricerca di un lavoro non signiica discriminare?

Secondo Johannes Kopf, presidente dell’Ams, il sistema mostra solo le discriminazioni che esistono già nel mercato del lavoro. Se si ignorassero queste realtà, sarebbe, per esempio, impossibile assicurare alle donne il sostegno necessario. L’Ams è obbligato a spendere il 50 per cento delle sue risorse in misure di sostegno alle donne, anche se nel 2017 erano donne solo il 43,3 per cento delle persone in cerca di lavoro. “Un fedele quadro della realtà non può essere discriminatorio”, conclude Kopf.

Carla Hustedt, che dirige il progetto Eti- ca degli algoritmi per la fondazione Bertelsmann, non la pensa così. Partire da alcuni dati per arrivare a precise conclusioni può essere un problema, “perché così non si fa che riprodurre i pregiudizi esistenti”. Amazon ha eliminato un algoritmo per la selezione delle candidature perché pena- lizzava sistematicamente le donne: dai dati usati come base di calcolo, in parte vecchi di dieci anni, emergeva che i candidati con più probabilità di successo erano gli uomi- ni. Un fenomeno difuso nel settore tecno- logico, che “bisogna riconoscere e combat- tere con misure adeguate”, dice Hustedt.

Fattore vincolante

Kopf è convinto che l’Ams sia pronto ad af- frontare questo tipo di problemi. I suoi dipendenti cominceranno a usare il program- ma dal 15 novembre. Disporranno della percentuale di successo di ogni disoccupato e conosceranno i fattori che l’hanno in- luenzata, ma inizialmente la useranno solo per discutere con chi cerca lavoro. Dal 2020, invece, la probabilità di successo sarà un fattore vincolante e determinante nella va- lutazione dei disoccupati, anche se la scelta delle misure adatte sarà sempre presa da un consulente in carne e ossa, assicurano all’Ams.

Dal 2020, inoltre, a chi fa parte della fa- scia bassa saranno oferti corsi di formazio- ne meno complessi e intensivi. In pratica, chi ha meno opportunità riceverà di meno: tutto nel nome dell’eicienza. La spiegazio- ne di Kopf è che i corsi di formazione spe- cialistici sono cari e spesso i partecipanti abbandonano prima della ine, quindi quei soldi potrebbero essere usati meglio. Pro- prio tra le persone di fascia bassa i corsi base hanno più successo e, dato che costano me- no, possono essere frequentati da più candidati, dice Kopf.

Il problema non è il software in sé, os- serva Hustedt: “La responsabilità è scari- cata tutta sull’algoritmo, ma la questione di chi debba ricevere più aiuto in una società solidale e politica”. Invece il dibattito è sostituito dall’algoritmo, “visto da alcuni come il male assoluto e da altri come una benedizione”. Bisognerebbe parlare delle sfumature. Kopf promette proprio di fare questo: il software dovrà essere controllato e migliorato costantemente. Saranno valUtati i posti di lavoro assegnati e il successo delle misure adottate, ma anche come si comportano i dipendenti dell’Ams con l’al- goritmo. “Faremo in modo che i nostri consulenti non attribuiscano un valore ec- cessivo alla probabilità di successo”, conclude.

Fonte: Valentin Dornis, Süddeutsche Zeitung, Germania

Economia, Esteri, Innovazione

E’ a Tokyo la prima Smart City sicura e interconnessa grazie alla Blockchain

La Blockchain, in italiano “catena di blocchi”, è un processo in cui un insieme di soggetti condivide risorse informatiche – dati, memoria, Cpu, banda – per rendere disponibile alla comunità di utenti un database virtuale, generalmente di tipo pubblico, ma ci sono anche esempi di implementazioni private, e in cui ogni partecipante ha una copia dei dati.

Alla base del funzionamento della Blockchain c’è la sicurezza poiché il database condiviso è centralizzato e criptato; in questo modo viene garantita la sicurezza e la conservazione delle informazioni in esso contenute, inoltre, per effettuare delle modifiche è necessario il consenso di tutti e comunque vengono registrate tutte le versioni precedenti.

L’utilizzo della tecnologia Blockchain è ancora molto nebuloso poiché si può spaziare dall’impiego all’interno del mondo criptovalute, fino ad arrivare ai settori più disparati come banche, trasporti, sanità, finanza, sicurezza, istruzione, assicurazioni. Questi che abbiamo appena elencato sono alcuni degli ambiti che, secondo gli esperti, saranno prima o poi contaminati dalla Blockchain.

Blockchain è anche pronta a sbarcare all’Università di Pisa,primo ateneo in Italia e tra i primi in Europa ad adottare il registro criptato digitale in cui archiviare in ordine cronologico e pubblico tutte le informazioni legate alla carriera universitaria, così da porre fine ai millantatori di titoli di studio.

Ma ora ai diversi ambiti alternativi di applicazione della tecnologia Blockchain se ne aggiunge un altro: il suo utilizzo nella progettazione di una Smart City.

Le Smart City combinano le tecnologie dell’informazione e della comunicazione nel tentativo di migliorare i servizi come i trasporti attraverso la razionalizzazione che produce una riduzione dei costi. Un esempio semplice in tal senso è l’impiego di sensori per la segnalazione di parcheggi liberi, oppure i sistemi di illuminazione che utilizzano i sensori per rilevare l’attività umana nella zona e a seconda dell’afflusso aumentano o diminuiscono l’illuminazione.

L’Internet of Things e la Blockchain rappresentano un ulteriore step per lo sviluppo delle Smart City. L’applicazione dell’Internet of Things all’interno di un ecosistema complesso come quello urbano porta con sé una serie di problematiche.

Se da un parte l’IoT può essere sfruttata per una gestione intelligente ed interconnessa del flusso del traffico, la Blockchain entra in gioco perché in questo contesto è fondamentale mantenere la sicurezza dei dati.

Nell’esempio che prenderemo in rassegna, ossia un’avanzata smartcity di Tokyo, c’è tutto questo ma anche molto altro. Si tratta di un esperimento implementato all’interno del distretto di Daimaruyu che, in un’area di 120 ettari nel quale il 30% degli edifici appartiene a Mitsubishi, riunisce tre quartieri di Tokyo compresi fra la Tokyo Station e il Palazzo imperiale.

L’area delle smartcity di Tokyo.

Ci sono diversi stakeholder e aziende che hanno preso parte al progetto. Fujitsu ha creato l’infrastruttura tecnologica, ossia quella che consentirà alle aziende di condividere i propri dati senza perderne il controllo.  Alla base di tutto c’è sempre la condivisione di dati in modo sicuro e strutturato per creare valore, rispettando sicurezza, privacy e relazioni tra le aziende che vi partecipano.

La tecnologia impiegata, di tipo open source, appositamente progettata sotto la Linux Foundation per un utilizzo in contesto aziendale, è una Blockchain Hyperledger Fabricche sfrutta la “tecnologia contenitore” per ospitare contratti smart chiamati “chaincode” che comprendono la logica applicazione del sistema. In Hyperledger Fabric le regole definite per la specifica Blockchain stabiliscono chi può validare l’ingresso di membri nella Blockchain, autorizzare e verificare ogni transazione.

 Fujitsu ha progettato l’infrastruttura software Virtuora DXattraverso la quale permette di condividere data e smart contracts. Virtuora DX è un servizio cloud che consente alle aziende di portare visibilità e valore nei dati in loro possesso, condividerli, e accelerare la co-creazione di valore. Questo tipo di tecnologia è necessaria perché i dati possono essere sfruttati in modo sicuro per creare innovazione senza però che essi escano dal perimetro aziendale.

All’interno di un’area come quella di Daymaruyu, un distretto ad alta densità economica dove sono presenti 106 grattacieli – 4.300 uffici -, 280mila persone impiegate, 40mila ristoranti, 90mila negozi, 13 stazioni ferroviarie e metro, 28 linee, hanno la loro sede principale 16 delle più grandi aziende al mondo.

In quest’area, che non ha nulla da invidiare alla città rappresentata nel visionario film Minoriry Report, l’infrastruttura tecnologica consente di condividere le informazioni di tipo economico che provengono dalla gestione dei palazzi di proprietà di Mitsubishi, dai sensori IoT raccolti da aziende di trasporti – è presente anche un servizio di bus senza conducente -, dai negozi relativamente all’andamento delle vendite e dalla disponibilità dei beni, dal flusso di dati provenienti dagli hotel sulle camere disponibili, oppure i tavoli liberi all’interno dei ristoranti.

Alcuni dei servizi garantiti dall’uso della blockchain e dell’IoT nella smart city di Tokyo.

L’aggregazione di questi dati a diversi livelli – si può anche conoscere l’andamento dei prezzi degli immobili al metro quadro, oppure quante persone sono presenti all’interno di un locale ma anche sapere il valore e la quantità di ogni transizione effettuata – potrà quindi essere sfruttata dall’azienda che si collega, previa autorizzazione, per progettare un determinato servizio oppure per la sua attività commerciale.

L’esempio del distretto di Daymaruyu conferma l’ascesa delle Smart City che ormai sono diventate un obiettivo principale per molti paesi.

Escludendo il Giappone, secondo i dati diffusi dall’IDC, i paesi che compongono l’area Asia-Pacifico spenderanno nel 2018 in progetti di città intelligenti 28,3 miliardi di dollari, raggiungendo i 45,3 miliardi nel 2021. In tutto questo la Blockchain ha rapidamente guadagnato consensi e può essere considerata una parte integrante del successo delle Smart City.

Questa tecnologia può essere utilizzata anche per assegnare un’identità digitale verificata ad ogni cittadinocosì da consentirgli di accedere ad un sistema interconnesso. Tutto questo si traduce nella fruizione di un’ampia gamma di servizi governativi, professionali e privati – come la richiesta di prestiti bancari, la gestione della proprietà, il trasporto pubblico, lo shopping online o il pagamento delle tasse -, il tutto con estrema facilità e velocità.

Fonte: “E’ a Tokyo la prima Smart City sicura e interconnessa grazie alla Blockchain”  di E. Ragoni su businessinsider.com (qui)